Chiesa greco-cattolica
I primi cristiani fanno la loro comparsa nel territorio dell’Ucraina nel corso delle prime missioni apostoliche nel I e II secolo. Si dice che sia stato l’apostolo Andrea a visitarne i territori, sia salito sulle colline di Kiev e abbia esclamato che il Signore voleva che fossero erette molte chiese sul posto. Gli slavi dell’Est adottano il cristianesimo e vi sono diversi vescovi. I greci, che abitano il Sud dell’Ucraina, seguono anch’essi il cristianesimo e vengono costruiti molti templi. Nel IV e V secolo le tribù slave si spargono nel territorio dell’Ucraina, particolarmente al di qua e al di là del fiume Dnieper. Kiev diventa il centro dell’evangelizzazione dei territori.
IX e X secolo: Secondo la testimonianza di Fozio, patriarca di Costantinopoli, e le cronache bizantine, il principe Askold di Kiev e il suo entourage vengono battezzati nell’860. È il tempo dei fratelli Cirillo e Metodio, chiamati gli “apostoli degli slavi”.
988: è la data che comunemente viene indicata come il passo decisivo per il futuro e l’identità della Chiesa nei territori dell’Ucraina. Ricorda il battesimo del principe Vladimir il Grande, che costruisce templi, fonda librerie e scuole. Kiev mantiene rapporti con la Sede di Roma e con la Chiesa latina. I suoi successori fanno altrettanto. Epoca d’oro per il cristianesimo viene definito anche il regno del figlio di Vladimir il Grande, Yaroslav il Saggio (1019-1054). Ha inizio la costruzione di grandi monasteri e di chiese e viene portata a termine la cattedrale di Santa Sofia. Vengono intensificati i rapporti diplomatici con molti paesi europei. Arrivano i mongoli nel 1240 e la Chiesa resta la sola solida istituzione sociale dell’antica Rus’. Nella disintegrazione mantiene l’entità etnica del popolo. Il suo ruolo è riconosciuto dovunque nei secoli successivi.
1596: L’Unione di Brest. Dopo lo scisma tra Roma e Costantinopoli, nel 1054, si sviluppa in Oriente un vasto movimento di ritorno alla Chiesa di Roma. Varie comunità cristiane ortodosse decidono di riprendere i contatti con la Sede apostolica, pur mantenendo la propria specifica tradizione orientale in campo sia liturgico, sia canonico, sia disciplinare. Nel 1439 si arriva alla cosiddetta “Unione di Firenze”, che però non viene accolta dal principe di Mosca Vasilij II. Verso la fine del 1500, la Chiesa ortodossa ucraina di Kiev, la madre dell’ortodossia russa, vive un periodo di grave crisi anche a motivo della penetrazione della Riforma protestante. Alcuni vescovi premono per far ritorno alla Sede di Roma. Vi sono senza dubbio anche motivazioni di ordine politico e forti pressioni da parte del mondo occidentale. A Brest (Bielorussia) si riunisce un sinodo della Metropolia ortodossa, che chiede l’unione con Roma, promulgata da papa Clemente VIII il 23 dicembre 1595. L’anno dopo, un sinodo ratifica l’Unione (1596). Continua peraltro ad esistere nel frattempo accanto alla Chiesa, che prende il nome di Chiesa greco-cattolica, anche la Chiesa ortodossa ucraina.
1596-1808. L’impero zarista combatte la Chiesa unita a Roma, la greco-cattolica, soprattutto la “zarina” Caterina II (1762-1796), che sopprime tutte le diocesi greco-cattoliche, ad eccezione di una. Nella spartizione della Polonia del 1795 tra Russia, Austria e Prussia, la Chiesa greco-cattolica gode di spazi di libertà in Galizia. Nel 1808 viene restaurata la sede metropolitana della Galizia.
