Il 21 giugno 2019, nel centenario della creazione dell’Organizzazione Internazionale del lavoro (OIL), fu adottata a Ginevra la Convenzione sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro (Convenzione OIL n. 190).
Definita – a ragione – “storica”, la Convenzione fu approvata a larga maggioranza (439 sì, 7 no e 30 astensioni) nel corso della 108ª sessione della Conferenza internazionale del lavoro, al termine di un faticoso lavoro preparatorio iniziato nel 2015, con la partecipazione di oltre 5.700 persone in rappresentanza di Governi, datori di lavoro, lavoratori e lavoratrici di 187 Stati membri.
A motivare la decisione dell’OIL di intervenire in questa delicata materia furono, da un lato, la convinzione che le molestie e le violenze sul lavoro costituiscono «una violazione e un abuso dei diritti umani» e «una minaccia per le pari opportunità, inaccettabile e incompatibile con il lavoro dignitoso», dall’altro, la constatazione, nelle legislazioni vigenti dei Paesi di tutto il mondo, di lacune o mancanze di leggi protettive.
Obiettivo della Convenzione: promuovere misure di protezione e di prevenzione, sollecitando o impegnando “tutti” (Paesi membri, datori di lavoro, lavoratori e lavoratrici, organizzazioni sindacali) a realizzare una «cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e sulla dignità dell’essere umano».
Unitamente alla Convenzione, fu approvata (con 397 voti a favore, 12 contrari e 44 astensioni) la Raccomandazione esplicativa n. 206 sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.
Il nuovo strumento convenzionale elaborato dall’OIL si affianca ad altre Convenzioni di grande rilievo approvate nel corso di un secolo di attività. Ma è la prima volta che un’agenzia internazionale specializzata in materia di lavoro adotta una Convenzione e una Raccomandazione dedicate espressamente alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro.
Ratifica tempestiva da parte dell’Italia
Risale al 23 ottobre 2019 la presentazione, per iniziativa delle deputate Boldrini e Mura, alla Camera dei deputati, una proposta di legge per ratificare la Convenzione.
Con una tempistica davvero fuori della norma, se si tiene conto dei tempi parlamentari resi ancora più complicati dalla pandemia, la proposta di legge, dopo essere stata approvata all’unanimità il 23 settembre 2020 dalla Camera , il giorno successivo è stata trasmessa al Senato della Repubblica, per la definitiva approvazione. Cosa avvenuta, all’unanimità, il 12 gennaio 2021.
La legge di ratifica entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Alla Convenzione si darà piena e intera esecuzione a decorrere dal giugno 2021 (dodici mesi dopo la data di registrazione di almeno due Stati membri).
Un’ottima notizia per l’Italia, che diventa così tra i primissimi Stati che hanno adottato uno nuovo strumento internazionale che riconosce il diritto a un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie sessuali che anche il Parlamento europeo considera – in una sua Risoluzione del settembre 2018 – la tipologia più estrema, e più persistente, di discriminazione di genere.
Il contenuto della Convenzione: il preambolo
Prima di entrare nel merito dei contenuti della Convenzione, conviene richiamare alcuni principi esplicitati nel Preambolo:
- lavoratori e lavoratrici hanno diritto ad un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie, ivi comprese la violenza e le molestie di genere;
- la violenza e le molestie sessuali nel mondo del lavoro costituiscono un abuso o una violazione dei diritti umani, rappresentano una minaccia alle pari opportunità e sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso;
- è di fondamentale importanza che, ai fini della prevenzione della violenza e delle molestie, si affermi una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e sulla dignità dell’essere umano;
- lo Stato ha la responsabilità di promuovere un ambiente generale di tolleranza zero nei confronti della violenza e delle molestie e tutti gli attori del mondo del lavoro devono prevenirle e combatterle;
- la violenza e le molestie nel mondo del lavoro, oltre ad avere ripercussioni sulla salute psicologica, fisica e sessuale, sulla dignità e sull’ambiente familiare e sociale della persona, influiscono anche sulla qualità dei servizi pubblici e privati e possono impedire che le persone, in particolare le donne, entrino, rimangano e progrediscano nel mercato del lavoro;
- la violenza e le molestie sono incompatibili con lo sviluppo di imprese sostenibili e hanno un impatto negativo sull’organizzazione del lavoro, sui rapporti nei luoghi di lavoro, sulla partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, sulla reputazione delle imprese e sulla produttività;
- le molestie sessuali e la violenza di genere nel mondo del lavoro colpiscono sproporzionatamente donne e ragazze.
Definizione di violenza e molestia
La Convenzione fornisce una definizione decisamente ampia di «violenza e molestia» nel mondo del lavoro, intese come un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili che provocano, mirano a provocare o sono suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali o economici (articolo 1).
Pertanto, tale definizione può comprendere non solo l’abuso fisico ma anche quello verbale, oltre a fenomeni quali lo stalking e il mobbing. In particolare, essa fa espresso riferimento alle violenze e alle molestie fondate sul genere.
La definizione di «violenza e molestia» è leggermente diversa da quella fatta propria dal nostro ordinamento sulla scorta delle direttive europee. L’articolo 26 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (c.d. Codice delle pari opportunità tra uomo e donna), infatti, sancendo un’equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere, definisce le molestie sessuali come «comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo».
