La prostituzione non è libertà sessuale

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Non so se tutti vi ricordate della legge Merlin. Siamo negli Anni 50, anni in cui le donne per legge potevano essere picchiate dagli uomini per correggerne il comportamento, anni in cui le mogli avevano ancora l’obbligo delle prestazioni sessuali nei confronti del marito. Lina Merlin, una delle nostre madri costituenti condusse una battaglia durata 10 anni sulla chiusura delle «case chiuse». E, alla fine, insieme alle donne degli altri partiti, ci riuscì. La legge ha portato un vero capovolgimento di ottica: la prostituzione non è reato, ma il suo sfruttamento sì, e così si è rotta la pratica di uno Stato che guadagnava dalle tasse delle «case chiuse» e quindi dallo sfruttamento sessuale delle donne.

Ora c’è una proposta di legge, targata Lega, presentata dal senatore Rufa, che ci riporta indietro, a prima del 1958. Il disegno di legge si ispira ad altri precedentemente presentati dalla Lega, e punisce la prostituzione nei luoghi pubblici, mentre la autorizza in case private, prevedendo la riscossione delle tasse dello Stato dalla compravendita dei corpi femminili. E non si scioglie il nodo della dignità delle donne coinvolte nella prostituzione, in gran parte schiave.

E il tutto in nome del «decoro civile e morale». E si risolve così? Non posso credere che siamo un Paese così capace di prevenire e combattere il terrorismo e non riusciamo a combattere lo sfruttamento sessuale e la tratta degli esseri umani, come raccomandato da Onu e Convenzione di Istanbul.

La prostituzione non può essere considerata un lavoro come un altro. Julie Bindel sul Guardian lo ha ben sottolineato: «Il corpo delle donne non è un posto di lavoro». La prostituzione è un fenomeno variegato e anche assai complesso. Ed è molto difficile distinguere tra prostituzione volontaria e involontaria, ma sappiamo che ormai tende sempre più a caratterizzarsi come tratta di esseri umani e schiavitù.

Rachel Moran, ex prostituta irlandese e ora giornalista e attivista, ha intitolato il suo bellissimo e inquietante libro-testimonianza sulla vita quotidiana da prostituta Stupro a pagamento. Non a caso, e ne consiglio la lettura, soprattutto agli uomini.

Kate Millet scrittrice americana, diceva bene: «Non è il sesso, in realtà, che si fa vendere alla prostituta: è la sua degradazione. E il compratore, il cliente, non sta comprando la sessualità, ma il potere».

Alessandra Bocchetti, nota femminista italiana, ha giustamente affermato: «Il bisogno di sesso è una realtà che riguarda uomini e donne, senza che questo debba produrre sottomissione, schiavitù e perdita di dignità. I corpi non si comprano e non si vendono».

Ci sono alcuni punti fermi della legge Merlin che non possono essere dimenticati. Non impedisce a chi vuole esercitare la prostituzione di farlo, ognuno può fare ciò che vuole, ma punisce gli sfruttatori e non le donne e gli uomini che la praticano, garantisce che lo Stato non ci guadagni, combatte le organizzazioni criminali, indirizza verso percorsi di fuoriuscita e assistenza le vittime.

Non sono a favore di uno Stato etico che si pone come decisore e giudice assoluto del bene e del male, ma per uno Stato che si fonda sulla libertà dei suoi cittadini, donne e uomini. Appunto, libertà e non schiavitù, non degradazione. La “regolarizzazione” della prostituzione non può essere scambiata con la libertà, tanto meno con la libertà sessuale. Ogni persona ha diritto di esprimere la propria sessualità e il proprio orientamento sessuale, purché nel pieno rispetto della dignità umana, e soprattutto senza essere schiavizzata o soggiogata. E lo Stato non deve guadagnare sulla negazione della libertà e sullo stupro a pagamento.

Alla proposta di legge targata Lega, presentata dal senatore Rufa, che ripropone di tornare all’esercizio della prostituzione nelle “case chiuse”, reagisce con questo articolo, apparso su “La Stampa” del 15 febbraio 2019, Linda Laura Sabbadini, un’autorità nel campo della Statistica sociale.

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2 Commenti

  1. Margherita 15 marzo 2019
  2. Francostars 15 marzo 2019

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