La Dottrina sociale della Chiesa (DSC) invita con insistenza a trovare i modi per applicare nella pratica la fraternità come principio regolatore dell’ordine economico. Laddove altre linee di pensiero parlano solo di solidarietà, la DSC parla piuttosto di fraternità, dato che una società fraterna è anche solidale, mentre non è sempre vero il contrario, come tante esperienze ci confermano. L’appello è dunque quello di porre rimedio all’errore della cultura contemporanea, che ha fatto credere che una società democratica possa progredire tenendo tra loro disgiunti il codice dell’efficienza – che basterebbe da solo a regolare i rapporti tra gli esseri umani entro la sfera dell’economico – e il codice della solidarietà – che regolerebbe i rapporti intersoggettivi entro la sfera del sociale. È questa dicotomizzazione ad avere impoverito le nostre società. La parola-chiave che oggi meglio di ogni altra esprime l’esigenza di superare tale dicotomia è “fraternità”, parola evangelica, ripresa nel motto della Rivoluzione Francese, ma che l’ordine post-rivoluzionario ha poi abbandonato fino alla sua cancellazione dal lessico politico-economico (Papa Francesco, dal messaggio del 28 aprile 2017 ai partecipanti alla Sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze sociali, 28 aprile – 2 maggio 2017).
Cédric Herrou è un agricoltore francese della Valle Roya, condannato nell’agosto 2017 a 4 mesi di reclusione dalla Corte di Appello di Aix-en-Provence per aver dato ospitalità, con il sostegno di varie associazioni umanitarie, a 200 migranti in situazione irregolare provenienti dall’Italia, in maggioranza sudanesi ed eritrei.
Pierre-Alain Mannoni è un ricercatore universitario, militante in un’associazione umanitaria, condannato nel settembre 2017 a 2 mesi di reclusione dalla medesima Corte di Appello di Aix-en-Provence per aver accolto nella sua casa, nell’ottobre 2016, tre donne eritree (di cui una minorenne) affaticate, infreddolite e in precarie condizioni di salute, provenienti dall’Italia, e per averle il giorno dopo accompagnate alla stazione di Cagnes-sur-Mer per permettere loro di raggiungere Marsiglia, dove un’associazione di volontari e di medici avrebbe dovuto prenderle in carico.
I procedimenti penali a loro carico avevano suscitato non solo in Francia un vasto clamore mediatico e una grande mobilitazione da parte della società civile. I due «delinquenti solidali» Cédric Herrou e Pierre-Alain Mannoni erano di fatto diventati il simbolo del sostegno ai migranti e della lotta contro la politica migratoria alla frontiera franco-italiana.
Entrambi indagati e condannati per il reato di «aiuto all’ingresso, alla circolazione e al soggiorno irregolare di uno straniero in Francia», meglio noto a livello di opinione pubblica come «reato di solidarietà» o «reato di ospitalità», previsto dalla legge francese,[1] con il loro ricorso[2] del maggio 2018 alla Corte costituzionale francese hanno offerto a quest’ultima l’occasione di fare ciò che non era mai stato fatto in Francia: riconoscere valore costituzionale al principio di fraternità, incluso nel motto della Repubblica francese – «Liberté, égalité, Fraternité – iscritto all’articolo 2 della Costituzione e richiamato altresì dal Preambolo e dall’articolo 72-3, che fanno riferimento all’«ideale comune di Libertà, di Eguaglianza e di Fraternità».[3]
Sentenza di portata storica
Una sentenza di indubbia portata storica, quella del Conseil Constitutionnel resa pubblica il 6 luglio 2018,[4] che ha parzialmente censurato le disposizioni in materia di «aiuto all’ingresso, alla circolazione e al soggiorno irregolari»[5] di uno straniero in Francia, affermando che, alla luce del terzo elemento del motto della Repubblica (la «fraternità»), un atto umanitario nei confronti di uno straniero irregolarmente presente nel territorio non può costituire reato.
Oggetto del ricorso alla Corte costituzionale francese, l’articolo L. 622-1 del Codice dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri e del diritto di asilo che prevede una sanzione di cinque anni di detenzione e di 30.000 euro di multa per chiunque si renda colpevole di favoreggiamento dell’ingresso, della circolazione o del soggiorno di uno straniero in situazione irregolare, al di fuori delle ipotesi previste all’articolo L. 622-4, il quale esplicita i casi di esclusione del reato, applicabili però ai soli atti di aiuto al soggiorno e non anche all’ingresso o alla circolazione.
