Ormai non si contano più i virulenti attacchi al patriarca Kirill e al suo stretto entourage in vista del Santo e grande concilio pan-ortodosso, che si terrà nell’isola di Creta dal 18 al 27 giugno. Sarebbe addirittura eretico perché andrebbe contro i sacri canoni dell’ortodossia, reo di voler abolire il monachesimo, di introdurre l’episcopato uxorato e il secondo matrimonio del clero, di ridurre o addirittura sopprimere i tempi del digiuno, di imporre il nuovo calendario in tutte le Chiese locali e ancora di sottoscrivere l’unione con la Chiesa cattolica romana e di rapportarsi più strettamente con altre confessioni non ortodosse. Questioni strettamente dogmatiche alcune e altre di valore disciplinare, pilastro comunque dell’ortodossia da sempre. È dal 1961 che le Chiese ortodosse s’incontrano, discutono, fanno proclami, dibattono questioni spinose in vista del Concilio pan-ortodosso e adesso – si dice al Dipartimento della Chiesa di Mosca – si vorrebbe con un colpo di spugna cancellare tutto. Il patriarca Kirill non ci sta, prende carta e penna e fa divulgare una Dichiarazione che intende rispondere alle obiezioni dei fedeli conservatori, di una parte della gerarchia ortodossa e di un discreto numero di monasteri legati alla più severa tradizione.
Intanto – dice la Dichiarazione – non si tratta affatto dell’«ottavo concilio ecumenico». L’ottavo si tenne a Costantinopoli nel 879-880, che condannò ogni aggiunta al Credo. Il concilio di Creta non sarà affatto un “concilio ecumenico” perché non ha per oggetto la risoluzione di questioni dottrinali, risolte già da tempi lontani e che non sono soggetti a revisione. Non ha per obiettivo l’introduzione di qualche innovazione nella vita liturgica della Chiesa, né nella sua struttura canonica. Questo il patriarca Kirill l’aveva già detto nel corso del Concilio episcopale della Chiesa ortodossa russa il 2 febbraio 2016. Il concilio di Creta affronterà piuttosto questioni “pratiche”, come, ad esempio, la cooperazione per la pastorale degli ortodossi che vivono al di fuori dei territori canonici delle Chiese locali ed è chiamato a esprimere l’opinione autorevole della Chiesa ortodossa su alcune questioni di attualità del mondo d’oggi.
Dice la Dichiarazione che è del tutto priva di fondamento la notizia, fatta circolare ad arte, secondo la quale il concilio possa modificare le regole della Chiesa riguardo a punti fondamentali. In sintesi, l’analisi dei sei documenti preparatori.
L’importanza del digiuno e la sua osservanza oggi: oltre a non subire alcuna modifica, lo schema riafferma per la prima volta il carattere obbligatorio del digiuno di Natale, delle feste degli apostoli e della Dormizione, che non era stato incluso negli antichi canoni.
L’autonomia e il modo di proclamarla: il progetto completa le norme del diritto canonico confermando il diritto di ogni Chiesa autocefala a godere di una certa autonomia.
Il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti: la bozza del documento preparatorio riconosce in particolare l’impossibilità del matrimonio per le persone ordinate o che hanno già pronunciato i voti monastici.
La diaspora ortodossa: il progetto tratta la questione dei fedeli che vivono al di fuori dei confini geografici di una Chiesa ortodossa locale, che non aveva soluzioni nei canoni della Chiesa fino ad ora perché venuta alla ribalta solo nel XX secolo nella sua forma attuale. Il progetto proposto al Concilio pan-ortodosso mira a rafforzare la reciproca assistenza tra gli ortodossi per stabilire nelle differenti regioni del mondo, assemblee episcopali alle quali i vescovi canonici, che esercitano il loro ministero in queste regioni, possano prendere parte su una base di uguaglianza.
La questione del calendario: non sarà trattata al concilio dietro indicazione della Chiesa russa e conformemente alla decisone della riunione dei primati a Chambésy (21-28 gennaio 2016)
La missione della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo: lo schema in discussione non si rivolge soltanto ai figli della Chiesa, ma anche al mondo esterno e mette l’accento sulle cause spirituali della crisi nella vita economica, politica e sociale di numerosi Stati, legata all’oblio dei valori morali fondamentali del cristianesimo nella società moderna.
Le relazioni della Chiesa ortodossa con l’insieme del mondo cristiano: è il punto più fortemente contestato dai “tradizionalisti”. Il progetto non approva affatto l’unione con i cattolici romani e le comunità cristiane: dice espressamente la Dichiarazione. Le comunità non ortodosse non hanno la stessa dignità in ordine alla salvezza della Chiesa ortodossa. I timori che l’obiettivo del documento sia di dichiarare l’ecumenismo come uno spazio d’insegnamento obbligatorio per tutti gli ortodossi, sono senza fondamento. Il termine stesso di “movimento ecumenico” è utilizzato nel documento solo nel contesto storico per descrivere le realtà del passato. Inoltre il progetto del documento indica chiaramente i soli criteri di partecipazione accettabili dalla Chiesa ortodossa nei contatti inter-cristiani. È chiaramente detto che le relazioni della Chiesa ortodossa con le comunità non ortodosse «devono fondarsi su un chiarimento, il più rapidamente e il più oggettivamente possibile, di tutta la questione dell’ecclesiologia e, più in particolare, dell’insegnamento generale che queste professano sui sacramenti, la grazia, il sacerdozio e la successione apostolica». Per quanto riguarda il rapporto con Il Consiglio ecumenico delle chiese con sede a Ginevra, il documento precisa che la Chiesa ortodossa «non accetta assolutamente l’idea di uguaglianza delle confessioni e non può concepire l’unità della Chiesa come un compromesso interconfessionale». Ciò non toglie che non vi debbano essere lo scambio, l’ascolto e le dovute aperture.
È quello che – dice la Dichiarazione – sta facendo il patriarca Kirill, che difende con zelo la fede ortodossa e gli interessi della Chiesa ortodossa russa nel dialogo con le altre Chiese, le altre religioni e i non credenti. Vi sono gli “zeloti dell’ortodossia”, coloro che turbano il popolo di Dio con storie menzognere sulla preparazione del concilio, da alcuni chiamato già «il concilio dell’Anticristo». Una precisazione ci tiene a fare la Dichiarazione: il regolamento del funzionamento del Concilio pan-ortodosso esclude la possibilità di affrontare qualche altro nuovo soggetto o documento al di fuori degli esposti sopra. Di più: il regolamento prevede che ogni modifica apportata a questi documenti – se ve ne fosse bisogno – potrebbe essere adottata solo da una decisione unanime di tutte le Chiese locali.
Il pre-concilio non è certamente privo di difficoltà. E non pare che la Dichiarazione del Patriarcato riesca in breve a portare la serenità. Ne avrebbe tutto da guadagnare lo spirito di un concilio che, nell’intento dei grandi patriarchi degli anni ’60, avrebbe dovuto dare una significativa testimonianza di unità spirituale in un mondo in preda a divisioni di ogni sorta.
La chiesa ortodoxa deve rimanere ortodoxa come da 2000 ani. Non c’è nulla da cambiare. La politica deve stare fuori e puntò senza tante parole. Siamo nati così non fati.