Le due giornate romane di inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti italiani (9-10 febbraio 2024) confermano che la politica giudiziaria di questo Paese ha come unico parametro il consenso pubblico costruito sull’immagine mediatica di una società insicura e in pericolo, fotografia scattata falsando la realtà e passando sopra a tutto e tutti, senza alcuno scrupolo per la sofferenza umana, i diritti fondamentali e i principi costituzionali.
«Il processo come ostacolo e il carcere come destino» era il tema.
La realtà è chiara, trasparente ed evidente. I numeri del carcere sono una tragedia: 17 suicidi dall’inizio dell’anno, 2 a settimana, l’ultimo a Marassi stamattina (12 febbraio). Le cause sono note a tutti e ribadite chiaramente nelle tavole rotonde: «eticizzazione» del rimprovero e diritto penale del nemico brandito come minaccia arcaica, avendo perso il carattere liberale che lo poneva come scudo al potere coercitivo dello Stato.
Una legislazione-fabbrica dei reati che crea emozioni nelle persone, paura, rabbia, odio, tacendo la verità di un Paese che nei numeri è il più sicuro d’Europa e che vede i reati in calo così come le notizie stesse di reato, sotto del 30%. Rapine in calo del 48% furti in casa o di auto: − 30%.
Intanto si legifera spasmodicamente nell’unica direzione delle manette facili che assicurano consenso a buon mercato. Si alzano le pene a costo zero, ma non si fa prevenzione e non si spende in recupero e rieducazione.
E così se, nel 1990, erano più di 3.000 gli omicidi e 25.000 i detenuti, ora sono 300 gli omicidi e 60.000 i detenuti. A breve l’ennesima condanna dell’Italia; «Il carcere è luogo di umiliazione della dignità umana» (prof. Giostra), è «assillante urgenza» (presidente Mattarella), è incompatibile con un Paese democratico. «Bisogna arrestare il carcere», dice il cappellano di Poggioreale.
A fronte di queste grida unanimi che chiedono di provvedere adesso, subito, perché non c’è più tempo, il ministro Nordio e il sottosegretario Ostellari rispondono come segue.
Il primo, che la situazione non l’ha creata questo Governo: cosa inaccettabile, che ricorda la levatura morale della maestra della piccola alunna Liliana Segre, il cui papà, dopo l’espulsione della piccola dalla scuola, aveva chiesto di spiegare alla bambina perché era stata esclusa dalle lezioni. Liliana ricorda quella frase di totale, criminale indifferenza: «Le leggi razziali non le ho mica fatte io».
Il secondo, Ostellari: che dire di questo sottosegretario che, contro ogni evidenza, assume che il Decreto Caivano è finalizzato a prevenire ed escludere il carcere, quando in carcere quelle norme ci mandano i minori?
Devo dire che tutto l’insieme mi ha demoralizzato e, sebbene io sia una persona reattiva e positiva, di primo acchito ho perso la speranza, la voglia, la forza, la capacità di reagire di fronte ad un tale sconfortante panorama.
L’intervento del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, Petrelli, al termine dei lavori ha richiamato tutti, nessuno escluso, all’impegno che deriva dalla funzione di avvocato e al senso di solidarietà umana che non può lasciarci indifferenti a ciò che accade.
Ognuno si assuma la sua responsabilità, ognuno faccia i conti con la sua dignità e la sua coscienza. In fondo Sciascia lo aveva ben detto: «Ci sono gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi e i quaquaraqua», ossia coloro che continuano il loro ballo in maschera, costi quel che costi.
Io so cosa voglio e devo fare. Per quanto possiamo, le camere penali andranno sempre ostinatamente in senso contrario a tutto ciò che non risponde ai principi e saranno a fianco di chi è vittima di ingiustizia da chiunque provenga.
Maria Luisa Crotti è Presidente della Camera Penale della Lombardia Orientale. Il suo intervento è a commento dell’inaugurazione dell’anno giudiziario nazionale.
Il problema più deludente (per chi non sa che invece è ripetitivamente identico dai tempi di Cicerone) della politica giudiziaria italiana è la pura semplice e misera corruzione.
Nel senso che i magistrati sono tutti affaristi come i politici ed il meschino fine ultimo è guadagnare denaro illecitamente. Come i soldati che per la ricompensa si presentavano volontari nei plotoni di esecuzione, si tratta di una stessa “forma sanguinis” di bieco e tenace parassitismo che colpisce come una sindrome una parte percentuale della popolazione e di gran lunga la popolazione di aspetto estetico meno piacevole.
Bastano i dati europei ,in Finlandia esistono 80 avvocati per 100.000 abitanti,in Svezia 120, in Italia di media 400, ma, per esempio in Calabria 500, ed in alcuni distretti giudiziari del meridione interno con il reddito molto basso addirittura esistono 800 avvocati per 100.000 abitanti.( 10 volte in più della Finlandia) Sembrerebbe quindi che tutti questi scienziati del diritto (Giordano Bruno avrebbe detto, che vanno a buon mercato come le sardelle) non sono altro che la risultanza degli sforzi di famiglia molto povere e di basso impiego (come i classici avvocati e magistrati figli dei classici carabinieri e polizia) che invece di altri investimenti finanziarii si potevano impegnare non oltre che fare studiare i figli nelle università gratuite, per salire i gradini sociali ed agognare una mesata più grande.
La risultanza nella società è che (statistiche europee) in Italia si celebrano un numero di processi penali di numero esattamente superiore alla Finlandia esattamente uguale al maggior numero di avvocati, come se le false accuse, irrisorie o fantastiche che si rivolgono ai ceti più poveri della popolazione, non siano finalizzate al fine sociale della giustizia ma a celebrare processi per distribuire alimento economico verso questo particolare mondo tramite gli stipendi le perizie e le parcelle che in gran parte paga la collettività, in una sorta di assistenza sociale occulta come in passato erano “i monti di pietà dei poveri vergognosi” che soccorrevano discretamente le famiglie di classi elevate cadute in rovina ,le quali avrebbero provato disagio e rammarico nell’ accettare aiuti di beni primari come gli straccioni. Lo stesso sarebbe una sconfitta rammaricante fornire il reddito di Inclusione ad un avvocato laureato, perciò con mascherata strategia (che ricade però sul debito pubblico)viene assistito facendogli far finta di lavorare per davvero, recitando nelle aule di giustizia sperimentate sceneggiature dove gli altri attori sono i PM ed i giudici, con ruolo di comparsa per l’imputato, accusato falsamente perché in effetti è il protagonista vero del processo se mancando la sua figura i dibattimenti non potrebbero essere celebrati non ottenendo così guadagni gli altri..
IL DRAMMA NON È LA POLITICA GIUDIZIARIA IL DRAMMA INSORMONTABILE IN ITALIA È LA MISERIA