L’incontro tenuto lo scorso 7 luglio a Bari, che ha visto riuniti il vescovo di Roma e i patriarchi delle Chiese del Medio Oriente, è stato senza dubbio di particolare rilievo. La violenta trasformazione di una terra ricca di testimonianze, che risalgono alle origini della nostra fede, in un teatro dove si consumano drammaticamente le più diverse ambizioni geo-politiche, trascinando talvolta anche gli uomini e le donne di fede, ha dato lo spunto a papa Francesco per convocare quest’incontro.
L’evento di Bari non è stata un’iniziativa dettata dalla diplomazia ecclesiastica né, a mio avviso, è servito ad accrescere l’influenza «politica» dell’una o dell’altra Chiesa. La sua intenzione era soprattutto spirituale: incorniciato tra un momento iniziale di preghiera dinanzi alle reliquie di san Nicola (santo «trasversale» della Chiesa indivisa, venerato sia in Oriente che in Occidente), e concluso da una preghiera ecumenica con la partecipazione del popolo della città pugliese.
Diritto di cittadinanza
Al termine il papa ha pronunciato alcune parole significative. Ha ricordato, anzitutto, che i cristiani del Medio Oriente sono (e devono rimanere) «cittadini a pieno titolo» di quelle terre da dove è giunta la buona novella. Poi ha riconosciuto che nella riunione di Bari i cristiani si sono riscoperti fratelli uniti nella testimonianza di Cristo. L’essere Chiesa, ha osservato, non è altro che il fare propria la profezia della pace e della riconciliazione di Gesù morto e risorto. Qual è il segno, dunque, il segno distintivo della «cittadinanza» cristiana? La Chiesa, proprio sulle tracce del cristianesimo mediorientale, non segue dialettiche che affermano logiche di potenza, di guadagni effimeri e di supremazia secolare.
Sono questi calcoli che generano, a detta del papa, le varie «forme di fondamentalismo e di fanatismo» che, sotto un peculiare travestimento religioso, non esitano a perseguitare chi «da sempre vive accanto».
La profezia della pace
Il cristianesimo, in quanto testimonianza di un modo di essere e di agire, invita l’uomo a una conversione qualitativa, si potrebbe dire esistenziale. Si tratta del prendere coscienza del modo di vivere del Vangelo, che spinge i cristiani a privarsi dalle logiche mondane e a impegnarsi quotidianamente ad annunciare Cristo che sconfigge il male ovunque, «nonostante tutto», e offre a tutti la speranza!
È l’impegno, dunque, dell’ascolto, del lavoro e della preghiera che rende visibile al mondo la «stoltezza» cristiana (cf. 1Cor 1,23). I cristiani, ha osservato Francesco, sono «uomini di buona volontà» che, anche se abbracciano credo diversi, «non hanno paura di parlarsi, di accogliere le ragioni altrui e di occuparsi gli uni degli altri». Soltanto in questa ottica dell’accoglienza reciproca la sacra terra del Medio Oriente sarà un’«arca di pace» e non un «arco di guerra» tra le fedi. Fra i protagonisti dell’incontro si segnala anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, anch’egli impegnato in prima persona nel testimoniare la priorità della responsabilità profetica della Chiesa.
È stato, infatti, merito suo il buon esito del Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa (Creta, 2016); che, nel messaggio indirizzato «al popolo ortodosso e ad ogni uomo di buona volontà», aveva denunciato la «situazione dei cristiani e di tutte minoranze perseguitate in Medio Oriente» e rivolto un appello alla comunità internazionale a favore della protezione non solo «degli ortodossi nativi», ma anche di «tutti gli altri cristiani», nonché di «tutta la popolazione della regione: che hanno un inviolabile diritto di rimanere nella loro patria come cittadini di uguali diritti».
La sobrietà del dialogo
Il Concilio ha anche condannato la «malsana religiosità» del fondamentalismo, rammentando che soltanto il «sobrio dialogo interreligioso» è lo strumento più adatto a sostenere sostanzialmente lo sviluppo della fiducia reciproca, della pace e della riconciliazione. La presenza cristiana nel mondo di oggi ha il dovere – e non soltanto il compito – di sanare le ferite umane (al contrario di coloro che riaccendono «la fiamma dei conflitti bellici»), e di denunciare la violenza della guerra, le persecuzioni, l’espulsione di membri delle comunità religiose, il traffico di profughi.
Essere cristiani, seppur di diverse confessioni, significa diventare capaci di svelare ciò che Dio ha donato, una volta per tutte, a tutta la cristianità; ossia, dire la possibilità di poter toccare il regno di Dio, perfino – e soprattutto – in situazioni dove sembra prevalere il maligno.
Il Concilio di Creta aveva spiegato quest’idea nei seguenti termini: «La Chiesa di Cristo vive “nel mondo”, ma non è “del mondo”. La Chiesa, come Corpo del Logos incarnato di Dio, è la “presenza” vivente, il segno e la immagine del regno del Dio Trino nella storia».
Legami testimoniali e principio sinodale
In questa ottica, la Chiesa diventa «scandalo» non nella misura in cui è soggetta ai diversi interessi politici (spesso anche religiosi) che spartiscono il Medio Oriente, ma perché lavora per far crescere profeticamente la luce del Regno e la potenza del Vangelo.
Il gesto del papa e degli altri patriarchi di sedersi attorno allo stesso tavolo, all’interno della basilica di San Nicola, senza troni né cattedre, ha reso tangibile l’unica «logica» accettata dalla fede cristiana: quella sinodale, quale esercizio dell’amore reciproco tra i cristiani. L’incontro di Bari, come già accennato, non si è inserito in un progetto programmatico, ma è stato l’effetto della sensibilità pastorale del papa e del riscontro positivo da parte dei patriarchi.
Alla luce di questo è possibile sostenere che si è compiuto un ulteriore passo verso il «primato della conciliarità», tanto richiamato nell’Oriente cristiano, come forma di governo ecclesiastico a livello locale e universale, accompagnato da concreti segni della «cittadinanza» del dialogo, dell’accoglienza, della solidarietà.
In questo senso si può sì dire che a Bari è stata anticipata una realtà – si spera – non distante: quella in cui la sinodalità pancristiana avrà davvero il primato è potrà dare voce a tutte le Chiese impegnate ad affrontare le esigenze globali e le angosce degli uomini e donne di oggi.