Dal 7 al 9 ottobre si è tenuto a Camaldoli (AR) il Convegno delle delegate e dei delegati diocesani e delle realtà di impegno ecclesiale. L’iniziativa si colloca a un anno di distanza dall’istituzione dell’Osservatorio Permanente UNEDI, avvenuta nel settembre 2021 tra Roma e Assisi.
La Chiesa è sinodo
Il card. M. Grech ha aperto la tre giorni imprimendo gli impulsi dell’attuale cammino sinodale della Chiesa cattolica. Il sessantesimo dell’apertura del Concilio Vaticano II non poteva non essere richiamato sin dalle prime battute e non solo per onorarne la commemorazione, bensì per coglierne il forte legame che esso ha con l’opera generosa di quanti sono coinvolti negli uffici diocesani o movimenti.
«La Chiesa è sinodo» – ripetono con lui, quasi a memoria, i presenti –, ma non possiamo dimenticare – ha però ricordato il Segretario generale del Sinodo dei vescovi – che essa ha anche un’«ampiezza» che valica i suoi confini visibili; è ricca di molteplici carismi e ministeri che lo Spirito di Cristo elargisce tra il popolo di Dio, ma lo sarebbe ancor di più se seguisse la logica trinitaria dello «scambio dei doni»; è luogo dove si scopre che si cresce solo «insieme»: mai senza il veramente «altro».
I delegati sembravano condividere i criteri da lui proposti per un efficace dialogo: 1) non avere fretta; 2) superare la logica del confronto per collocarsi nell’esperienza della «conversazione spirituale»; 3) discernere senza cadere in forme di democratismo; 4) non fuggire davanti al conflitto in nome di un falso irenismo; 5) fedeltà alla propria coscienza e alla verità; 6) umiltà e disponibilità a ubbidire. Non sorprende, quindi, che più di qualche relatore abbia ripetuto: «Qui a Camaldoli siamo in sinodo».
È stato questo il motivo per cui la giornata di sabato è stata interamente riservata alla «conversazione spirituale» in piccoli gruppi. Dalla condivisione delle esperienze a livello diocesano e interdiocesano, si è giunti così a una sintesi da «restituire» (nuovo verbo-chiave del processo sinodale!) all’intera assemblea. Il gruppo di lavoro dell’Osservatorio UNEDI ha poi offerto quanto è emerso dalle sintesi come nuovo punto di ripartenza.
Un impegno da valorizzare
È una storia ancora aperta a ulteriori sviluppi quella del dialogo in Italia. Impressiona il numero di persone coinvolte nelle Chiese in Italia che si dedicano con tanta passione a questa causa. Bastava però aprire un qualsiasi quotidiano per rendersi conto che il contesto sociale e politico non avrebbe loro offerto molta attenzione in questo tempo così pieno di armi.
Eppure l’invito ad ascoltare tutti, non solo «i nostri», è una scelta di fede, è la scommessa di sperimentare quanto lo Spirito sia all’opera nel cuore di ogni persona che ci passa accanto – ha sottolineato il vescovo D. Olivero, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI. D’altronde, le parole scelte come leitmotiv del Convegno lo ribadivano con forza: «Vi precede in Galilea, là lo vedrete» (Mt 28,7).
Il dialogo resta un impegno da valorizzare negli ambienti ecclesiali, non una celebrazione dettata dal calendario. La «tradizione» del dialogo nella Chiesa ha una storia purtroppo breve per essere richiamata in questo cambiamento d’epoca. Nondimeno continuiamo a considerarlo «un segno dei tempi» – come già Giovanni XXIII e Paolo VI.
All’ombra delle Commissioni preparatorie del Concilio, quanti incontri informali si sono tenuti tra cattolici e protestanti, riformati, ebrei, musulmani, buddisti, induisti ecc., che hanno spinto la Chiesa a fare quel «balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione più viva delle coscienze»?
Educazione al dialogo
Anche l’ubicazione del Convegno sembrava suggerirlo: il monastero immerso nelle foreste del Casentino, teatro di molti risvegli e riscoperte: la storia millenaria del carisma camaldolese; la riscoperta della Bibbia con Benedetto Calati; la passione per la liturgia con Cipriano Vagaggini; l’attenzione alla cultura e alla formazione della FUCI; le settimane teologiche dell’ATI; l’esperienza dei colloqui ebraico-cristiani a partire dal 1980.
La presenza della presidente per l’Europa del Consiglio Ecumenico delle Chiese e moderatrice della Commissione Fede e Costituzione, Susan Durber, ha fatto il resto. L’intensa conversazione con lei ha dato occasione ai presenti di cogliere alcuni aspetti sapienziali emersi nell’ultima Assemblea Mondiale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC-WCC) vissuta a Karlsruhe nel settembre scorso. A lei si sono avvicendati il sottosegretario del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e il segretario del Dicastero per il Dialogo Interreligioso.
Viene, infine, da chiedersi: se dalla pandemia di Sars-CoV-2 abbiamo tutti imparato a difenderci con gli opportuni accorgimenti, perché non trovarne uno insieme contro il virus della «paura dell’altro»? Ci vuole tempo e cooperazione, ma è efficace su larga scala. Si chiama: «educazione al dialogo».