Nell’ottobre scorso è stato pubblicato il Rapporto investigativo redatto dalla Commissione indipendente di indagine sugli abusi avvenuti nel passato nella Chiesa di Inghilterra per opera del clero o di personale impiegato nei suoi diversi ambiti di presenza e opera, da un lato, e sulla validità ed efficacia delle misure preventive e di gestione degli abusi attualmente in vigore, dall’altro.
Si tratta di un rapporto corposo, che ha esaminato in particolare alcuni casi esemplari rispetto ai quali si è palesato nel passato o una prassi di occultamento o forme di intervento insufficienti e non all’altezza della situazione. Un’analisi approfondita, su questo sfondo, è dedicata anche alle misure adottate in merito (in ritardo, a partire dal 2013, rispetto alla legislazione del paese in materia di protezione dei minorenni e di persone vulnerabili – che ha iniziato a prendere corpo intorno agli anni ’90 del XX secolo).
Un primo spartiacque può essere individuato tra il 2012 e il 2013, con la visitazione dell’arcivescovo di Canterbury alla diocesi di Chichester nella quale si erano verificati una serie di abusi senza adeguata risposta istituzionale.
Un secondo spartiacque si profila tra il 2015 e il 2016, quando l’impegno finanziario e di investimento in personale specializzato conosce un notevole incremento, segno della consapevolezza di dover mettere mano a pratiche non solamente virtuose ma anche caratterizzate da professionalità specifiche e dalla formazione adeguata del personale ecclesiastico (assunto e volontario) in materia di protezione dei minori e prevenzione degli abusi nella Chiesa di Inghilterra.
Prevenzione e formazione del personale ecclesiale
Se nel 2015 la somma messa a disposizione da parte del Consiglio dell’arcivescovo ammontava a 450.000 €, già nel 2018 si era passati a 1.775.000 €. Il budget previsto per l’anno in corso (2020) arriva a 3.580.000 €. Nel frattempo si è sviluppato anche un programma di formazione, suddiviso in quattro livelli:
C0-consapevolezza elementare, suggerito per ogni persona le cui mansioni nella Chiesa richiedano un minimo di attenzione in materia di prevenzione degli abusi;
C1-corso base, obbligatorio per tutti coloro che entrano in contatto con bambini, giovani o adulti vulnerabili, e per le persone che hanno responsabilità in ambito di prevenzione;
C2-leadership, obbligatorio per tutto il personale con responsabilità dirette a livello di prevenzione o nel lavoro con bambini, giovani, adulti vulnerabili;
C3-corso per il clero e i ministri laici, obbligatorio per tutti coloro che svolgono un ministero ufficiale su mandato di un vescovo diocesano nella Chiesa di Inghilterra.
Un corso specifico è stato poi disegnato per coloro che devono diventare vescovi, con una frequentazione obbligatoria da concludersi in maniera positiva prima dell’ordinazione. Ogni tre anni sono previste sessioni di formazione permanente per coloro che hanno ottenuto il riconoscimento a uno dei quattro livelli.
Per quanto riguarda l’aspetto strutturale la Chiesa di Inghilterra si è dotata di un Comitato nazionale di prevenzione (composto da esperti esterni chiamati a offrire una consulenza strategica al Consiglio dell’arcivescovo e alla Camera dei vescovi), di un Gruppo guida nazionale per la prevenzione (composto da laici e membri del clero interni alla Chiesa di Inghilterra) e, infine, di un Team Nazionale di prevenzione per il quale sono previsti 18 posti a tempo pieno. A quest’ultimo è affidato un ruolo di supporto alle varie istituzioni ed enti ecclesiastici in materia di prassi, formazione e gestione della prevenzione e dei casi di abuso; elabora, inoltre, dei rapporti trimestrali sulla situazione a livello nazionale per il Consiglio dell’arcivescovo e per la Camera dei vescovi.
Ogni diocesi, poi, deve nominare un Consulente diocesano per la prevenzione con adeguate competenze ed esperienza nel campo; e anche nelle parrocchie deve essere presente un Responsabile per la prevenzione quale punto di riferimento per le attività nelle quali si entra in contatto con bambini, giovani e adulti vulnerabili.
