Il 26 luglio si è aperta la Quindicesima Conferenza di Lambeth, a cui partecipano più di 600 vescovi della Comunione Anglicana, che ha come tema di fondo “La Chiesa di Dio per il mondo di Dio: camminare, ascoltare e testimoniare insieme” – i lavori termineranno domenica 7 agosto.
Prevista per il 2018, era stata postposta a causa delle tensioni interne alla Comunione Anglicana legate all’elezione al ministero episcopale di donne e, soprattutto, a visioni profondamente diverse tra le Chiese che compongono la Comunione in materia di morale sessuale individuale (con la scelta da parte di alcune diocesi e province occidentali di procedere all’elezione di vescovi omosessuali conviventi). Riprogrammata per il 2020, si è dovuto attendere il 2022 a causa della pandemia.
Quanto la questione rimanga divisiva, su un asse che scompone la parte occidentale della Comunione Anglicana da quella del sud globale, è diventato immediatamente chiaro proprio nei primi giorni della Conferenza. Infatti, il 29 luglio è stato emesso un comunicato da parte del “Global South Fellowship of Anglican Churches” in cui si afferma che i vescovi che ne fanno parte si rifiuteranno di ricevere la comunione dalle mani di vescovi che vivono con partner gay e da quelli che sono favorevoli al matrimonio omosessuale.
I vescovi del “Global South Fellowship” richiedono, inoltre, che venga riaffermata chiaramente la dottrina sul matrimonio nella Comunione Anglicana così come questa è fissata nella risoluzione 1.10 della Conferenza di Lambeth del 1996 – in cui si afferma che il matrimonio è un vincolo a vita tra un uomo e una donna. Di conseguenza, si chiede che si proceda a sanzioni canoniche nei confronti di quelle Chiese nazionali e diocesi nelle quali è in vigore una disciplina diversa per ciò che concerne la dottrina sul matrimonio e che ammettono la nomina episcopale di persone che vivono in relazioni omosessuali.
I vescovi che hanno rifiutato di partecipare alla Conferenza di Lambeth per il modo in cui viene affrontata e gestita la questione della morale sessuale e dell’ordinazione di persone omosessuali conviventi supera il centinaio. In particolare, si rimprovera alla Comunione Anglicana di non rispettare e ascoltare le ragioni delle Chiese non occidentali e che sostengono la dottrina tradizionale – rimarcando il fatto che si tratta oramai della maggioranza all’interno della Comunione Anglicana stessa.
All’inizio della Conferenza, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha affermato che “la risoluzione 1.10 è ancora ampiamente parte della Comunione Anglicana, anche se non è universalmente accettata. Vi è una profonda divisione in merito. La decisione su come procedere è materia che spetta a ogni diocesi e provincia della Comunione”.
Divisa in tre fasi, una preparatoria (2021-2022), una di incontro e dibattito (luglio-agosto 2022) e una di testimonianza comune dopo la Conferenza, la struttura del momento celebrativo e di confronto è stata cambiata in corso d’opera.
Il 31 luglio, infatti, Welby ha annunciato che i documenti su cui i vescovi devono discutere non approderanno a una votazione formale, ma si registreranno le osservazioni fatte dai vescovi che verranno integrate e passate al gruppo di lavoro a cui compete l’organizzazione della terza fase della Conferenza stessa. In questo modo, essa potrà aprirsi tenendo conto delle voci dei vescovi e delle posizioni delle diverse province e diocesi della Comunione Anglicana.
Al termine di ogni dibattito sui vari documenti si procederà a un’indicazione verbale di assenso – se il documento avrà ricevuto un chiaro consenso verrà consegnato al gruppo di lavoro per la terza fase per essere ulteriormente elaborato.
La proposta di Welby è venuta dopo l’approvazione all’unanimità del documento su “Una Chiesa sicura” seguendo questo modo di procedere. Rimane da verificare se riuscirà a essere così efficace anche quando si arriverà a trattare temi che sono più divisivi e scottanti all’interno della Comunione Anglicana.
Anni fa un giovane Renzo Arbore imboniva i telespettatori con la frase: “meditate gente, meditate”.