La sussistenza del reato è innanzitutto esclusa quando l’aiuto al soggiorno è offerto da un familiare.[6] In caso invece di aiuto offerto da una persona fisica o giuridica diversa dai familiari, tale atto non costituisce reato solo se «non ha dato luogo ad alcun corrispettivo diretto o indiretto» e purché si tratti «di consulenze giuridiche o di prestazioni di ristoro, alloggio o di cure mediche destinate a garantire allo straniero delle condizioni di vita dignitose e decenti, o di qualunque altro aiuto atto a preservare la dignità o l’integrità fisica dello stesso».[7]
Al fianco dei due ricorrenti, Cédric Herrou e Pierre-Alain Manonni, sono intervenute dinanzi al giudice costituzionale dodici associazioni di sostegno ai migranti, che si sono fatte portatrici, all’interno del procedimento, degli argomenti di circa quattrocento associazioni firmatarie di un manifesto per l’abolizione del reato di aiuto agli immigrati in situazione irregolare.[8]
I ricorrenti e le numerose associazioni intervenute hanno sostenuto che le disposizioni citate sono contrarie ai principi di fraternità e di uguaglianza, nella misura in cui, innanzitutto, non includono tra le ipotesi non censurabili «qualsiasi atto puramente umanitario che non dia luogo ad alcun corrispettivo diretto o indiretto» e, inoltre, limitano la liceità del solo «aiuto al soggiorno», escludendo quindi qualunque esenzione per i reati di «aiuto all’ingresso e alla circolazione».
La risposta della Corte costituzionale francese può essere sintetizzata nei seguenti cinque punti.
Affermazione del principio costituzionale di fraternità
Innanzitutto, i giudici costituzionali, come già detto, riconoscono per la prima volta valore costituzionale al principio di fraternità incluso nel motto della Repubblica iscritto all’articolo 2 della Costituzione e richiamato altresì dal Preambolo e dall’articolo 72-3, che hanno riferimento all’«ideale comune di libertà, di uguaglianza e di fraternità».
L’applicazione del principio di fraternità implica che la «libertà di aiutare il prossimo» abbia una portata generale che deve indurre a rigettare le distinzioni che, nel contesto di iniziative umanitarie, si potrebbero fare tra chi è o non è in possesso di un titolo di soggiorno.
L’unione dei tre termini «Liberté, égalité, Fraternité» – si legge nel commento ufficiale della sentenza – è molto antica, ma è ai tempi della Rivoluzione che questi termini si impongono come elementi costitutivi di un modello di società. Caduta in disuso ai tempi del Direttorio (1795-1799), la fraternità rinasce con la Seconda Repubblica (1848) la quale dispone che i cittadini «devono concorrere al benessere comune aiutandosi fraternamente gli uni gli altri» e che la Repubblica «deve, con una fraterna assistenza, assicurare l’esistenza dei cittadini bisognosi, sia procurando loro il lavoro nei limiti delle sue possibilità, sia fornendo, in mancanza della famiglia, dei sussidi a coloro che non sono in condizione di lavorare». Soppressa durante l’Impero (1804-1815 e 1852-1870), la fraternità diventa nuovamente un elemento fondante della società dopo la Terza Repubblica. Reintrodotta dalla Costituzione del 1946, nel suo articolo 2-comma 4, la fraternità è stata ripresa dalla Costituzione del 1958.[9]
Che la fraternità sia un principio che legittima e fonda diritti e doveri giuridicamente vincolanti è comprovato dall’analisi storica e dal diritto vivente. Tanto che si può affermare che, se tra il XVIII e il XIX secolo si è consolidata la nozione di “libertà” e tra il XIX e il XX secolo la nozione di “uguaglianza”, quello che viviamo dovrebbe essere il secolo nel quale deve consolidarsi il principio di “fraternità”. Il relativo contenuto, sotto il profilo giuridico e non solo etico, è da considerare fondante il diritto pubblico francese e «potrà eventualmente trovare in futuro altre applicazioni».[10]
Incostituzionalità parziale della norma
Per i giudici costituzionali la sanzione penale prevista dalla legge e applicata anche ai casi di aiuto alla circolazione dello straniero già presente sul territorio risulta eccessiva, in quanto tale atto «non ha necessariamente come conseguenza, a differenza dell’aiuto all’ingresso, di far nascere una situazione illecita».
La limitazione della libertà di aiutare il prossimo in nome della lotta all’immigrazione irregolare è, invece, ritenuta giustificata con riferimento agli atti di favoreggiamento dell’ingresso irregolare di stranieri.
Inoltre, i giudici costituzionali accolgono parzialmente anche l’altro motivo di censura addotto dai ricorrenti, considerando che la formulazione della clausola umanitaria non garantisce in termini chiari e inequivoci il rispetto della libertà di aiutare l’altro, che è da considerarsi una componente del principio di fraternità.
Piuttosto che procedere ad una dichiarazione d’incostituzionalità, tuttavia, i giudici formulano qui una «riserva di interpretazione». Attraverso quella che in Italia si è soliti definire una pronuncia manipolativa di rigetto, propongono l’interpretazione costituzionalmente conforme della norma contestata.