Ambito di applicazione
La Convenzione tutela lavoratori e lavoratrici e, più in generale, ogni persona nel mondo del lavoro, a prescindere dal relativo status contrattuale, comprendendo, pertanto, anche i volontari e le volontarie, le persone che frequentano corsi di formazione, di tirocinio o di apprendistato e coloro che sono alla ricerca di un lavoro nonché i lavoratori e le lavoratrici il cui rapporto di lavoro sia terminato. Protegge anche i datori e le datrici di lavoro e si applica a tutti i settori, sia privati che pubblici, nell’economia formale e informale (articolo 2).
Come stabilito dall’articolo 3, la Convenzione inoltre si applica alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro che si verifichino in occasione di lavoro (posto di lavoro) o in connessione con il lavoro (luoghi destinati alla pausa, al pranzo, spogliatoi, bagni, uffici retribuzione, alloggi messi a disposizione dal datore di lavoro), ovvero che scaturiscano dal lavoro (durante gli spostamenti per recarsi al lavoro, spostamenti o viaggi di lavoro, formazione o eventi correlati al lavoro anche mediante l’utilizzo di tecnologia informatiche).
Protezione e prevenzione
La Convenzione prevede un articolato quadro di obblighi per gli Stati membri, a partire da quello di adottare disposizioni interne che definiscano la violenza e le molestie conformemente a quanto da essa previsto (articolo 7) e che prescrivano ai datori di lavoro di porre in essere, proporzionatamente al loro grado di controllo, le misure atte a prevenire le condotte lesive (articolo 9), fino al più generale obbligo per gli stessi Stati di adottare le misure necessarie, sia preventive (articolo 8) che repressive (articolo 10).
Di particolare interesse, tra le misure di protezione e prevenzione, l’obbligo degli Stati membri di includere la violenza e le molestie – come pure i rischi psicosociali connessi – nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro (articolo 9 lett. b) e di proteggere, nella misura massima possibile, la vita privata delle persone coinvolte e la loro riservatezza (articolo 10 lett. c).
Divieto di ritorsioni nei confronti delle vittime
Apprezzabile l’obbligo di garantire alle potenziali vittime di violenze o di molestie l’accesso alla giustizia in maniera effettiva e di predisporre misure rimediali, quali: protezione contro le vittimizzazione o le ritorsioni nei confronti di querelanti, vittime, testimoni e informatori (articolo 10, lett. b-IV); misure di sostegno legale, sociale, medico e amministrativo a favore dei querelanti e delle vittime (articolo 10, lett. b-IV).
Per quanto riguarda le ritorsioni nei confronti di querelanti, vittime, testimoni e informatori, va detto che le vigenti leggi già prevedono alcune misure particolarmente incisive.
Il sopracitato articolo 26 del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, così come modificato dalla legge 27 dicembre 2017 n. 205, stabilisce che chi agisce in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale sul lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, determinati dalla denuncia stessa. I datori di lavoro sono tenuti ad assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, anche concordando con le loro organizzazioni sindacali le iniziative più opportune, di natura informativa e formativa, al fine di prevenire il fenomeno.
Le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su princìpi di eguaglianza e di reciproca correttezza.
Un prossimo reato ad hoc?
Per quanto riguarda il profilo penale delle violenze e delle molestie nei luoghi di lavoro, l’ordinamento italiano non prevede, ad oggi, una fattispecie ad hoc.
In sede giurisprudenziale le molestie sessuali sul lavoro sono, a seconda della gravità e delle modalità dei comportamenti molesti o violenti, sussunte in vari reati come, ad esempio, la violenza sessuale (articolo 609 bis c.p.), la violenza privata (articolo 610 c.p.), gli atti persecutori (articolo 612 bis c.p.), la molestia o disturbo alle persone (articolo 660 c.p.), i maltrattamenti contro familiari o conviventi (articolo 572 c.p.)
Nella relazione finale approvata il 6 febbraio 2017 la “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere” (la c.d. “Commissione Puglisi”) aveva segnalato l’esigenza di «rivisitare sotto il profilo penale» la disciplina afferente alle molestie sessuali, con particolare riferimento a quelle perpetrate nei luoghi di lavoro.
Nel novembre 2019 un folto gruppo di senatrici e senatori ha presentato un disegno di legge (n. S 1597) finalizzato a introdurre nel codice penale il nuovo articolo 609-ter. (rubricato «molestie sessuali») che punisce con la pena della reclusione da due a quattro anni chiunque, con minacce, atti o comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, in forma verbale o gestuale, reca a taluno molestie o disturbo violando la dignità della persona. La pena è aumentata della metà se dal fatto, commesso nell’ambito di un rapporto di educazione, istruzione o formazione ovvero nell’ambito di un rapporto di lavoro, di tirocinio o di apprendistato, anche di reclutamento o selezione, con abuso di autorità o di relazioni di ufficio, deriva un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Il disegno di legge dal 6 luglio 2020 è all’esame delle commissioni 2ª (Giustizia) e 11ª (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale).
È auspicabile che la ratifica della Convenzione induca il legislatore italiano ad accelerarne l’iter. Essa, infatti, stabilisce espressamente che il sistema di prevenzione e di eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro includa l’istituzione di adeguate misure sanzionatorie nei confronti dei violenti e dei molestatori sessuali (articolo 4, comma 2, lett. f).