La questione del processo al cardinale Becciu è incomprensibile a profani come me, ma si capisce che è delicata. Il cardinale, denunciano suoi amici, è sottoposto a una serie di misure giudiziarie che non salvaguardano i suoi diritti. Inoltre, da un punto di vista mediatico non è chiaro se sotto processo sia Becciu o il Papa e la Santa Sede.
Ma, vista da profani, innanzitutto, c’è la questione delle misure giudiziarie. Becciu è un cardinale e come tale è giudicato da un tribunale della Santa sede. Se lui o i suoi amici obiettano al tipo di processo in corso hanno una scelta molto semplice da fare: sostenere la causa di una riforma della giustizia vaticana spiegando cosa non funziona e come dovrebbe essere cambiato, oppure chiedere che Becciu rinunci alla berretta cardinalizia.
Ma giudicare la giustizia vaticana, in base a un altro sistema giudiziario, per esempio quello italiano, come sembra stia accadendo, è incongruo. È come giudicare il sistema francese in base a quello inglese o quello tedesco in base a quello giapponese. O si chiede una riforma complessiva del sistema o si trasferisce il giudicato sotto un’altra giurisdizione.
Per esempio, in Italia ci sono tre gradi di giudizio ordinario che possono diventare sei. In America in sostanza ce n’è uno che in rari casi va a un secondo e solo in estremi casi arriva a un terzo. Giudicare un processo italiano sulla base della giustizia americana o viceversa è incongruo, non c’entra niente. È come giudicare una mela sulla base di un’arancia o viceversa.
Ci può piacere la mela o l’arancia, possiamo anche mischiare i loro succhi ma i due frutti restano diversi. Di solito, un imputato non ha la scelta della giurisdizione a cui sottoporsi: se l’imputazione arriva dall’Italia il giudizio si fa in base alle leggi italiane. Nel caso di un cardinale però c’è la possibilità di rinunciare alla berretta e, in questo caso, di non essere affatto imputabile.
L’alternativa di scegliere con chiarezza dovrebbe essere posta dalla Santa sede allo stesso Becciu e ai suoi amici.
È comprensibile che la causa di Becciu abbia tutto da guadagnare nel mantenersi nell’ambiguità attuale. Può essere condannato ma lui, o chi per lui, può rivendicare che la condanna sia stata raggiunta iniquamente.
Questo mette il Papa e la Santa sede complessivamente sotto giudizio in maniera obliqua, non trasparente un modo in cui il Papa perde sempre.
C’è bisogno di uno spazio di giudizio chiaro e trasparente. Forse il Papa sbaglia, forse la Santa sede sbaglia, ma questo deve essere giudicato in maniera chiara, non obliqua. Il Papa e la Santa sede, come Becciu dal canto suo, possono e devono avere la possibilità di essere assolti dalle loro colpe. Oggi in questo “pasticciaccio brutto” è impossibile.
E poi la giungla. Il Vaticano è una giungla, fatta di tanti troppo buoni per pensare male degli altri e altri pronti ad approfittare dei buoni per inganni impossibili nel mondo esterno fatto di diffidenti. In mezzo, pochi riescono a mantenere un equilibrio. E tutto è mischiato tra le persone e magari anche nella stessa persona. Non è un mondo di puri e di santi. Non è il paradiso in terra. È fatto di persone più protette, perché in comunità anche molto autoreferenziali, ma proprio per questo anche esposte a più distorsioni del mondo esterno che si scontra con loro come persone e come comunità.
Becciu è stato nel cuore di questo sistema tipico di tante organizzazioni religiose, ambiguo, malato ma anche vivissimo e pieno di bontà e santità per anni. Ha avuto malafede, buonafede? Questo, per la Chiesa, è un giudizio che spetta a Dio. Ed io, da miscredente, vorrei tutti in paradiso, anche il povero diavolo.
Quindi il punto vero è che i danni del caso Becciu siano limitati. Si può temere che Becciu, tradito e spogliato dalla berretta, racconti un inferno vero o verosimile, anche se magari del tutto falso, tra le mura leonine. Qualunque scelta è difficile, ma almeno forse serve mettere in chiaro le opzioni sul tavolo, perché le manipolazioni siano meglio gestite.
