L’incontro nazionale islamo-cattolico, organizzato dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso (UNEDI) della CEI insieme ai Leader delle principali Comunità islamiche presenti in Italia, celebra la sua terza edizione in modo originale: con un viaggio in barca, andata e ritorno, da Trapani a Lampedusa (24-26 giugno 2022).
L’obiettivo – suggerito dal Documento di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana (2019), scritto e firmato da papa Francesco e dall’Imam di Al-Azhar Ahmad al-Tayyeb – sarà compiere un passo ulteriore verso l’idea di cittadinanza in una società plurale (dopo quanto elaborato nella prima edizione, alla Grande Moschea di Roma, nel 2019).
Nella comune convinzione che «il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina» e che «Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro», il documento di Abu Dhabi invita infatti cristiani e musulmani ad «impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza» basata «sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia».
In barca a Lampedusa
La meta non è casuale. «Quale luogo, più dell’isola di Lampedusa parla oggi all’Italia e all’Europa di diritti, doveri, eguaglianza e giustizia?», si legge nella presentazione dell’evento. «Ecco, allora, la decisione di imbarcarsi e partire verso Lampedusa, cristiani e musulmani, per un viaggio verso e attraverso la cittadinanza. Un percorso insieme, di conoscenza e scambio, tra onde alte e basse, fatto di ascolto e condivisione, silenzio, preghiera e contemplazione».
«Quella in viaggio verso Lampedusa è una barca con una meta e una direzione ben precisa: quella di chi crede che la dignità umana, la fratellanza e l’amicizia sociale siano alla base della cittadinanza e pilastri senza i quali risulterà impossibile per le nostre società, ovunque si trovino, affrontare le sfide a cui la globalizzazione ci confronta».
«La storia ha mostrato tanti tipi di viaggi e di imbarcazioni: molto spesso, purtroppo, barche che ritenevano di poter viaggiare meglio relegando i “diversi” in posizioni di inferiorità o gettandoli, non di rado, fuori coperta. È quello che capita ancora oggi in molte parti del mondo e nello stesso Mediterraneo in cui si infrangono i sogni di cittadinanza di migliaia di persone. (…) Il mondo intero ha sperimentato gli orrori prodotti dalle “cittadinanze millenaristiche” dei totalitarismi. Per evitare che questo male potesse ritornare, i diritti umani del secondo dopoguerra hanno promesso un’altra cittadinanza, una cittadinanza attiva che, a partire dai luoghi in cui uomini e donne svolgono la loro personalità (lavoro, scuola, comunità civiche e religiose), si fondi sul rispetto delle istanze fondamentali della persona, sulla sua uguale e irripetibile dignità e sulla incoercibilità della sua libertà di coscienza e di religione. In tutto il contesto Mediterraneo le Costituzioni; la riflessione religiosa; l’impegno di tante donne e uomini nella società civile spingono verso la medesima direzione storie in origine avviate su percorsi diversi».
Anche la scelta della barca ha un riferimento preciso: l’enciclica Fratelli tutti, dove il papa – richiamando la sua omelia durante la preghiera solitaria in Piazza San Pietro – scrive: la crisi dovuta alla pandemia «ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca».
Dunque, ecco il titolo: «Sulla stessa barca. Viaggio verso una cittadinanza condivisa». La nave verso Lampedusa «vuole rappresentare una profezia in cammino, l’impegno per la costruzione di una comune cittadinanza in cui i cittadini-fedeli siano, con piena dignità, parte attiva, nella dimostrazione che, proprio a partire dal Mediterraneo, è possibile “essere sulla stessa barca” e restarci, imparando a condividere il tempo e le regole e le risorse di e per tutti, crescendo nella conoscenza e nel rispetto delle identità in una sempre più profonda e ricca contemplazione del mistero della persona umana, al di là delle appartenenze, ma allo stesso tempo, a partire dalle appartenenze».
L’evento
Il programma prevede due intense sessioni di lavoro (con relazioni, testimonianze e workshop) durante le due tratte del viaggio (andata e ritorno), e una lettura stazionale del libro di Giona – attraverso brani biblici e coranici – durante la permanenza sull’isola (25 giugno). Presente nella Bibbia, nell’Antico Testamento, e ripreso nel Nuovo Testamento, Giona ha infatti un’eco significativa anche nel Corano, dove, oltre a Yūnus, è chiamato «quello del pesce»: una sura, la n. 10, porta il suo nome, e alla sua storia alludono alcuni passi (Corano 10,96-98; 21,87-88; 37,139- 148; 68,48-50). Sarà una sorta di icona del viaggio, da cui si attendono spunti di confronto e preghiera.
I nove workshop, tutti moderati da una coppia di coordinatori (cristiano e musulmano), toccheranno temi capaci di arricchire l’idea di cittadinanza in una società complessa, multiculturale e multireligiosa, come: «Cittadini e fedeli in luoghi difficili: l’esperienza degli ospedali e delle carceri», «I matrimoni tra cristiani e musulmani», «Essere cittadini e fedeli nei luoghi di lavoro», «La libertà religiosa nella post-modernità», «Parrocchie e moschee: quali rapporti?»; «Uomini e donne: la difficile gestione del “genere” tra cristiani e musulmani». Inevitabile, per tante ragioni, anche un riferimento al tema «guerra, pace e non violenza» nelle due tradizioni religiose.
L’incontro nazionale islamo-cattolico nasce per consolidare la conoscenza tra chi lavora per il dialogo su uno stesso territorio e per offrire un’occasione di incontro tra chi vive lo stesso impegno in territori diversi. La giornata di amicizia islamo-cattolica è dunque pensata per i referenti regionali islam e i referenti nazionali delle realtà ecclesiali dell’UNEDI, i delegati delle comunità musulmane e i referenti giovanili di entrambe le realtà.