Jan Nowotnik è sacerdote dell’arcidiocesi di Birmingham, vive a Londra e attualmente è direttore dell’Ufficio ecumenico e missionario nazionale presso il Segretariato della Conferenza dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles (CBCEW). Lavora a livello ecumenico con fratelli e sorelle di altre comunità cristiane al fine di costruire buone relazioni e di promuovere il dibattito teologico. Lo scorso mese ho avuto l’opportunità di chiedergli come sta andando il dialogo tra le Chiese cattolica e anglicana nel Regno Unito.
– Reverendo Nowotnik, il suo contributo al Segretariato della Conferenza dei vescovi è molto significativo. Qual è stato il suo percorso di studi?
Ho conseguito una licenza in Teologia Ecumenica all’Angelicum di Roma e recentemente ho completato il dottorato, approfondendo l’ecclesiologia della Chiesa locale nel Vaticano II e nel magistero post-conciliare, come preludio a una Chiesa sinodale.
– Lo scorso maggio il papa ha dialogato con i membri della Commissione internazionale anglicano-cattolica romana (ARCIC), parlando del cammino intrapreso nel dialogo con anglicani e cattolici. A che punto siamo?
Il dibattito è giunto alla stesura del testo Camminando insieme sulla via (Walking Together on the Way), frutto di diversi anni di dialogo e di discussioni nell’ambito dell’ecclesiologia. Il papa ha sottolineato i risultati quando ha ribadito che il dialogo e l’essere in cammino insieme non significa solo parlarsi, ma che va costruita una vera conoscenza reciproca, che consideri le preoccupazioni comuni, le gioie e le sfide che l’altro vive.
Sono sicuro che questo è uno degli obiettivi da raggiungere per l’ARCIC che, attraverso buone relazioni – che sono al centro di un cammino ecumenico –, si impegna per uno scambio teologico utile e fruttuoso tra le due Chiese.
– Il papa ha incoraggiato, nel dialogo ecumenico, a recuperare la categoria di “dono”, per ricordarci che non bastiamo a noi stessi. Qual è a suo avviso l’atteggiamento giusto perché uno scambio di doni non si riduca a una sorta di atto formale o di circostanza?
Lo “scambio di doni” è un concetto ecumenico interessante e papa Francesco lo ha giustamente sottolineato a proposito dell’ARCIC che – come ha detto – spinge a un confronto «dove ciascuno fa propri i semi che Dio ha seminato nell’altro». Sottolinea che questo è stato il lavoro della Commissione, ossia imparare gli uni dagli altri in modo aperto e impegnato.
C’è una branca della teologia ecumenica, meglio descritta come “ecumenismo ricettivo”, che credo sia il frutto dell’ARCIC e di dialoghi analoghi, secondo cui c’è un autentico scambio teologico e il desiderio di imparare gli uni dagli altri nella ricerca della piena comunione visibile. È anche un’apertura all’umiltà, per credere davvero che la Chiesa sorella abbia qualcosa da offrire e da cui noi Chiesa cattolica possiamo imparare, cogliendo l’opportunità per un impegno serio.
Ecclesiologia e ministero
– Dal suo punto di vista, come sta evolvendo la Chiesa anglicana? Trova dei punti di contatto con le sfide che la Chiesa cattolica sta affrontando?
Certamente qui in Inghilterra le Chiese anglicana e cattolica affrontano sfide simili, specialmente quelle evidenziate dall’attuale crisi del costo della vita nel Regno Unito e dai problemi causati dalla pandemia globale. Sia la Chiesa anglicana sia quella cattolica stanno affrontando un calo del numero di persone che vanno in chiesa la domenica e questo spinge entrambe le Chiese a cercare modi per incoraggiare le persone a tornare alla pratica della fede.
La morte della regina Elisabetta ha dimostrato che c’è il desiderio di entrare in contatto con qualcosa al di là di questo mondo, ma ha anche evidenziato che le persone non sono sempre sicure con chi o con che cosa si congiungeranno dopo la morte. Le Chiese sono sfidate a mostrare la via che porta a Dio ed è certamente qualcosa che entrambe condividono.
