Cirillo, patriarca di Mosca, poteva e può prendere distanza dalla guerra d’aggressione di Putin all’Ucraina? La risposta è sì, nonostante tutti i condizionamenti e le difficoltà. Se ci fosse stata o ci fosse una sua parola critica, molti eventi sarebbero stati diversi o cambierebbero. La continuità della guerra rende sempre meno credibile un cambio di posizione, ma niente ha il carattere di inevitabilità.
Un diplomatico di lungo corso mi ha fatto osservare che Cirillo avrebbe potuto dissociarsi, anche se questo gli sarebbe costata la carica di patriarca e avrebbe avviato una successione ancora più identitaria e «russa» della sua. Ma avrebbe salvato l’anima dell’Ortodossia russa, avvicinato di molto le fratture dello scisma intra-ortodosso, rafforzato il giudizio convergente delle Chiese cristiane sulla guerra e sul futuro dell’Europa. E garantito alla Russia un’autorità morale a difesa del pericolo disgregativo di una guerra «non vinta».
Il coraggio di Tikon (1918)
Il 26 ottobre del 1918 il patriarca Tikon in una lettera ai soviet si esprimeva così: «Avete diviso il popolo in due campi nemici e l’avete inabissato in una guerra fratricida d’una crudeltà sconosciuta fino ad oggi. Avete apertamente sostituito l’amore di Cristo con l’odio e come pace avete artificiosamente alimentato la lotta di classe». Il suo coraggio gli costò molto caro.
La Chiesa fu sottoposta a una sistematica opera di divisione, conobbe prima gli arresti domiciliari, poi il carcere. Fu costretto (1923) a un messaggio di pieno appoggio al potere sovietico e sfuggi ad un attentato per la generosità del suo segretario che si mise davanti a lui e venne ucciso. Ma non firmò una lettera di condanna al clero dell’emigrazione. Questa uscì all’indomani della sua morte (7 aprile 1924) con la sua firma falsa.
Cirillo rischierebbe meno del suo predecessore che è ancora oggi citato come esempio di libertà e fede cristiana. Davanti all’enorme azzardo per la Russia, la cui stabilità e pace sono importanti per tutti, e per l’Europa, occorre ritrovare un equilibrio di pace per un conflitto che minaccia, a detta del segretario generale della Nato (Jens Stoltenberg) di prolungarsi per anni. Senza per nulla equiparare colpe e ragioni, senza ignorare i valori fondativi degli Stati Uniti, il fiume delle vittime e i rischi per tutti invocano l’assoluta priorità di «fermarsi» (papa Francesco).
Le ragioni per esporsi
Cirillo che ha costruito l’ideologia del Russkij mir (mondo russo) fornendo a Putin il quadro visionario per un nuovo impero «sovietico», ha nelle sue corde familiari e personali qualche anti-virus rispetto a derive imperiali. La storia di Vladimir Michajlovič Gundjaev (nome civile di Cirillo) è meno banale di quanto di pensi. Figlio e nipote di preti che hanno conosciuto i gulag staliniani, Cirillo è ordinato a 22 anni dopo solo tre anni nel seminario di Leningrado.
A 25 anni è rappresentante del patriarca di Mosca al Concilio ecumenico delle Chiese. Scopre l’Occidente ed è considerato “filo occidentale” nel momento della sua elezione al patriarcato (2009). Uno dei testi magisteriali di riferimento (I fondamenti del pensiero sociale della Chiesa ortodossa russa), da lui ispirato e approvato dal concilio dei vescovi nel 2000, ritiene necessaria l’opposizione della Chiesa «alla conduzione di una guerra civile o l’avvio di una guerra di aggressione a stati stranieri» (cap. 3, n. 8). Se il conflitto è fra popoli «fratelli» si cade nel primo caso, se è fra stati, nel secondo.
E al cap. 2, n. 4, si legge che la Chiesa è tenuta «a stare dalla parte della vittima di un’aperta aggressione». Anche in un documento che amplifica ed enfatizza i doveri verso la patria e la sua difesa non mancano elementi per una distanza critica dalle attuali operazioni di guerra.
Troverebbe alleati
«È necessario tener presente il fatto che nella cultura ortodossa la menzogna politica affermata dal vescovo (o patriarca) non è considerata un peccato, ma come una forma di saggezza pastorale. Per il “bene della Chiesa” gli è concesso di blandire qualsiasi tiranno» (A. Kuraev). Appartiene a tale «falsificazione» l’affermazione di Cirillo del 4 maggio scorso: «La Russia non ha mai attaccato nessuno… ha solo difeso i suoi confini»?
