Il 24 dicembre il sinodo della Chiesa di Cipro ha eletto il nuovo arcivescovo: il metropolita Giorgio di Pafos. Dei 16 sinodali, 11 gli hanno dato il voto. Quattro hanno votato Atanasio di Limassol, una scheda bianca.
È il 95° successore di una Chiesa, fondata da Paolo e Barnaba, riconosciuta al concilio di Efeso nel 431 e resa autonoma in quello di Trullo nel 692. Filo-occidentale, ecumenico, convinto sostenitore della Chiesa autocefala in Ucraina, disponibile al rinnovamento della pastorale in un contesto progressivamente secolarizzato, Giorgio di Pafos condivide con l’intero sinodo la volontà della riunificazione dell’isola per ora, in parte, occupata dalle truppe e dal potere turco.
Laureato in chimica e poi in teologia, fu arrestato e maltrattato dalle truppe turche. Il suo caso arrivò al Consiglio d’Europa che condannò la Turchia per violazione dei diritti umani. Il suo predecessore, Crisostomo, morto l’11 novembre, lo aveva auspicato come successore. Era stato di fatto il suo “ministro degli esteri” sia all’interno dell’Ortodossia (in particolare nella preparazione del concilio di Creta nel 2016), sia nel dialogo con la Chiesa cattolica e le Chiese luterane e protestanti.
Ha rappresentato la sua Chiesa nelle conferenze pan-ortodosse e nelle celebrazioni del 1025 anniversario della Chiesa russa nel 2013. Al sinodo che lo ha eletto ha proposto una griglia di 11 punti per il rinnovamento della pastorale, fra cui la riapertura di un’emittente televisiva e radiofonica.
Immediatamente appoggiato dal governo, ha ricevuto calorosi saluti da Bartolomeo di Costantinopoli, dal patriarca di Alessandria e dal primate di Atene. I consensi ottenuti disegnano la geografia ecclesiastica e politica nell’attuale spaccatura dell’Ortodossia sulla questione ucraina.
Giorgio di Pafos e Atanasio di Limassol
Il suo competitore nell’elezione, il metropolita Atanasio di Limassol, illumina l’altra faccia della Chiesa di Cipro. È il classico “frutto” del Monte Athos dove ha ottenuto il più alto riconoscimento nella scala dell’ascetismo atonista. Monaco a Vatopedi, è stato per un anno “governatore” della penisola per diventare, a 39 anni, vescovo a Limassol.
Prolifico scrittore spirituale, si è apposto fieramente alla decisione di Crisostomo di riconoscere l’autocefalia ucraina e, pur ammettendo recentemente di dover rispettare la decisione sinodale che confermava la scelta dell’arcivescovo Crisostomo, non ha mai smentito la sua posizione.
A Mosca, dove speravano nella sua elezione, è molto stimato e tradotto. Persegue un rinnovamento spirituale secondo le istanze monastiche. Restio alle disposizioni anti-Covid, è rigoroso nella difesa della liturgia della tradizione, si è opposto alla visita cipriota di Benedetto XVI e di papa Francesco ed è poco interessato al dialogo ecumenico.
Il processo elettorale sull’insieme della popolazione dell’isola aveva dato un risultato opposto: il 36% ad Atanasio, il 18% a Giorgio. La forma dell’elezione dell’arcivescovo è scandita in due tempi. Dapprima si procede a un’elezione generale per indicare i tre nomi da consegnare ai vescovi. Poi il sinodo sceglie fra questi.
Alle elezioni, avvenute il 18 dicembre, aveva partecipato il 30% del corpo elettorale (160.000 su 548.000). Erano stati esclusi gli elettori russi recentemente arrivati sull’isola in ragione delle difficoltà tecniche per le liste elettorali, in realtà per il timore che condizionassero eccessivamente il risultato a favore del candidato filo-russo.
I risultati erano stati favorevoli ad Atanasio ma non travolgenti. L’alleanza fra tutti gli altri ha orientato diversamente il sinodo e ha giustificato il commento di uno dei candidati, Isaia, che parla di una “rappresentanza popolare” per il nuovo eletto sull’ordine del 65%.
Il respiro di sollievo a Costantinopoli e Atene (Bartolomeo aveva celebrato i funerali di Crisostomo con la presenza della presidente della Repubblica greca) non rimuove le sfide pastorali per un rinnovamento considerato urgente e necessario.