Nella giornata di mercoledì 17 maggio, dopo un percorso legislativo durato più di tre anni che ha comportato diverse modifiche radicali,[1] la Camera – con 432 voti favorevoli, nessun contrario e un solo astenuto – ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.
Il disegno di legge era stato presentato in Senato il 24 gennaio 2014. Prima firmataria la senatrice Elena Ferrara, già insegnante della giovane quattordicenne Carolina Picchio che, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, si è suicidata lasciandosi cadere dal terzo piano della sua casa a Novara, perché stanca di essere derisa dal gruppo di coetanei che qualche settimana prima aveva postato un filmato che la ritraeva ubriaca e in loro totale balìa.
La proposta di legge era stata approvata in prima lettura dal Senato il 20 maggio 2015, poi modificata dalla Camera il 20 settembre 2016 e, quindi, nuovamente approvata, con modificazioni, dal Senato il 31 gennaio 2017.
Il motivo del contrasto tra le aule di palazzo Madama e di Montecitorio ha riguardato sostanzialmente la scelta di limitare gli effetti del provvedimento ai minorenni (opzione del Senato) o di estenderlo ai maggiorenni (opzione della Camera).
La Camera, infine, ha convenuto sull’esigenza di non modificare ulteriormente l’impostazione adottata dal Senato, in considerazione dei tempi a disposizione e delle richieste provenienti dalle famiglie e dagli operatori del settore.
La legge, dedicata a tutte le vittime di bullismo on line, privilegia interventi normativi basati esclusivamente su strumenti preventivi di carattere educativo, senza affiancare misure di natura penale. Essa, inoltre, si riferisce alla prevenzione e al contrasto del solo cyberbullismo, avendo soppresso ogni riferimento al bullismo.
Finalità e definizione di “cyberbullismo”
La legge si compone di 7 articoli.
L’articolo 1 indica come finalità dell’intervento il contrasto del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni attraverso una strategia che comprende misure di carattere preventivo ed educativo nei confronti dei minori (vittime e autori del bullismo sul web) da attuare in ambito scolastico.
Viene, quindi, fornita una definizione dettagliata del cyberbullismo come «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo».
Lo stesso articolo definisce, inoltre, quale gestore del sito internet il prestatore di servizi della società d’informazione, diverso da quello degli articoli 14, 15 e 16 del Decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70, che sulla rete internet cura la gestione di un sito in cui possono manifestarsi fenomeni di cyberbullismo. Sembrano, pertanto, esclusi dalla definizione di “gestore del sito internet”, e quindi dall’ambito di applicazione del provvedimento, gli access provider (cioè i provider che forniscono connessione a internet, come Vodafone o Telecom Italia), nonché i cache provider, cioè i provider che memorizzano temporaneamente siti web, e i motori di ricerca. Rientrano invece nella definizione di “gestori del sito internet” tutti i prestatori di servizi che curano la gestione dei contenuti di un sito dove si riscontrano condotte di bullismo informatico.
Tutela della dignità del minore
L’articolo 2 – rubricato “Tutela della dignità del minore” – prevede un doppio canale per la tutela dagli atti di cyberbullismo.
Anzitutto, il minorenne maggiore di 14 anni vittima di bullismo informatico (nonché ciascun genitore o chi esercita la responsabilità sul minore) può rivolgere istanza al gestore del sito internet o del social media o, comunque, al titolare del trattamento per ottenere provvedimenti inibitori e prescrittivi a sua tutela (oscuramento, rimozione, blocco di qualsiasi altro dato personale del minore diffuso su internet, con conservazione dei dati originali).
La presentazione dell’istanza può avere luogo anche qualora le condotte di cyberbullismo – da identificare tramite il relativo URL (Uniform resource locator) – non integrino le fattispecie previste dall’articolo 167 del Codice della privacy (trattamento illecito dei dati) ovvero da altre “norme incriminatrici”.
Il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media deve comunicare, entro 24 ore dall’istanza, di avere assunto l’incarico e deve ottemperare alla richiesta nelle successive 48 ore.
In caso contrario (come pure nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento, il gestore del sito internet o del social media), l’interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali che deve provvedere, in base alla normativa vigente, entro le successive 48 ore.
Piano di azione
L’articolo 3 – rubricato “Piano di azione integrato” – prevede la costituzione, entro trenta giorni dell’entrata in vigore della legge, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo.
Oltre che predisporre un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione dei fenomeni, il tavolo tecnico dovrà realizzare un sistema di raccolta di dati finalizzato al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni. Il piano dovrà essere integrato con il codice di coregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, a cui dovranno attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e gli altri operatori della rete internet.
Il piano dovrà altresì stabilire, entro 60 giorni dalla sua costituzione, le iniziative di informazione e di prevenzione del fenomeno del cyberbullismo rivolte ai cittadini, coinvolgendo primariamente i servizi socio-educativi presenti sul territorio, in sinergia con le scuole e avvalendosi della collaborazione della Polizia postale.