Agire insieme senza un’istituzione centrale
La natura ecclesiologica della Chiesa di Inghilterra come comunione di comunità richiede una particolare attenzione nel calibrare i rapporti e le implementazioni delle pratiche generali tra le strutture nazionali e quelle locali. Attualmente si riscontra ancora una disomogeneità eccessiva tra diocesi e diocesi, con la richiesta ai vescovi di realizzare in maniera tendenzialmente uniforme le indicazioni e le politiche elaborate dai tre comitati nazionali.
Altre debolezze sistemiche a questo livello sono dovute alla forte mobilità del clero e dei ministri laici da una diocesi all’altra (importante ricordare che meno del 50% del clero è assunto dalla diocesi per cui svolge il ministero, e la percentuale si riduce ulteriormente per tutti i ministeri non ordinati); dalla difficoltà a determinare quando una persona attiva in ambito ecclesiale ricada sotto la definizione di personale ecclesiastico; l’indipendenza delle Cattedrali dal corpo e dalle istituzioni delle diocesi; il vasto numero di attività legate a una parrocchia o una diocesi (come cori, campi estivi, attività sportive o di formazione, e così via), con la necessità di inquadrarle debitamente e di vincolarle alle prassi preventive in vigore.
Aspetti legali e assicurativi
Capitolo a parte, ma di rilievo soprattutto per ciò che concerne la qualità delle relazioni fra la Chiesa di Inghilterra e le vittime di abusi, è quello che riguarda le citazioni in sede civile in caso di abusi e il rapporto con l’agenzia assicurativa Ecclesiastical Insurance Office (EIO, sostanzialmente un’impresa assicurativa indipendente, con una complessa struttura di partecipazioni e proprietà) che copre la gran parte delle polizze stipulate dalla Chiesa di Inghilterra. Se è vero che la «Chiesa e l’EIO collaborano in maniera stretta tra loro, è altrettanto vero che la Chiesa di Inghilterra non ha i titoli per determinare il modo in cui l’EIO dovrebbe trattare ogni singolo caso».
Nel passato questo ha comportato il fatto che l’EIO ha in più casi chiesto ai rappresentanti della Chiesa di Inghilterra, ai suoi vari livelli diocesani e parrocchiali, di non interagire in alcun modo con le persone che avanzavano cause civili contro di essa per casi di abuso – questo per evitare che tale contatto potesse poi venire utilizzato in tribunale da parte dei legali del ricorrente come un’ammissione di colpa.
Nel 2016 l’EIO ha rivisto completamente le sue linee guida per quello che riguarda la gestione legale delle denunce di abuso in sede civile che consigliano, tra l’altro, ai detentori delle polizze assicurative di «provvedere cura pastorale, consulenza e/o ogni altra forma di supporto disponibile verso le persone che hanno fatto ricorso civile». Per la Commissione di indagine, queste linee guida, «se effettivamente applicate, hanno il potenziale di rendere meno traumatico le procedure legali civili per le vittime e i sopravvissuti».
Il segreto confessionale
A partire da casi in cui il segreto confessionale è stato usato in maniera quasi perversa in relazione agli abusi di minorenni o adulti vulnerabili, nel 2014 la Chiesa di Inghilterra ha istituito un Gruppo di lavoro per indagare l’opportunità e la possibilità di una rottura del segreto confessionale con una conseguente comunicazione alle autorità pubbliche a cui compete l’indagine e il giudizio penale di abusi su minori, giovani e adulti vulnerabili.
Il documento Rispondere, valutare e gestire questioni di prevenzione o accuse contro personale ecclesiastico, pubblicato nel 2017, afferma che «tutti i sospetti, le preoccupazioni, conoscenze o accuse che raggiungono la soglia per cui è richiesto di riportarle alle autorità pubbliche, devono essere rese note mediante il Consulente diocesano per la prevenzione o il responsabile incaricato di un altro ente ecclesiale alle autorità preposte per legge. Questo verrà fatto senza riguardo dello status della persona coinvolta».
L’unica eccezione tuttora contemplata a questa prassi vincolante riguarda le informazioni ricevute che ricadono sotto il regime di segreto confessionale, in quanto queste ultime «sono soggette al dovere di assoluta confidenzialità». Il Report raccoglie il dibattito voltosi in questi anni intorno a tale questione, e analizza alcuni casi di uso improprio del segreto confessionale da parte di abusatori. Soprattutto sul versante delle associazioni delle vittime di abusi sono state sollevate preoccupazioni per il mantenimento del dovere del segreto confessionale da parte del clero, in quanto questo potrebbe avere come conseguenza che atti di abuso non vengano riportati alle autorità pubbliche inglesi.