Si legge infatti nella motivazione della sentenza che la lista delle ipotesi di esclusione della fattispecie delittuosa di cui all’art. L. 622-4, per essere conforme al principio di fraternità, dovrà essere interpretata in maniera tale da includere «ogni altro atto di aiuto apportato ad uno scopo umanitario».
Nel rispetto di questa riserva di interpretazione, spetterà ora ai giudici – e, se lo riterrà opportuno, al legislatore in sede di modifica delle disposizioni in vigore – determinare quali atti vadano qualificati come aiuti a scopo umanitario.
Effetto differito della dichiarazione di incostituzionalità
La dichiarazione d’incostituzionalità delle disposizioni che limitano la libertà di aiuto al soggiorno di migranti irregolari non ha però effetto immediato.
Il Conseil Constitutionnel ha preferito differire l’abrogazione della parte della disposizione ritenuta incostituzionale al 1° dicembre 2018, avvalendosi della facoltà di modulazione degli effetti temporali delle proprie decisioni accordatagli dalla Costituzione.
Per mettere fine all’incostituzionalità con effetto immediato, i giudici costituzionali avrebbero dovuto spingersi oltre il loro ruolo di legislatore negativo, formulando una riserva interpretativa additiva che aggiungesse al dettato legislativo l’applicabilità delle scriminanti con riferimento agli atti di aiuto alla circolazione degli stranieri irregolari.[11]
Spetta dunque al legislatore francese, entro il 1° dicembre 2018, riscrivere la disposizione secondo le indicazioni impartitegli dal giudice delle leggi.[12]
Tuttavia, al fine di conciliare il rispetto nei confronti della discrezionalità del legislatore con l’esigenza di far cessare immediatamente un’incostituzionalità rilevata nell’applicazione della legge penale, i Giudici costituzionali francesi formulano una riserva di interpretazione transitoria, imponendo ai giudici di merito e di legittimità di applicare le ipotesi di esclusione del reato anche agli atti di aiuto alla circolazione «accessoria al soggiorno», ovvero quando lo straniero è già presente nel territorio.
Alla luce di questa riserva transitoria, il differimento degli effetti si riduce ad una questione di forma che riguarda i rapporti tra giudice delle leggi e legislatore, mentre le conseguenze giudiziarie della pronuncia sono immediate e chiare.
Il reato di solidarietà continua ad esistere solo con riferimento all’aiuto all’ingresso nel territorio, mentre ogni atto di aiuto all’alloggio o alla circolazione dello straniero irregolare compiuto a scopi umanitari non può più essere penalmente perseguito.
E ciò in nome di un principio di fraternità che cessa di essere solo un motto, per assumere il rango di un vero e proprio principio costituzionale di cui il legislatore deve tenere conto non solo nei rapporti fra cittadini, ma anche fra cittadini e stranieri.
In sostanza, per il Conseil Constitutionnel ognuno ha il diritto e il dovere di comportarsi fraternamente con un altro essere umano.
Così formulato, il principio di fraternità non è estraneo alla tradizione del costituzionalismo sia italiano che europeo. È auspicabile che le istituzioni europee in materia di regolazione dell’immigrazione ne tengano conto.
Dall’“homo homini lupus” all’“homo homini frater”
Semplificando, si potrebbe affermare che sul concetto di libertà si è sviluppato nel bene e nel male il capitalismo. La libertà è stata utilizzata prevalentemente come strumento di allargamento del potere economico e dell’autonomia individuale, favorendo di fatto i detentori dei mezzi di produzione a scapito dei soggetti più poveri.
Il capitalismo, esaltando la libertà senza la fraternità, ha rivelato la natura selvaggia dell’uomo, facendo tornare in auge quella famosa massima latina che si trova nell’Asinaria di Plauto e che poi Hobbes nel Leviatano ha fatto propria e che tutti conosciamo: homo homini lupus.
Sul concetto di uguaglianza si resse il socialismo. Esaltando l’uguaglianza senza fraternità, il socialismo divenne egualitarismo e si fece promotore di un’eguaglianza tetra, più formale che reale.
Di qui la necessità, quanto mai attuale, di fare della fraternità il riconoscimento della condizione umana che accomuna e che si presenta come capace di far superare gli egoismi che si nascondono tra le pieghe dei globalismi arroganti.
Oggi il principio di fraternità potrebbe porsi non solo a livello morale, ma specificamente a livello politico e giuridico, permettendo agli eguali di essere diversi e coniugando il valore incommensurabile della libertà con il valore altrettanto indispensabile della salvaguardia dell’umanità che è in noi e nei nostri simili, a prescindere dalle razze, dalle culture, dalle condizioni personali e sociali.
