Fra i molti viaggi del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, l’ormai imminente viaggio in Ucraina è quello più prevedibile e dagli esiti più incerti.
Prevedibile, perché, dopo la concessione dell’autocefalia a quella Chiesa, i legami con il Fanar sono particolarmente forti. Incerto, per la scissione provocata all’interno dell’Ortodossia locale (e mondiale), con la possibilità di azioni di disturbo e, forse, disordini sociali.
Dalle indiscrezioni non confermate della stampa il viaggio si svolgerà fra il 22 e il 26 agosto e risponde all’invito della Chiesa autocefala e del presidente della Repubblica, Vladimir Zelensky in occasione dei 30 anni della Dichiarazione di indipendenza (24 agosto 1991).
Gli incontri pubblici previsti sono con Zelensky, con il presidente del Parlamento (Rada) e il primo ministro. Il patriarca dovrebbe essere presente anche alla parata militare.
È previsto un dialogo con i figli dei militari morti nel Donbass (area a maggioranza russa, sostenuta da Putin, dove la guerra ha fatto 14.000 morti) e l’omaggio al monumento che ricorda la tragedia dell’Holodomor, la carestia voluta da Stalin che provocò da 7 a 10 milioni di morti, ricordata come il genocidio del popolo ucraino.
Tre gli appuntamenti liturgici, alla chiesa di Sant’Andrea (concessa per uso liturgico al Patriarcato) e la celebrazione ufficiale nella chiesa di San Michele con l’incontro con i vescovi e il clero.
In crescendo
Dopo il riconoscimento dell’autocefalia (9 gennaio 2019), che provoca un durissimo e permanente scontro con Mosca – che ritiene l’Ucraina suo territorio giuridico – con l’accusa di eterodossia a vescovi, clero e fedeli della Chiesa autocefala ucraina, presieduta dall’arcivescovo Epifanio, la situazione dell’Ortodossia locale non ha risolto i suoi scontri interni.
Da una condizione in cui vi erano tre comunità: quella largamente maggioritaria con riferimento a Mosca e due altre che si erano separate, si è passati allo scontro fra la Chiesa autocefala e la Chiesa restata fedele a Mosca, presieduta dall’arcivescovo Onufrio.
Secondo i dati più recenti, la Chiesa filo-russa è quella più importante: 53 diocesi, 12.374 parrocchie, 255 monasteri, 12.456 preti, 108 vescovi.
La Chiesa autocefala di Epifanio ha 7.000 parrocchie, 44 diocesi, 80 monasteri, 4.500 preti, 60 vescovi.
Nel paese hanno un ruolo importante gli oltre 4 milioni si cattolici (per gran parte di rito orientale). I sondaggi danno una leggera prevalenza di consensi alla Chiesa autocefala, ma essi non attingono ai territori del Dombass e della Crimea (occupata militarmente dalla Russia).
Gli ultimi mesi hanno visto un crescendo di iniziative e di denunce pubbliche della Chiesa filo-russa per impedire il viaggio e condizionare la sua ricezione mediale.
Dopo aver presentato un milione di firme al Parlamento (16 giugno) per cancellare due leggi penalizzanti la loro Chiesa (cambiamento di nome della medesima, da Chiesa ortodossa ucraina a Chiesa russa in Ucraina; modalità di passaggio delle parrocchie dall’obbedienza filo-sovietica alla Chiesa autocefala) e chiesto il ritiro dell’invito al patriarca, in occasione del 1033° anniversario della cristianizzazione della Rus (27 luglio), 300.000 fedeli (ma per la polizia erano 55.000) hanno sfilato in processione come prova di forza a testimonianza del proprio consenso.
Qualche giorni prima (15 luglio) i 310 partecipanti al congresso monastico della Chiesa filo-russa hanno scritto a Bartolomeo di aver deciso con perfidia la divisione nel popolo di Dio, commettendo un «crimine senza precedenti contro la Chiesa».
Costruzione provvisoria di chiese, pellegrinaggi popolari, piccoli episodi di violenza locali: tutto viene largamente diffuso per indicare una tensione sociale che scoraggia il viaggio. Da qualche giorno si sta diffondendo sui social la pratica di postare fotografie di gruppi parrocchiali con manifesti ostili alla visita di Bartolomeo.
Fra popoli, nazioni e Chiese
Il governo, le altre Chiese e la maggioranza della popolazione sembrano attendere positivamente la visita e la memoria dell’indipendenza. Anche perché la prepotenza russa sulla Crimea, la guerra da essa sostenuta nel Donbass e la coincidenza fra politica russa e Chiesa ortodossa moscovita colorano in senso antinazionale le iniziative della Chiesa filo-russa.
O meglio di un’associazione, recentemente creata, Miriane (significa “laici”), che si è intestata le ultime attività pubbliche e che fa capo a dei laici, spesso prossimi ai partiti di opposizione.
Ogni argomento può diventare motivo di polemica: dai vaccini all’apertura alla Nato, dalla cultura occidentale alla libertà delle Chiese. Se Putin scrive un articolo “Sull’unità storica di russi e ucraini”, le inchieste ucraine rivelano che il 55% degli intervistati non sono affatto d’accordo (il 70% nelle zone occidentali). Se la legge russa non considera fra i “popoli nativi” gli ucraini, equiparati semplicemente ai russi, Zelensky propone una legge sui “popoli nativi” in cui i russi non ci sono, con l’esito che la lingua russa assume il ruolo di lingua straniera.
Al di sotto delle divisioni etniche, politiche e dei confitti teologici, la vita religiosa popolare è assai profonda e coltivata, spesso al riparo da appartenenze contrapposte di cui non percepisce la ragione. È successo che, durante la processione per il 1033° anniversario della conversione della Rus, i manifestanti si fermassero a pregare nelle chiese di appartenenza autocefala senza alcun problema.
Tuttavia questo non toglie il progressivo allargamento dello scisma fra Chiese di ceppo slavo e Chiese di radice ellenica. Il consenso all’autocefalia ucraina di Costantinopoli, Grecia, Cipro e Antiochia potrebbe allargarsi alla Chiesa della Georgia. Istanze autocefale sono ben presenti in Bielorussia, in Moldova, in Macedonia del Nord, Lettonia e Lituania. Quando la condizione storico-civile diventasse favorevole, potrebbero raggiungere il loro fine.
Non mi risulta che il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia (che per altro è sempre stato su posizioni filo-russe) abbia aderito al fronte di Costantinopoli per il riconoscimento della nuova entità ecclesiale in Ucraina. Con ogni probabilità l’articolista si riferisce a quello di Alessandria.
La prepotenza della Russia in Crimea è identica alla prepotenza italiana in Trentino.
Idem per il Donbass.
Se si crede nell’autodeterminazione dei popoli bisogna farlo sempre.
Certo Putin non è un puro democratico ma, onestamente, chi può dire di esserlo?
Il Patriarcato Ecumenico ha preso parte per la Nato contro la Russia.
È chiaro come il sole.
Ovviamente la Russia reagisce.
Questo è il dramma di avere chiese nazionali autocefale che inevitabilmente vengono coinvolte nella politica nazionale.
Questa è la forza dell’universalità del cattolicesimo romano.