1865-1944. Emerge con prepotenza la figura del metropolita Andrey Sheptysky, che porta la Chiesa greco-cattolica ad un alto livello di influenza. Nato in una famiglia ucraina, si forma nel clima di studi dell’Impero austro-ungarico. Studia legge a Cracovia e a Leopoli. Entra nel monastero dei basiliani, continua i suoi studi di teologia nel seminario di Cracovia e nel 1899 viene nominato vescovo nell’Eparchia di Stanislav e nel 1890 diventa metropolita della Galizia. È un uomo molto colto, appassionato di arte, fonda molte scuole. Si deve a lui la fondazione del Museo nazionale ucraino, che può godere della più ampia collezione di icone in Europa. Egli stesso fa dono della collezione privata di 10.000 oggetti d’arte. È un ardente attivista politico. Membro del Parlamento austriaco e del Parlamento della Galizia (Sejm), si batte per i diritti dei galiziani. Viene imprigionato durante l’occupazione russa della Galizia (1914-1917) e nel periodo post bellico si batte per il riconoscimento dei diritti degli ucraini nella nuova Polonia. Nel 1928 fonda l’Accademia teologica di Leopoli e si prodiga per la riunificazione delle Chiese in contatto con i pionieri del movimento ecumenico di allora, soprattutto con il cardinale belga Désiré-Joseph Mercier. Con uno spirito ecumenico impensabile in quegli anni, introduce una serie di riforme nella Chiesa greco-cattolica. Apre agli ebrei, ne salva molti dall’Olocausto, rischiando la propria vita. In una lettera a papa Pio XII condanna l’ideologia nazista e difende il popolo ebraico. Muore il 1° novembre 1944 ed è sepolto nella cattedrale di Leopoli.
1946: Lo pseudo concilio di Leopoli. Nel 1939 la Galizia, dove la Chiesa greco-cattolica è fiorente, viene annessa all’Unione Sovietica (URSS). Nel 1946, a Leopoli, si tiene il famoso “conciliabolo”, che dichiara nulle le decisioni del Sinodo di Brest con lo scopo di far ritornare alla Chiesa ortodossa russa le comunità passate al cattolicesimo. Non è di fatto un concilio “canonico”, perché non vi partecipa nessun vescovo e solo un sesto dei 1.270 sacerdoti. In soli tre ani, dal ‘46 al ‘49, si attua la soppressione completa della Chiesa greco-cattolica sul territorio dell’impero sovietico. Parte del clero ritorna all’ortodossia russa, parte viene imprigionata e parte entra nella clandestinità. Tutte le chiese dei greco-cattolici, circa 3.000, vengono date alla Chiesa ortodossa russa.
1892-1984: Josyf Slipyj. È una delle figure più eminenti della Chiesa greco-cattolica. Studia nel seminario teologico di Leopoli, viene mandato all’Università di Innsbruck, dove approfondisce la dogmatica. Ritornato in Galizia, fa il docente. Parla bene, oltre che il latino e il greco, il tedesco, il polacco, il francese, l’inglese e l’italiano. Diventa rettore del seminario di Leopoli e più tardi dell’Accademia teologica. Pio XII lo nomina vescovo nel dicembre del 1939. Dopo l’occupazione dell’Armata rossa e la morte di Sheptysky, si trova ad essere il capo della Chiesa greco-cattolica, ma l’11 aprile del 1945 viene arrestato. Si fanno pressioni perché abbracci l’ortodossia russa, ma non cede. Un tribunale militare lo condanna per alto tradimento a otto anni di lavori forzati nei gulag. Passa 18 anni nelle carceri sovietiche, nei gulag e in esilio a Maklakovo. Scrive molte lettere ai fedeli della Chiesa perseguitata e protesta presso le alte autorità sovietiche. Viene di nuovo arrestato nel 1958 e rilasciato il 4 febbraio 1963. Prima di partire per Roma, consacra clandestinamente il rev. Velychkovsky nell’Hotel Mosca. A Roma resta dal 1963 fino al 1984 con il titolo di metropolita, cardinale, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica. Si batte perché alla Chiesa greco-cattolica sia riconosciuta la dignità di “patriarcato”, ma senza successo. Muore alcuni anni prima della legalizzazione della Chiesa greco-cattolica in Ucraina. È sepolto nella cattedrale di Leopoli.