Per la Chiesa anglicana l’attuale riflessione sulla sessualità umana, l’approccio alle relazioni omosessuali e all’eventuale unione matrimoniale sono temi di discussione da parte del collegio dei vescovi, prima di arrivare al Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra. Questo dibattito ha manifestato alcune tensioni teologiche che penso che i vescovi della Chiesa anglicana dovranno affrontare, e ciò potrebbe rappresentare per loro un terreno di discussione complicato.
– Immagino che i temi ecclesiologici ed etici siano quelli che creano più difficoltà nel dialogo. È d’accordo? Quali invece i temi dove è possibile un incontro e uno scambio più proficuo?
È vero che i temi ecclesiologici hanno causato alcune tensioni in passato, in particolar modo per quanto riguarda il primato papale, che papi precedenti come Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno evidenziato, suggerendo che questo è un ambito su cui lavorare con serietà nel dialogo. Anche l’ordinazione delle donne nella Chiesa d’Inghilterra ha causato problemi al dialogo teologico, ma a livello pratico i ministri di entrambe le Chiese sono ancora in grado di stringere buone relazioni.
Anche le questioni etiche possono risultare complesse, in quanto non c’è sempre una chiara linea di pensiero per tutti gli anglicani nelle questioni morali, come invece è più presente per la Chiesa cattolica. Tuttavia i dialoghi in merito a queste sfide sono aperti al confronto.
Papa Francesco nel suo messaggio all’ARCIC a maggio è stato molto chiaro quando ha affermato: «Non dobbiamo cadere nella schiavitù del conflitto. Per questo la strada dell’unità è superiore al conflitto».[1] Penso che ciò che vuole suggerire è che abbiamo bisogno di discutere le questioni impegnative in modo veritiero e onesto, in modo da poter veramente guardare all’unità della Chiesa.
– In questi anni alcuni preti anglicani hanno chiesto di essere accolti nella Chiesa cattolica. Sta continuando questo fenomeno e come è vissuto dalla Chiesa anglicana?
La mia arcidiocesi di Birmingham, come molte altre in Inghilterra, ha accolto ex sacerdoti anglicani che sono stati ordinati sacerdoti cattolici. Questi uomini hanno dato un contributo molto prezioso alla diocesi, hanno portato molta esperienza e una ricchezza di approccio per cui possiamo essere molto grati.
Sono sicuro che ciò ha comportato un po’ di dolore ai membri della Chiesa anglicana, ma rimangono pragmatici nel loro approccio e ciò non impedisce un dialogo significativo tra le due Chiese.
È anche vero che, dopo i primi tempi in cui sono state ordinate donne nella Chiesa d’Inghilterra, fenomeno che ha portato molti a pensare a queste stesse ordinazioni anche nella Chiesa cattolica, attualmente queste istanze sono meno diffuse.
– Il dialogo tra cattolici e anglicani è stato definito un “cammino”. La Chiesa cattolica universale è impegnata in un altro cammino, quello del Sinodo. Dal suo punto di osservazione, come lo sta vivendo la Chiesa cattolica inglese? Rientra in questo cammino sinodale anche il dialogo ecumenico?
Come il resto della Chiesa universale, noi in Inghilterra e Galles stiamo imparando sempre più cosa significhi essere una Chiesa sinodale e cosa implichi trovare nuovi modi per discernere la volontà di Dio per la Chiesa locale, cercando modi per accompagnarci a vicenda nel cammino.
Direi che, a livello nazionale, noi in Inghilterra e Galles abbiamo aperto il cammino sinodale ai fratelli e alle sorelle ecumenici e li abbiamo inclusi nelle nostre discussioni sia a livello nazionale che locale. È stata una vera manifestazione del tentativo di attuare in modo pratico un ecumenismo più ricettivo. Io stesso sono stato coinvolto in seminari teologici che hanno evidenziato questo percorso e sto contribuendo a organizzare un’altra conferenza simile a Durham nel giugno 2023.
Come papa Francesco sta incoraggiando, dobbiamo continuamente cercare vie per camminare insieme e per sostenerci a vicenda nel cammino.
- Fr. Jan Nowotnik è direttore dell’Ufficio ecumenico e missionario nazionale presso la Conferenza dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles.
[1] Papa Francesco, Udienza ai Membri della Commissione Internazionale Anglicano-Cattolica Romana (ARCIC), 13.05.2022 (qui).