Al piano prendono parte, a titolo gratuito, una rappresentanza sia delle associazioni studentesche e dei genitori, sia delle associazioni attive nel contrasto del bullismo e del cyberbullismo.
Compiti della scuola
L’articolo 4 riguarda specificamente l’adozione di misure in ambito scolastico.
Si prevede, in particolare, l’adozione, da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole, anche avvalendosi della collaborazione della Polizia postale.
Il medesimo articolo determina gli obiettivi di tali linee di orientamento, che includono per il triennio 2017-2019: la formazione del personale scolastico, prevedendo la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica; la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di pee education, nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole; la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti.
La stessa disposizione demanda agli uffici scolastici regionali la promozione della pubblicazione di bandi per il finanziamento di progetti di particolare interesse elaborati da reti scolastiche per azioni integrate di contrasto al cyberbullismo e di educazione alla legalità.
Alle scuole di ogni ordine e grado è demandata la promozione dell’educazione all’uso consapevole delle rete internet e ai diritti e doveri derivanti dal suo utilizzo.
Progetti di sostegno dei minori vittime di atti di cyberbullismo nonché iniziative rieducative – anche attraverso attività riparatorie o di utilità sociale – dei minori autori degli atti, sono adottati dai servizi territoriali, non solo sociali.
L’articolo 5 prevede, in caso di episodi di cyberbullismo in ambito scolastico, l’obbligo del dirigente responsabile dell’istituto di informare tempestivamente i genitori (o i tutori) dei minori coinvolti e di attivare adeguate azioni educative. L’obbligo di informazione alle famiglie è circoscritto ai casi che non costituiscono reato.
Ammonimento da parte del questore
L’articolo 7 riguarda l’ammonimento del questore, la cui disciplina è mutuata da quella dello stalking (art. 612-bis c.p.)[2] e appare finalizzata sia ad evitare il ricorso alla sanzione penale che a rendere il minore consapevole del disvalore del proprio atto.
Viene previsto che, fino a quando non sia stata proposta querela o presentata denuncia per i reati di ingiuria, diffamazione, minaccia o trattamento illecito di dati personali commessi, mediante Internet, da minorenni ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, il questore – assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti – potrà convocare il minore responsabile (insieme ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale), ammonendolo oralmente e invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge; dell’ammonimento è redatto processo verbale. Viene precisato che, al compimento dei 18 anni, cessano gli effetti dell’ammonimento.
Da ricordare che l’ingiuria (art. 594 c.p.)[3] costituisce un illecito depenalizzato dal Decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 7. L’ingiuria costituisce attualmente illecito civile che obbliga, oltre che al risarcimento del danno all’offeso disposto dal giudice, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria civile (da 100 a 8.000 euro), da versare all’entrata del bilancio dello Stato.
Gravità del problema
Indubbiamente la legge è perfettibile. È importante, però, che il legislatore abbia scelto di non indugiare oltre ad affrontare di petto un fenomeno sempre più inquietante.
Se il bullismo fra adolescenti non è certo un fenomeno nuovo, la sua recente evoluzione in cyberbullismo appare oggi costantemente in crescita, favorita dalla massiccia diffusione, anche tra i giovanissimi, di dispositivi che consentono un facile accesso alla rete internet.
La rete – e in particolare i social network – consentono al bullo di spostare l’aggressione e le molestie nei confronti della sua vittima dalla dimensione delle relazioni reali a quella virtuale, causando danni ancora più gravi, profondo disagio e conseguenze talvolta tragiche, come dimostra il fatto che è all’origine della legge.
Che il fenomeno sia in ascesa lo confermano tutte le indagini più recenti. Telefono Azzurro ha registrato nell’ultimo anno un caso al giorno di molestie on line fra adolescenti. Un’indagine condotta dal CENSIS con la Polizia postale ha rilevato casi di cyberbullismo nel 52% delle scuole italiane. L’altro elemento che emerge da tutte le ricerche in materia è la scarsa attenzione delle famiglie, che tendono a sottovalutare questi episodi considerandoli spesso semplici ragazzate.
Siamo di fronte a un problema anzitutto culturale. Oggi gran parte degli adolescenti usa uno smartphone ed è iscritta a una o più piattaforme social. Sono sempre connessi e si muovono in rete con abilità, ma ne sottovalutano i rischi.
I nuovi media offrono grandi opportunità formative ma a condizione che ci sia un’educazione al loro corretto utilizzo che spesso la famiglia non è in grado di dare, a causa del deficit digitale che coinvolge gran parte della popolazione adulta.
Un efficace contrasto del cyberbullismo richiama l’esigenza di una strategia comune che coinvolga diversi attori: istituzioni, educatori, famiglie, operatori di mercato, con azioni integrate tese a monitorare, contrastare e sanzionare ma, soprattutto, a prevenire ed educare.
È quanto si propone la nuova legge, sulla quale, pertanto, non si può che esprimere un giudizio globalmente positivo.
[1] Cf. SettimanaNews.it 19/10/2016.
[2] Cf. SettimanaNews.it 3/12/2016.
[3] Articolo abrogato dall’ art. 1 del Decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 7.
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