Un rovesciamento del suo giudizio si scontrerebbe con alcuni vescovi e nel sinodo la sua autorità verrebbe fortemente indebolita. Finora nessuna voce episcopale si è opposta alla guerra. E tuttavia interpreterebbe la sofferenza di centinaia di preti ortodossi che, all’inizio di marzo, hanno sottoscritto un appello «a tutti coloro da cui dipende la cessazione della guerra fratricida in Ucraina, con un invito alla riconciliazione e un immediato cessate il fuoco». Mettendo a rischio la propria tranquillità e a repentaglio la possibilità di sostenere la famiglia (molti di essi hanno già perso la titolarità della parrocchia) essi lamentano «l’abisso che i nostri figli e nipoti in Russia e Ucraina dovranno superare per ricominciare ad essere amici, rispettarsi ed amarsi».
Si schierano a difesa delle migliaia di persone che, sfidando le leggi draconiane contro il dissenso, affermano: «Nessun appello non violento alla pace e alla fine della guerra dovrebbe essere represso con la forza e considerato una violazione della legge». I preti aprono lo sguardo su un altro settore che troverebbe conforto nel cambio di indirizzo di Cirillo, quello delle madri dei militari uccisi. Non vorremmo «portare il pesante fardello della maledizione delle madri».
Uno dei firmatari, Giovanni Guaita, invita Cirillo al coraggio del metropolita filorusso dell’Ucraina (che ora ha preso distanze da Mosca): «Credo che sia una questione di tempo. C’è un’opinione pubblica anche all’interno della Chiesa che sta maturando e che sta a mio avviso crescendo… Sono sicuro che la massa critica di persone per le quali la giustizia, la verità, la pace sono concetti stabili, non suscettibili di essere messi in discussione per vantaggi politici o strategici, stia aumentando».
L’attesa dei cristiani
Una parola di coraggio e di verità del patriarca è richiesta dalle altre Chiese cristiane: Bartolomeo di Costantinopoli: «È impossibile per le Chiese non condannare la violenza e la guerra. La Chiesa russa ci ha deluso. Non attendevo che essa e il patriarca Cirillo costituissero la tragica eccezione»; l’arcivescovo di Canterbuty, Welby: il patriarca parli «in pubblico a favore della pace e di un cessate il fuoco»; papa Francesco: «Fratello, noi non siamo chierici di stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi»; C. Krieger, presidente delle KEK (conferenze delle Chiese protestanti): «I leader religiosi e politici di tutto il mondo, così come i fedeli delle diverse Chiese, aspettano che tu riconosca l’aggressione, faccia appello alla leadership politica del tuo paese per porre fine alla guerra e torni sulla via del dialogo diplomatico e dell’ordine internazionale »; I. Sauca, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese: «Intervenire e chiedere pubblicamente un cessate il fuoco».
Il coraggio evangelico sarebbe decisivo anche per lui. Cirillo è sfuggito alle sanzioni europee comminate agli oligarchi più vicini al Cremlino, grazie all’opposizione, peraltro del tutto strumentale, del presidente ungherese Victor Orban, ma non alle corrispondenti censure del Regno Unito.
Per il ministro degli esteri, Liz Truss, Cirillo «ha abusato ripetutamente della sua posizione per giustificare la guerra». La mancanza di una sua parola di verità sarà una tragedia per il cristianesimo europeo, ma anche un triste tramonto della sua vicenda umana e del suo servizio ecclesiale.
Stiamo a perdere ancora tempo dietro questo burocrate al servizio del Cremlino?
Non bastava e avanzava – ben prima e oltre la guerra – la sua posizione sul sinodo panortodosso di Creta?
Ma dobbiamo proprio fare la parte dei fessi a tutti i costi?
E finiamola una buona volta con questi barattoli vuoti…
Subiamo una certa fascinazione verso la Russia, ritenuto un paese spirituale e mistico
Che poi i fatti dicano il contrario non ci importa, ma basterebbe vedere solo i dati reali della gente che frequenta la Liturgia…
Rileggo l’articolo e mi domando: Kirill sta forse subendo la stessa pressione di Pio XII rispetto a Hitler? …preghiamo per la chiesa Russa…