Articolo confuso e inesatto. Anzitutto le dimissioni di Becciu da cardinale non lo sottrarrebbero affatto al processo, come un altro commentatore ha già segnalato. Ma poi bisognerebbe ricordare che è stato il Papa per primo a “condannare” Becciu, togliendogli le prerogative cardinalizie senza processo. Da quella scelta, che oggi a noi profani sembra essere stata come minimo troppo impulsiva, sono discese molte delle anomalie successive. Da una parte e dall’altra. Ripeto: da una parte e dall’altra
Precisione per precisione, “i principi universali del diritto” non sono così universali, tanto che per esempio la Cina non li riconosce, per esempio, così come altri paesi. Poi ci sono certo tante ‘bizzarrie’ rispetto al diritto di altre giurisdizioni (la metterei così) ì rescripta, le leggi fatte dopo per giudicare crimini commessi prima, i ruoli di vari personaggi e testimoni, gli omissis a macchia di leopardo. Cioè c’è un misto di obiezioni che entrano in due categorie concatenate (mi pare) il sistema giudiziario Vaticano giudicato iniquo (quindi da riformare) e per questo la conduzione del processo “fazioso”. Benissimo: il sistema giudiziario Vaticano sarà iniquo e quindi il processo sarà stato fazioso. Ma mentre Tortora o chi per lui non poteva dimettersi da italiano Becciu può dimettersi da Cardinale. Il sistema di obbedienza al papà è volontario, se non vuoi più obbedire al Papa esci dai ruoli. Se rimani segui quello che è la prima e sostanzialmente unica norma nella chiesa Cattolica, la fedeltà al Papa. Se lui o chi per lui pensano e dicono che il sistema è iniquo chiedano la riforma del sistema, apriamo un dibattito, e chiedano a Becciu di dimettersi da questa organizzazione con un sistema così bacato. Sicuramente sono io che non capisco, ma il punto è: se si contesta obliquamente il Papa che scrive e riscrive le regole del processo perché non lo si contesta apertamente, e quindi non si esce dalla chiesa? Domanda vera non retorica (da uno che non capisce): perché non dire a Becciu “contesta il Papa e dimettiti”?
Caro Sisci, mi dispiace constatare che lei non ha capito praticamente nulla del “caso Becciu”. Becciu non ha mai disobbedito al Papa. Anzi, benché innocente, ha rassegnato immediatamente le proprie dimissioni quale Prefetto della Congregazione dei Santi non appena il Papa gliele ha chieste, il 24 settembre 2020, prima ancora di conoscere le accuse e prima ancora di potersi difendere; mentre il Papa non gli ha mai chiesto di rinunciare al cardinalato, ammesso che il cardinalato sia qualcosa a cui si possa rinunciare; al contrario, il Papa l’ha ripetutamente invitato personalmente ai concistori dei cardinali, anche recentemente. “Dimettersi da cardinale”, come scrive lei, signor Sisci, dal punto di vista giudiziario non cambierebbe assolutamente nulla né alla posizione dell’imputato, né a quella degli accusatori, né a quella dei magistrati giudicanti. Non solo: non c’è un solo cardinale che abbia dimostrato tanta obbedienza al Papa quanto l’ha dimostrata Becciu, pur sentendosi vittima di una «crocifissione preventiva» (Alberto Melloni) e dato in pasto a una gogna mondiale. Nonostante i patimenti sofferti, Becciu ha continuato a dimostrare una fedeltà eroica al Papa. Ma il Papa è Pietro, e Pietro è un uomo: a volte sbaglia, come tutti, e ovviamente può cadere in un inganno, come nel caso in questione risulta evidente. Gli altri apostoli, ma in fondo tutti i cristiani, possono aiutare Pietro a rispondere meglio alla sua vocazione. L’infallibilità papale non c’entra nulla con il suo ruolo politico di monarca dello Stato della Città del Vaticano. Amare una persona – vale per il Papa, ma il discorso vale per qualsiasi persona – vuol dire anche dirle la verità, con parresia, con amore, come si farebbe con un amico, con un fratello o con un padre, pure quando sbaglia, magari per aiutarlo a rimediare. Ecco cosa a mio avviso vuol dire amare il Papa, ora: https://andreapaganini.ch/CASO_BECCIU_files/stareconilpapa.pdf
Questa è una fedeltà enormemente più autentica di quella dei lusingatori e degli adulatori, mai disinteressati, che in genere vanno a braccetto con i diffamatori e i calunniatori (gli uni e gli altri esperti nel distorcere la realtà). Becciu non ha mai contestato il Papa, semmai lo protegge con un’abnegazione esemplare, e vuole aiutarlo ad uscire dalla trappola in cui è stato fatto cadere. Ecco fra l’altro come descrive l’esperienza dolorosissima che sta vivendo: «L’ho presa come un figlio che si vede non capito dal proprio padre e viene mandato via dalla propria casa, ma che non perde la speranza che il padre prima o poi capisca che ci sono state delle accuse false e che lo riabbracci». Mi ricorda un comportamento sommamente evangelico…
Concordo pienamente con quanto esposto in maniera dettagliata da Andrea Paganini.