1946-1989: la Chiesa greco-cattolica nella clandestinità. Benché la struttura visibile sia scomparsa con gli arresti dei vescovi, la Chiesa greco-cattolica continua in condizioni di persecuzione. Le consacrazioni episcopali avvengono nella clandestinità più stretta. Sono una quindicina i vescovi consacrati segretamente. Nel 1945-46 il KGB (polizia segreta) condanna 800 preti da 10 a 25 anni di carcere. Stessa sorte per religiosi, suore, laici. Nella clandestinità si tengono, nelle case private, liturgie e incontri di catechesi, si battezzano i bambini, si celebrano le nozze. Quasi sempre di notte. Così pure nei campi dei lavori forzati si continua a praticare segretamente. Vengono distrutti i monasteri e arrestati monaci e suore. Chi riesce, vive in comunità molte piccole, di 3-4 persone per non dare all’occhio. I laici molto spesso sostituiscono vescovi e preti nella trasmissione della fede, mettendo a disposizione con molti rischi le loro case o cantine. Nella clandestinità sorgono vocazioni e ci si prepara all’ordinazione studiando di notte – dopo ore ed ore di lavoro per lo più nell’industria e nelle fabbriche – su quaderni scritti a mano, sotto la guida di sacerdoti che sfuggono al controllo della polizia. Uno studio di sei anni.
1989: Il risveglio della Chiesa greco-cattolica. La legalizzazione – sono i tempi di Michail Gorbačëv – avviene il 4 agosto 1987, dopo un’intensa campagna per il rispetto dei diritti umani condotta da un Comitato, guidato dal prigioniero politico Ivan Hel. Vengono raccolte, nel 1988-89, 120 mila firme. I fedeli escono dalla clandestinità e nel luglio 1988, anniversario del battesimo della Rus’, è un’esplosione. Nel maggio 1989, a Leopoli, le celebrazioni sono imponenti e così nelle altre città e villaggi dell’Ucraina. Il 1° dicembre 1989 avviene l’incontro di Giovanni Paolo II con Gorbačëv. Nel gennaio 1990 si tiene un “concilio” a Leopoli, al quale partecipano numerosi vescovi e più di 200 preti giunti da tutta l’Ucraina. Nel giugno 1990 Giovanni Paolo incontra i vescovi clandestini della Chiesa greco-cattolica. Nel marzo 1991 Myroslav Ljubačivs’kyj chiude ufficialmente il tormentato e drammatico periodo della clandestinità. La Chiesa greco-cattolica viene legalizzata.
2001: Il viaggio del papa Giovanni Paolo II. Dal 23 al 27 giugno il papa compie un viaggio apostolico in Ucraina. Si reca nella capitale Kiev e a Leopoli. Svolge quattro temi: le radici cristiane ed europee della nazione ucraina, il martirio patito nel XX secolo in odio alla fede cristiana, la responsabilità dei credenti nell’edificazione della nuova società democratica e il ruolo del paese nel contesto europeo. Chiama Kiev «culla della cultura cristiana di tutto l’Oriente europeo». Rassicura gli ortodossi contrari alla sua visita, si felicita per l’indipendenza riconquistata, accenna a periodi tristi di lotte e contrapposizioni tra le Chiese. I vescovi, il 24 giugno, vengono esortati a superare ogni tentazione di divisione e di contrasto, a curare la comunione con i presbiteri e ad impartire un’adeguata e aggiornata catechesi. Beatifica 28 persone martiri: vescovi, preti, monaci e monache e un laico, e fa un esplicito riferimento alla persecuzione e all’uccisione di cristiani di altre confessioni. Prima di lasciare l’Ucraina, si dichiara favorevole al suo inserimento, a pieno titolo, in un’Europa che abbracci l’intero continente dall’Atlantico agli Urali.
