Il cristianesimo deve fare i conti con la biopolitica, sottolinea Andrea Ponso e sottoscrive Andrea Grillo, perché – aggiunge – una definizione di vita sta al centro della fede e non sopporta riduzioni, formalizzazioni, essenzializzazioni, coperture, sproporzionate attenzioni o indirette amputazioni.
È vero. Sottoscrivo in pieno. Però mi premono due angolazioni.
La prima. I termini sono cambiati. Cosa vuol dire “vita”, oggi? Di solito noi cattolici la decliniamo “dal concepimento” alla “morte naturale”. Ma l’ingresso delle tecnologie e il cambiamento del desiderio da parte delle coppie, hanno drasticamente modificato il senso del “dal concepimento”. Un figlio è desiderato, voluto, ma la maternità può essere svincolata dall’atto coniugale in se stesso. Le tecniche di fecondazione riproduttiva incidono non solo sul “concepimento” biologico ma anche – e soprattutto – sul concepimento psicologico e dicono qualcosa su quanto accadrà “dopo”, una volta che un bambino o una bambina sarà nel mondo, a fare i conti con le attese di genitori o di un solo genitore.
La “morte naturale”. Cosa è “naturale”? Abbiamo tecnologie che allungano la durata della vita, magari artificialmente, ponendo nuovi problemi etici quando la durata della vita si prolunga in tutti i modi. Non vogliamo morire, certo, ma a volte lo desiderano i familiari, mentre la persona in questione è casomai incosciente e non capace di esprimersi. È vita negli stati di coma, di minima coscienza, e tante altre situazioni di limitazione? Prolunghiamo “tecnicamente” la durata della vita ma non conosciamo cosa accade a questi pazienti, non in grado di parlare o con scarsa capacità di interazione per le loro condizioni cliniche.
La scienza e la tecnica sono intervenute e molto sui temi della vita. E, in più, la prospettiva bioetica ha cambiato senso con la Bioetica Globale: la considerazione della vita ma anche della qualità della vita di ognuno, le possibilità di migliorare, l’impatto delle condizioni economiche e sociali sulla “qualità” della vita. E il tema delle condizioni del pianeta e delle risorse disponibili che non sono infinite: abbiamo una sola vita e un solo pianeta su cui vivere.
La biopolitica diventa un sapere trasversale, da incrociare con l’etica e con la Bioetica Globale: le scelte in ogni passaggio prevedono snodi, conseguenze e le legislazioni non potranno mai coprire tutti i casi possibili, non potranno prevedere cosa fare nelle diverse infinite situazioni. Dunque, è necessaria un’informazione capillare e approfondita; un consenso informato, non ideologico, che è prima di tutto un dovere per ciascuno, per incrociare i dati e le possibilità offerte dalla scienza con il proprio credo, convincimento, sentire profondo. Non è poco.
Ma non è da poco la seconda angolazione, questa più “cattolica”. Sull’approfondimento di cosa significhi “vita” si scontrano concezioni diverse, con in primo piano i settori tradizionalisti, fino al punto da rifiutare l’accertamento della morte cerebrale, restando ancorati alla morte per arresto cardio-circolatorio. Per costoro “qualità” è un concetto che semplicemente non esiste.
Oppure abbiamo chi rifiuta ogni “evoluzione” della sensibilità sociale e culturale, giudicandola semplicemente sbagliata. Vedi il caso del possibile referendum sull’eutanasia, visto come un “cedimento” o un segno “diabolico” come a suo tempo l’aborto o anche nel caso del divorzio.
O il silenzio totale e assoluto sulle questioni delle Direttive Anticipate di Trattamento (Dat). Abbiamo a che fare con una parte di mondo (anche cattolico) che, al di là di tutto, rifiuta l’idea stessa di confrontarsi con la “complessità”. Vedi i “no vax” cattolici e non: meglio pensare ad una congiura universale che rendersi conto di vivere un cambiamento planetario portato dal virus.
E anche i documenti del Magistero andrebbero riletti, proprio per la complessità inedita delle questioni che abbiamo di fronte. Sarebbe il caso di avviare non solo un dibattito serio e informato, non su steccati ideologici precostituiti che non tengono più.
Un dibattito che coinvolga tutte le componenti della società: la politica (che dovrà poi legiferare) ma anche la società civile, le religioni, gli ordini professionali (il loro silenzio in Italia è inquietante, pensiamo a medici, psicologi, avvocati… tanto per dire).
La biopolitica è il tema dei temi. Chissà come verrà articolata!?