Caro Francesco Sisci,
per amore di verità, devo dirLe che Lei è molto male informato e fa confusione.
Anzitutto: il fatto che Becciu sia cardinale o prete o frate o laico non c’entra assolutamente nulla con la sua imputabilità. E nessuno ha mai detto che Becciu debba essere giudicato secondo un sistema giudiziario diverso da quello vaticano: ovviamente in Vaticano bisogna giudicare sulla base del diritto canonico e delle leggi dello Stato della Città del Vaticano/della Santa Sede.
Ma il punto è un altro: il sistema giudiziario vaticano sta applicando le proprie leggi per arrivare alla verità e alla giustizia, oppure sta aggirando le proprie leggi per arrivare a una (pre)determinata sentenza, in barba ai principi universali del diritto, come quelli della presunzione d’innocenza e del giusto processo?
In Vaticano la legge è stata cambiata per ben quattro volte a procedimento in corso, con quattro “rescripta” appositamente e segretamente avallati per questo caso, ed esclusivamente per questo caso. In deroga alle norme vigenti e in barba al principio secondo cui tutti devono essere uguali di fronte alla legge!
È emerso durante il processo che il testimone chiave, mons. Alberto Perlasca, era manovrato da una pregiudicata (che a quanto pare in Vaticano fa il bello e il cattivo tempo), e ciononostante, pur avendo elaborato e/o firmato ogni passo dell’acquisto del palazzo di Londra in quanto capo dell’Ufficio amministrativo, pur avendo mentito gravemente di fronte ai magistrati, non è stato condannato, anzi è stato protetto e premiato con un posto… nella magistratura vaticana! Gli stessi magistrati del Vaticano, per sorreggere una condanna emessa il 24 settembre 2020 dal loro Superiore – che li ha assunti e che li può licenziare come e quando vuole (e la mancata separazione dei poteri in Vaticano è un corto circuito di tutta la vicenda, perché se in una monarchia assoluta il Re ti considera colpevole tu sei già condannato, anche se innocente) – hanno occultato gran parte delle prove, hanno coperto di omissis i verbali, hanno eliminato l’interrogatorio della Chaouqui calendarizzato per il 16 febbraio 2023, hanno nascosto 120 su 126 messaggi intercorsi tra la stessa Chaouqui e l’amica del Perlasca, ecc. ecc. Insomma, i magistati del Vaticano non hanno cercato la verità, come sarebbe stato loro dovere, ma l’hanno nascosta per arrivare a un certo risultato, prestabilito e infondato (non c’è un briciolo di prova).
Senza parlare del fatto che qualcuno ha impiegato Striano e co. in uno stato estero per un’operazione di spionaggio e dossieraggio illecita. Senza contare che il pdg Alessandro Diddi in Italia protegge presunti mafiosi incorrendo in un conflitto d’interessi non indifferente. Senza contare che il giudice che ha emesso la sentenza, Giuseppe Pignatone, è indagato in Italia per favoreggiamento alla mafia.
Qui non posso entrare nei dettagli per ragioni di spazio, caro signor Sisci, ma lo scandalo di proporzioni gigantesche è quello della (in)giustizia del Vaticano. E non certo secondo le leggi di un altro stato, bensì secondo le proprie leggi, il buon senso, i diritti umani, l’etica e la morale, anche cristiane e cattoliche. E questo non lo sostengono gli “amici” del cardinale Becciu: lo sostengono tutti gli uomini e le donne di buona volontà ben informati, ogni persona onesta.
Se – come pare evidente – il Papa è stato ingannato, aiutare il Papa a uscire da questa trappola significa dirgli la verità, permettergli di rimediare a un errore, amarlo come un fratello e come un padre. Poiché a mio avviso Becciu, anche se crocefisso e abbandonato, rimane eroicamente un collaboratore fedele del Papa.
Qualora Lei o altri volessero informarsi in modo serio, io tengo aggiornata una rassegna stampa dettagliata e strutturata sull’intera vicenda: https://andreapaganini.ch/CASO_BECCIU.html
La verità – e non la ragion di stato – ci farà liberi.
Con viva cordialità. AP