2005: Il ritorno a Kiev. È il 21 agosto. L’arcivescovo maggiore, Lubomyr Husar, celebra solennemente il ritorno della Sede metropolitana a Kiev. Dal 1596 – concilio di Brest – al 2005 è durato il tempo della separazione. La Sede è lungo la sponda del fiume Dnieper e la cattedrale è dedicata alla Risurrezione di Cristo. I lavori sono ancora in corso. Per la solennità della Pasqua – 1° maggio – sono accorse migliaia e migliaia di fedeli.
2016. È l’oggi della Chiesa greco- cattolica, che conta nel mondo circa 6.5 milioni di fedeli. Il nuovo arcivescovo maggiore, dopo Husar (2011), è sua beatitudine Sviatoslav Ševčuk, nato a Stryi (Leopoli) nel 1970. Studi a Buenos Aires e poi nel seminario teologico di Leopoli (1992-1994). Quindi a Roma fino al 1999. È vice decano della Facoltà teologica dell’Accademia di Leopoli nel 2001. Segretario di Husar dal 2002 al 2005; dal 2007 rettore del seminario Santo Spirito di Leopoli. Nel 2009 viene nominato vescovo ausiliare dell’Eparchia di Buenos Aires, di cui, un anno dopo, diventa amministratore. Parla molte lingue, è cortese e gioviale, sa districarsi nel labirinto delle vicende che caratterizzano l’Ucraina di oggi.
Chiesa di rito latino
Si dice che fossero all’incirca 900.000 i cattolici di rito latino in Ucraina quando il regime comunista fu travolto dagli eventi e scomparve l’Unione Sovietica. Dovette affrontare non pochi problemi la Chiesa latina. Tra i più importanti: l’assistenza religiosa alle comunità cattoliche dopo l’approvazione della legge sulla libertà di culto; la traduzione dei testi liturgici in ucraino per non continuare ad equiparare la Chiesa latina in Ucraina alla Chiesa polacca; la formazione del clero che avveniva in un unico seminario con pochi educatori preparati e professori capaci; il vasto campo dell’evangelizzazione e della catechesi con la pubblicazione dei catechismi in ucraino.
I fedeli, durante il ferreo regime sovietico, avevano conservato gli elementi essenziali della fede cattolica, trasmessa oralmente per lo più in famiglia. Era poi urgente riavere i luoghi di culto e le residenze dei sacerdoti. Vescovi, preti, religiosi e religiose conducevano una vita poverissima e abitavano in locali del tutto inadeguati.
I vescovi non si nascondevano le difficoltà. Costituivano un problema notevole i rapporti non certo facili tra le due Chiese cattoliche: quella di rito latino e quella di rito greco-cattolico. Intervenne il card. Ljubačivs’kyj, arcivescovo maggiore della Chiesa greco- cattolica: «La violenza non ha posto tra i cristiani e certamente non tra le Chiese. Senza riserve, esortiamo il nostro gregge e tutti i cristiani a evitare non solo la violenza, sia fisica sia verbale, ma anche tutto quello che potrebbe condurre a disprezzare gli altri cristiani e contro testimonianze, ignorando del tutto l’opera di salvezza che è riconciliazione in Cristo».
La Chiesa cattolica di rito latino comprende l’arcidiocesi metropolitana di Leopoli nell’Ucraina occidentale e sei diocesi suffraganee, con un totale di oltre 600.000 fedeli e circa 800 parrocchie. Presidente della Conferenza episcopale è mons. Mieczysław Mokrzycki. Nunzio apostolico con sede a Kiev è mons. Claudio Gugerotti, molto esperto in ecclesiologia orientale, già nunzio nel Caucaso e in Bielorussia.