Un Consulente diocesano per la prevenzione ha tuttavia annotato «che è raro per qualcuno ammettere di aver abusato minori durante la confessione». Non è poi chiaro «se la rottura del sigillo del segreto confessionale avrebbe fatto una qualche differenza per quanto riguarda la sicurezza di un particolare bambino». La giurisdizione inglese non contempla un diritto assoluto di confidenzialità o di informazione, ma ad oggi non vi sono stati casi recenti che hanno posto un prete nella condizione di dover rispondere o meno a domande che avrebbero comportato la rottura del segreto confessionale.
Il Gruppo di lavoro sul segreto confessionale, a cui è stato chiamato a far parte anche un rappresentante della Chiesa cattolica, ha riconosciuto che «ci sono stati preti che hanno approfittato o abusato della loro posizione per esercitare un potere di dominio sulle persone che si confessavano da loro, e in alcuni casi hanno gravemente abusato di coloro che avevano posto fiducia in loro».
Anche a prescindere da questi casi estremi, il Gruppo di lavoro ha affermato la «necessità di istituire un programma di formazione obbligatorio in ogni diocesi per tutto il clero per ciò che concerne la confessione, e che deve istituire la figura ufficiale di un referente quale punto di riferimento per la formazione, la supervisione e la consulenza in materia di prassi della confessione.
Nel 2019 la Camera dei vescovi ha deciso «di non essere a favore dell’introduzione di esenzioni qualificate dalla confidenzialità assoluta del segreto confessionale. Si preferisce mantenere il segreto confessionale nella sua forma attuale, riconoscendo però che tale ministero deve essere radicato in una buona e sana prassi pastorale». Quindi, a tuttora, per la Chiesa di Inghilterra «il dovere assoluto di confidenzialità rimane elemento del diritto canonico».
Il molto da fare
«La cultura interna della Chiesa di Inghilterra ha reso più facile il fatto che essa divenisse un luogo in cui gli abusatori potevano nascondersi. Un aspetto di tale cultura era quello del clericalismo, ossia del fatto che l’autorità morale del clero era largamente percepita come al di là di ogni possibile disapprovazione». Oggi bisogna riconoscere che «un cambio nella cultura della Chiesa è tuttora accompagnato dai suoi responsabili, ma per giungere a un cambiamento duraturo è necessario fare di più che delle affermazioni di principio corrette».
Si possono ancora registrare tensioni fra il personale preposto alla prevenzione e i vari responsabili ecclesiastici, che sono talvolta riottosi a seguire in maniera adeguata le indicazioni che vengono loro date. Delicata è la configurazione giuridica dei rapporti tra i Consulenti diocesani per la prevenzione e i vescovi, con un potere ancora eccessivo di questi ultimi che può arrivare a inficiare il lavoro svolto dai primi.
Il Rapporto sottolinea la necessità di far passare lo status da consulente a ufficiale vero e proprio: «riteniamo che i responsabili diocesani per la prevenzione, e non i vescovi, siano le persone più adatte per decidere se riferire un caso alle autorità pubbliche e per decidere quali azioni si debbano intraprendere dalla Chiesa per garantire la sicurezza dei bambini. I vescovi diocesani hanno un ruolo importante da svolgere, ma non dovrebbero tenere nelle loro mani la responsabilità operativa in materia di prevenzione e di gestione dei casi di abuso».
Si sottolinea poi l’importanza di decisioni e gesti simbolici da parte della Chiesa d’Inghilterra, dei vescovi, del clero, dei ministri e di tutto il personale ecclesiastico, in quanto essi possono avere un significato e un valore di notevole importanza per le vittime di abuso. In questo campo pastorale, di accompagnamento e supporto spirituale, di prossimità effettiva, di pratiche liturgiche, vi sono spazi ancora inesplorati che possono offrire un cammino non solo di riparazione ma anche di ricostruzione della fiducia da parte delle vittime nella Chiesa che le ha ferite e ha fatto loro violenza.