Il principio di fraternità, infatti, afferma una logica di reciprocità e stabilisce tra le persone un legame orizzontale che permette di essere l’uno risorsa per l’altro. La fraternità va allora recuperata come principio ispiratore di processi volti a ricreare il legame sociale, a rendere i diritti sociali più conviviali e i meccanismi del welfare state meno distanti e più responsabilizzanti.
Dunque, senza la fraternità rischiano di non avere senso né la libertà né l’uguaglianza: la fraternità va posta come precomprensione perché si possa attribuire significato a libertà e uguaglianza. È per questo motivo che va affermata l’importanza di un altro aforisma: homo homini frater. Proprio per affermare la possibilità di guardare l’altro e l’altra e scoprire in lui e in lei non una persona nemica, ma un fratello e una sorella, insieme ai quali camminare per umanizzare sempre di più la società.
Da un punto di vista storico, la fraternità certamente non è stata – fino ad oggi – vincente, ma è riuscita a porre una direzione che non è eccessivo considerare ineludibile.
In ogni caso, va affermato che il concetto di fraternità non è però del tutto assente: esso riemerge frequentemente non solo in sinonimi come solidarietà, cooperazione, lealtà, mutualità, reciprocità, interdipendenza, ma anche nella sua pregnante specificità di dimensione essenziale dell’essere umano che «ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello», nonché di anelito insopprimibile «che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare».[13]
Tutti dovremmo sentirci impegnati a contribuire a far sì che il XXI secolo sia – come sembra auspicare la Corte costituzionale francese nella sentenza esaminata – il secolo in cui la fraternità si coniugherà doverosamente, anche a livello economico e politico, con la libertà e l’uguaglianza.
[1] Articolo 622-1 del CESEDA (acronimo di Code de l’entrée et de séjour des étrangers et du droit d’asile/”Codice dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri e del diritto di asilo”).
[2] Tecnicamente “questione prioritaria di costituzionalità” (QPC).
[3] Cf. SettimanaNews.it n. 28/2018 (del 9 al 15 luglio), Francia: “principio costituzionale”, di Jean-Christophe Ploquin.
[4] Si tratta della sentenza n. 2018-717/718 QPC del 6 luglio 2018 [Délit d’aide à l’entrée, à la circulation ou au séjour irréguliers d’un étranger], reperibile in www.conseil-constitutionnel.fr.
[5] Il termine “ingresso” corrisponde all’attraversamento di una frontiera da parte della persona straniera. Secondo la giurisprudenza francese i termini “circolazione” e “soggiorno” tendono ad essere indifferentemente utilizzati per incriminare gli aiuti concessi al fine di permettere la presenza, anche fugace, dello straniero sul suolo francese.
[6] Il reato non è escluso allorquando lo straniero beneficiario dell’aiuto per un soggiorno irregolare vive in stato di poligamia o quando lo straniero è il coniuge di una persona poligama residente in Francia con il primo coniuge.
[7] Quest’ultima ipotesi di esclusione della sanzione penale era stata inserita nel 2003 con legge 1119 del 26 novembre 2003 per dare attuazione alla cosiddetta “clausola umanitaria” prevista dalla direttiva 2002/90/CE, che lasciava agli Stati la possibilità di non perseguire gli atti di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare compiuti a scopo umanitario.
[8] Cf. www.delinquantssolidaires.org/le-manifeste.
[9] Il comma 4 dell’articolo 2 della Costituzione francese recita: “La devise de la République est Liberté, égalité, Fraternité” (“Il motto della Repubblica è Libertà, Eguaglianza, Frternità”)
[10] È quanto si legge nel “commento” ufficiale della sentenza del Conseil Costitutionnel.
[11] Tuttavia, una tale tecnica decisoria non è propria al giudice delle leggi francese, che è solito adottare un approccio di grande deferenza nei confronti della discrezionalità del legislatore e fa dunque ricorso alle riserve additive solo eccezionalmente e con portata meramente transitoria (ed è questo il caso, si vedrà, anche in questa occasione). I giudici hanno così preferito limitarsi a dichiarare l’incostituzionalità dei termini “al soggiorno irregolare” iscritti all’art. 622-4 che enumera le ipotesi scriminanti, con la conseguenza che tale dichiarazione di incostituzionalità, senza un intervento da parte del legislatore, porterebbe ad estendere l’applicazione delle scriminanti a tutti gli atti di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, che si tratti dell’ingresso, della circolazione o del soggiorno.
[12] Cosa che il legislatore francese dovrà fare presumibilmente nell’ambito dell’esame del disegno di legge, attualmente in discussione, “pour une immigration maîtrisée, un droit d’asile effectif et une intégration réussie”.
[13] Papa Francesco, dal messaggio dell’8 dicembre 2013 per la celebrazione della 47ª giornata mondiale della pace 1° gennaio 2014, “Fraternità, fondamento e via per la pace”.
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