Chiesa ortodossa – Patriarcato di Kiev
Nel giugno 1992 viene eretto il Patriarcato della Chiesa ortodossa ucraina. Protagonista è Filarete Denysenko (1929) in contrasto con Mosca. È una personalità di spicco all’interno dell’ortodossia russa. Nel 1988, in occasione del millennio del battesimo della Rus’, tiene al concilio locale della Chiesa ortodossa russa una delle relazioni fondamentali. Metropolita di Kiev e della Galizia, esarca patriarcale dell’Ucraina, viene considerato il favorito alla successione al patriarca Pimen. Viene bocciato dal sinodo, che gli preferisce Alessio. Alla morte dell’ucraino Vladymir, nel 1995, il sinodo ucraino lo elegge patriarca di Kiev e di tutta la Rus’. Per Mosca è scismatico e scomunicato.
Dal battesimo del principe Vladymir (988) fino al 1589, la Chiesa di Kiev apparteneva al Patriarcato di Costantinopoli. Nel 1686 la Metropolia di Kiev viene unita al Patriarcato di Mosca. Costantinopoli non accetta l’unione e considera Kiev suo territorio canonico. Mosca invece considera la Metropolia di Kiev suo territorio canonico perché vi ha esercitato la sua giurisdizione per 300 anni. Filarete è d’accordo con Costantinopoli, che chiede l’unione delle tre Chiese ortodosse ucraine in una sola Chiesa ortodossa. «L’unione – sostiene Filarete – aiuterebbe a risolvere il problema dell’autocefalia della Chiesa ucraina, che non è riconosciuta dalle altre Chiese ortodosse». Cosa ancora impossibile, perché Mosca non dà l’assenso alla sua Metropolia di Kiev di unirsi alle altre due. Mosca continua ad avere una posizione rigida e intransigente. In realtà rimane per ora un’unica possibilità: mettere insieme il Patriarcato di Kiev di Filarete e la Chiesa autocefala di Macario. Entrambe continuano ad incontrarsi. Hanno sottoscritto un “accordo” che le impegna a proseguire nel processo di unione. Mosca mostra i denti perché ne vede la possibilità.
I dati ci vengono forniti dallo stesso Filarete: il 19% dei fedeli dice di appartenere al Patriarcato di Kiev; solo l’8,5% al Patriarcato di Mosca; l’1,2% alla Chiesa autocefala. Un’indagine assegna al Patriarcato di Kiev il 32,9%, al Patriarcato di Mosca il 9,8%, alla Chiesa autocefala l’1%. Ma i problemi sorgono quando si affronta la questione dei luoghi di culto, che non sono sufficienti per i fedeli del Patriarcato di Kiev. Mosca, anche dopo l’indipendenza, ha trattenuto per sé le chiese che aveva, per cui i fedeli del Patriarcato di Kiev sono costretti a frequentare le chiese del Patriarcato di Mosca.
La classe intellettuale ucraina sostiene il Patriarcato di Kiev, così pure i partiti democratici. I partiti ex comunisti invece sostengono Mosca e così pure gli uomini d’affari.
Filarete si sente il patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ mancato. Le sue parole: «Dopo la morte del patriarca Pimen ero io il capo della Chiesa ortodossa russa. Tra la morte di Pimen e l’elezione di Alessio ero io il capo della Chiesa. Per questo ero il candidato alla successione». E riguardo alla scomunica comminatagli dal Patriarcato di Mosca dice: «Non accetto la legittimità della scomunica, perché non sono mai stato sottoposto a regolare processo. È una condanna senza fondamento. Prima del giudizio di condanna, avrebbero dovuto darmi la possibilità di difendermi dalle accuse. E questo non è avvenuto».
