La maggior parte degli uomini cerca la propria gioia personale nel matrimonio e nella famiglia. Matrimonio e famiglia sono la cellula fondamentale della società umana. Tuttavia ai drammatici cambiamenti radicali del nostro tempo appartiene pure il fatto che numerosi matrimoni entrano in crisi e che i divorzi sono notevolmente aumentati.
La difficile situazione umana dei separati, dei divorziati e dei risposati civilmente dopo il divorzio pone alla Chiesa un problema di fondo. Occorre accompagnare, discernere e integrare verso il bene possibile questi nostri fratelli e sorelle, come compagni di viaggio, alla luce dell’esortazione apostolica Amoris laetitia. È quanto tenta di offrire il reverendo Emanuele Tupputi in questo breve sussidio, per accostarsi con sapienza ad ogni persona.
Obiettivo del testo è fare un po’ di chiarezza e indicare i possibili passi da compiere nell’azione pastorale per tanti fratelli e sorelle che vivono esperienze matrimoniali complesse e/o “irregolari”.
Questi passi possibili, però, non possono prescindere dall’attenzione da dare alla coscienza del fedele (cf. AL 37) e dalla verifica canonica, mediante un discernimento giudiziale, per un eventuale iter di dichiarazione di nullità matrimoniale, come auspicato dallo stesso papa Francesco.
***
A tal riguardo il Santo Padre, nell’allocuzione alla Rota Romana del 25 gennaio 2024, ha precisato come il discernimento giudiziale sulla nullità «possiede un valore pastorale insostituibile e si inserisce armonicamente nell’insieme della cura pastorale dovuta alle famiglie […]L’oggettività del discernimento giudiziale richiede poi di essere liberi da ogni pregiudizio, sia a favore sia contro la dichiarazione di nullità. Ciò implica di liberarsi sia dal rigorismo di chi pretenderebbe una certezza assoluta sia da un atteggiamento ispirato alla falsa convinzione che la risposta migliore sia sempre la nullità, quello che san Giovanni Paolo II chiamò il “rischio di una malintesa compassione […], solo apparentemente pastorale”. In realtà – proseguiva il papa – “le vie che si discostano dalla giustizia e dalla verità finiscono col contribuire ad allontanare le persone da Dio, ottenendo il risultato opposto a quello che, in buona fede, si cercava”».
Inoltre, il pontefice precisa ancora: «Il discernimento sulla validità del vincolo è un’operazione complessa, rispetto alla quale non dobbiamo dimenticare che l’interpretazione della legge ecclesiastica va fatta alla luce della verità sul matrimonio indissolubile, che la Chiesa custodisce e diffonde nella sua predicazione e nella sua missione» (papa Francesco, Discorso alla Rota Romana, 25 gennaio 2024).
Il sussidio, suddiviso in 4 paragrafi, cerca di rispondere ad una domanda: Come comportarsi nei confronti dei divorziati risposati e dei matrimoni irreversibilmente falliti? Occorre un discernimento personale e pastorale. Di grande aiuto è la nota 351 di Amoris laetitia: In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti.
Don Emanuele evidenzia che «non si tratta […] di un “permesso” da accordare a chiunque, ma di un “percorso” da ritagliare su misura per ogni singolo fedele: e l’esito potrebbe anche non portare a vivere di nuovo i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia» (§ n. 3).
***
Pertanto, il lavoro del discernimento dovrebbe essere un itinerario per aiutare i fedeli a scoprire la volontà di Dio nelle circostanze in cui si trovano e a cercare di assecondarla. Non è (e non dovrebbe essere) soltanto un espediente con delle tappe o dei compiti da svolgere per ottenere la riammissione ai sacramenti. «(…) L’essere ammessi alla comunione non è per niente un dato immediato o tanto meno scontato. Non solo, è un’eventualità ristretta a casi specifici, ma suppone un itinerario strutturato di maturazione, comprensivo del coinvolgimento in foro interno da mettere a confronto con i pastori della Chiesa, così da sottrarlo al mero soggettivismo o condurre a pensare a una doppia morale nella Chiesa»[1].