Chiesa ortodossa – Patriarcato di Mosca
È una Chiesa ortodossa autonoma in Ucraina, sotto la giurisdizione ecclesiastica del Patriarcato di Mosca ed è l’unica ad avere il proprio status canonico riconosciuto da tutta l’ortodossia orientale. Il 5 luglio 2014 è morto il metropolita Vladymir (Viktor Sabodan). È toccato a lui gestire la delicata visita di Giovanni Paolo II nel giugno 2001. Questa Chiesa non la voleva proprio e ha fatto di tutto per opporvisi. Il vescovo Mistrofan era in quel tempo il braccio destro del metropolita. «Questa visita non contribuisce a portare la pace tra le Chiese». Il Santo sinodo aveva fatto pervenire al pontefice una lunga lettera molto chiara e perentoria: la visita non s’ha da fare! Si temevano manifestazioni di piazza contro il papa di Roma. Ma la Chiesa del Patriarcato di Mosca ce l’aveva anche con il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, accusato di proteggere il patriarca Filarete, scomunicato. «Nella famiglia delle Chiese ortodosse è il primus inter pares, non ha alcun giurisdizione sui nostri territori e non deve immischiarsi nei nostri affari». Preso di mira continuava ad essere il patriarca Filarete, sospeso a divinis. «Filarete non è a capo di una Chiesa ortodossa canonica, non è riconosciuto dalle Chiese ortodosse canoniche. È uno pseudo-patriarca che appoggia la visita del papa. È un uomo molto ambizioso e ha le sue mire personali. È così ambizioso che vuole far leva spudoratamente sia sull’autorità del papa sia su quella di Costantinopoli per far emergere la sua posizione: essere il capo di tutta l’ortodossia in Ucraina».
A succedere a Vladymir è stato chiamato Onufry Berezovsky. Monaco come il predecessore, ma con le idee molto diverse in riferimento al dialogo con la Chiesa ucraina Patriarcato di Kiev di Filarete. Pronta la reazione di Filarete alla notizia dell’elezione: «La scelta di questo metropolita dimostra che la maggioranza dei vescovi del Patriarcato di Mosca sono seguaci della dottrina aggressiva del “mondo russo”, che è stata la base ideologica dell’aggressione del Cremlino contro l’Ucraina, dell’occupazione della Crimea e del terrore nel Donbas».
Si allontana sempre più il progetto di costituire in Ucraina un’unica Chiesa ortodossa. Vorrebbe dire rompere i ponti con Mosca. Cosa per il momento irrealizzabile. E chissà per quanto.
Chiesa ortodossa autocefala
1905: il regime zarista concede libertà di parola anche ai gruppi minori, ma non alla Chiesa. Si sviluppa al suo interno un movimento per la libertà, soprattutto per la libertà della Chiesa in Ucraina, dove i vescovi e i preti sono molto più numerosi che in Russia. Nasce e si sviluppa un movimento per l’autocefalia, l’indipendenza, la libertà della Chiesa, la separazione della Chiesa dallo Stato. Si cerca di avvicinare la Chiesa alla gente. L’Ucraina prende la decisione di formarsi un clero proprio e una gerarchia autonoma. I vescovi ucraini procedono all’ordinazione dei preti, chiamati comunemente «autocefali». La Chiesa russa li condanna e negli anni ’20 definisce «non canonica» la Chiesa ucraina autocefala. Ha invece grande influenza sul popolo e si oppone al comunismo, cosa che non fa la Chiesa russa di Mosca. Con il patriarca Sergio, nel 1943, capitola di fronte al regime. La Chiesa autocefala subisce una feroce e spietata persecuzione.
Anni ’40: la Chiesa autocefala ucraina riemerge con una certa vitalità durante l’occupazione tedesca. Poi con l’avvento dei comunisti viene soppressa con la forza e annessa alla Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca.
1989-1993: rinasce ad opera del sacerdote Volodymir Yarema e del vescovo emerito di Zitomir, Ivan Bondarchuk. Caduto il regime comunista, l’Ucraina diventa indipendente (1991). La Chiesa ortodossa autocefala non ha gerarchia e ricorre alla guida del patriarca Mstislav, già primate della Chiesa ortodossa ucraina negli Stati Uniti. Questi abbandona la giurisdizione e diventa patriarca della nuova Chiesa. Nessuna Chiesa ortodossa autocefala locale approva il suo atto. Mosca riconosce un certo grado di autonomia ai suoi fedeli in Ucraina prima con lo statuto di esarcato, poi di Chiesa autonoma. Il presidente dell’Ucraina, Leonid Kučma, auspica la formazione di una Chiesa ortodossa ucraina unita. Nel giugno 1993 Mstislav muore e il 7 settembre si tiene il sinodo, che elegge patriarca Demetrio (Yarema) di Leopoli, che viene accettato anche dalla Chiesa autocefala della diaspora.
1994-2000: agli inizi dell’indipendenza dell’Ucraina, il governo appoggia la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Kiev, poi dal 1994, quando diventa presidente Kučma, l’attenzione si sposta verso il Patriarcato di Mosca, tanto che il governo non intende neppure registrare la Chiesa ortodossa ucraina autocefala. Il motivo è che il patriarca Demetrio non è facilmente controllabile: è una persona totalmente libera. Demetrio, prima di morire nel 2000, lascia intendere che, dopo la sua morte, vorrebbe non venisse eletto un successore, ma che la Chiesa autocefala ucraina si unisse alla Chiesa autocefala americana, con a capo il metropolita Costantin.
2000-2016: Costantin indice una riunione, alla quale partecipano anche delegati e osservatori delle altre Chiese ucraine. Metodio viene eletto «metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina», senza assumere il titolo di patriarca. La Chiesa autocefala ucraina conosce al suo interno non pochi contrasti e divisioni, a motivo soprattutto dell’unione al Patriarcato di Kiev nel 1992, alla quale ha aderito una parte dei fedeli. Continua ad auspicare l’unione di tutte le Chiese ortodosse ucraine, come vuole il Patriarcato di Costantinopoli, ma vi sono serie difficoltà. Vi è di mezzo il Patriarcato di Kiev con a capo Filarete, eletto nel sinodo del 1995, che andrebbe liquidato, perché ritenuto un uomo della nomenclatura sovietica, un collaboratore della polizia segreta (KGB). Il numero dei fedeli intanto diminuisce continuamente. Le comunità sono circa 250.
Mi chiamo Gianni Viola e sono ricercatore scientifico. Sono molto interessato a quanto espresso dalla signora Olga Maria. Pertanto avrei piacere di contattarla. Ringrazio e saluto cordialmente. Questa è la mia email: interkosmos@alice.it.
Il regime comunista non esisteva, il regime era democrazia socialista. Comunismo non esisteva e non può esistere perchè le sue teorie fino ad oggi non sono completate. L’Ucraina era il paese ideatore e fondatore dell’Unione Consigliare perciò era paese co ideatore delle ingiustizie e persecuzioni (se esistevano veramente, la gente che viveva in quegli anni non sapeva niente di ingiustizie e persecuzioni), essendo fondatore e ideatore di tutte le politiche l”Ucraina è paese-carnefice e non vittima.
L’Ucraina era il paese ideatore e fondatore dell ‘Unione Consiliare (sovetica si traduce e significa appunto Consiliare) insieme ad altri 5 paesi, parlare dell’indipendenza di un paese fondatore è incoerente. Quando gli stati Baltici affermano che sarebbero stati occupati dall’ Urcs ciò significa che sono stati occupati dall’Ucraina e dagli altri paesi fondatori. Studiare un pò prima di scrivere articoli non farebbe male.
Gli slavi sono stati avvistati per la prima volta nel 4-5 secolo. Nel 1-2 secolo il territorio non era popolato ma vi erano popoli migranti Sciti. Affermazione sull’ apostolo Andrea non ha alcun fondamento, è una diceria non confermata da alcun documento storico del 1-mo secolo. C’è da aggiungere che Istanbul/Costantinopoli non esisteva ai tempi apostolici e non si indica nella Bibbia, dell’evangelizzazione della località/borghetto Bisanzio si deve sottolineare che non è noto chi ha effettuato la cristianizzazione e quando, tutte le affermazioni sono leggende e fiabe incerte. I testi sui temi storici che riguardano ortodossia vanno scritti con massima accuratezza perchè vengono usati da fanatici-estremisti e fanno danni.