In questo si comprende quanto sia importante, da parte dei pastori e degli operatori pastorali, proporre un percorso di accompagnamento e discernimento che possa aiutare le coscienze dei fedeli, che vivono situazioni coniugali difficili, complesse e “irregolari”, ad affrontare e a valutare la propria storia alla luce del bene possibile e secondo il grado di responsabilità, al fine di una maggiore integrazione nella comunità cristiana. In questo cammino tutto deve mirare ad un ritorno pieno alla vita della Chiesa, per cui, senza far riferimento alla Comunione, il papa parla della possibilità di un’integrazione piena, alla fine di un cammino di accompagnamento e di discernimento, non vissuto in modo generico, ma caso per caso[2].
Pertanto, nel percorso di accompagnamento e discernimento personale e pastorale non va dimenticato che per i matrimoni irreversibilmente falliti si dovrà verificare l’eventuale nullità del matrimonio, tramite il Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati[3] o un perito in diritto canonico o presso lo stesso Tribunale ecclesiastico.
Tale verifica giudiziale, dunque, risulta necessaria prima di compiere un’integrazione piena dei fedeli separati e in nuova unione nella vita ecclesiale della comunità cristiana. Si tratta di fare un cammino di discernimento tale per cui questi fedeli si dispongano a comprendere l’indissolubilità del matrimonio non come un “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio (cf. AL 62).
In questa prospettiva si coglie come il discernere «della e nella Chiesa abbraccia la cura della verità della singola coscienza assieme al bene della verità del matrimonio come bene prezioso cui nulla preferire»[4]. Da parte di chi accompagna sarà necessario con sapienza, umiltà e pazienza, aiutare il fedele mediante un attento discernimento a prendere coscienza del passato, a vivere il presente per rilanciare il futuro al fine di un’autentica integrazione ecclesiale.
Ringraziamo don Emanuele per questo sussidio e tutti coloro che si occupano dell’accompagnamento pastorale dei separati, dei divorziati e dei divorziati risposati. La fedeltà e la misericordia di Dio valgono per ogni uomo in ogni situazione, se egli è disposto a convertirsi e ad aprire nuovamente il suo cuore a Dio.
- P. Lorenzo Lorusso è ordinario di Diritto Canonico presso la Facoltà Teologica Pugliese.
[1] C. Rocchetta, Una Chiesa della tenerezza. Le coordinate teologiche dell’Amoris laetitia, EDB, Bologna, p. 219.
[2] «Distinguere «caso da caso» vuol dire distinguere “da persona a persona”. Non si penserà, dunque alla casuistica morale, poiché le persone non sono «casi»! Nessuna persona lo è proprio perché l’«altro» è quella “terra sacra” davanti alla quale, come ha scritto Francesco, occorre togliersi i sandali (cfr. Evangelii gaudium, 169). Ancor meno si tratta di relativismo […] Si tratta di quel «compito “artigianale”, da persona a persona”, cui Francesco accenna a proposito della famiglia e che è pure espressione dell’Ecclesia mater, da cui assume la prima forma quella pratica della fede che è l’agire pastorale»: M. Semeraro, Il discernimento in Amoris laetita. Prolusione per l’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2019 del TERP, 9 febbraio 2019, p. 3-4, il cui testo integrale è edito nel sito ufficiale della diocesi di Albano (www.diocesidialbano.it).
[3] Per un approfondimento sull’utilità di questo servizio ecclesiale, auspicato da Papa Francesco, ma per molte diocesi sconsciuto, si rinvia a: E. Tupputi, Il Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati nell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie alla luce del m. p. Mitis Iudex Dominus Iesus, «Monitor Ecclesiasticus» 134 (2019/2), pp. 457-491.
[4] G. Zannoni, Francesco e “i dottori della legge”. Discernere, oltre la casistica, Marcianum Press, Venezia 2021, p. 148.