È risaputo che tra il Patriarcato di Mosca e quello ecumenico da anni e per diverse ragioni è in corso, a volte non tanto silenzioso, un «fraterno braccio di ferro». La punta dell’iceberg che, al dire il vero non era dei più vistosi, è emerso due anni fa in occasione del Sinodo Panortodosso di Creta (2016).
Il Patriarcato di Mosca vuole avere una parola decisiva in tutto: essere sì una Chiesa uguale a tutte le altre Chiese ortodosse, ma con qualcosa in più delle altre negli affari comuni. Anzi vuole per sé un ruolo di leadership, non solo tra le Chiese di cultura slava ma, come è avvenuto ultimamente anche in Siria con la benedizione di Putin, essere la protettrice dei cristiani.
Per chi conosce le vicissitudini storiche della(e) Chiesa(e) Ortodossa(e), sa che il Patriarcato di Mosca avoca a sé il ruolo e il potere della «terza Roma».
La prima Roma, la vecchia, è caduta in eresia, per le novità introdotte nella Tradizione dei Padri, a cominciare dal Filioque.
La seconda, Constantinopoli, è caduta sotto il dominio turco, quindi non più libera.
La terza e ultima è quindi Mosca, e dopo non vi sarà una quarta.
Il fascino della vecchia Roma imperiale con il suo prestigio, il potere e l’autorità, che non lasciava nessuno impassibile, sia in Occidente sia in Oriente, con il Vaticano II è tramontato. Invece nell’Oriente di tradizione bizantina e slava con tanti simboli, stendardi e insegne – come, per es., l’aquila bicipite bizantina – traspare evidente l’eredità dell’impero romano d’Oriente cristiano e ortodosso.
Ritorniamo però al nostro tema: quali sono gli attuali punti di attrito tra i due Patriarcati?
L’Autocefalia
Il primo punto di attrito è l’autocefalia, cioè l’autonomia, della Chiesa Ucraina. Questa Chiesa è stata riconosciuta autonoma il 27 ottobre del 1990, ma in dipendenza dal Patriarcato di Mosca, e come tale riconosciuta da tutte le altre Chiese Ortodosse. Per capire meglio, facciamo un esempio che riguarda la Grecia: la Chiesa ortodossa di Creta è autonoma, ma dipende dalla Chiesa greca. Le metropoli del Dodecaneso sono, per dirlo in modo occidentale, suffraganee del Patriarcato di Costantinopoli.
Il parlamento ucraino ha chiesto ufficialmente al Patriarcato Ecumenico sin dal 1991 di riconoscere l’autocefalia della Chiesa Ucraina. A questo punto, era ovvio che il Patriarcato di Mosca avrebbe reagito anche in modo forte.
Il 20 aprile 2018, il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I, ha fatto sapere che «il Patriarcato Ecumenico, avendo secondo i Divini e Sacri Canoni e il multisecolare Ordine Ecclesiastico e la Sacra Tradizione, la cura di tutte le Chiese Ortodosse sparse nel mondo, e in particolare la loro unità, nella fattispecie il popolo ucraino, che ha ricevuto la salvifica vera fede cristiana e il santo battesimo da Costantinopoli, essendo così anche la vera Madre della Chiesa Ucraina Ortodossa, si è occupato specificamente e con attenzione della situazione ecclesiastica vigente in Ucraina. Come aveva già fatto anche in precedenza, ha accettato la richiesta di riconoscere l’autocefalia richiesta dai rappresentanti ecclesiastici e politici di milioni di ucraini ortodossi e ha deciso, come sempre ha fatto, e lo ha comunicato e informato le altre Chiese Sorelle Ortodosse».
Questa decisione è stata accolta con soddisfazione dalla Chiesa Ucraina e dal presidente Petro Porosenko, che voleva alleggerire il più possibile l’influenza del Patriarcato di Mosca sulla Chiesa ortodossa del proprio Paese, volendola portare nell’ambito dell’influenza del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Il presidente si era prodigato in questo senso fin dal 2014, quando il Patriarca Bartolomeo aveva partecipato ai festeggiamenti per i 1020 anni della fondazione della Chiesa Ucraina.
Ovviamente, tale evoluzione non è piaciuta a Mosca. Nei giorni scorsi, infatti, il rappresentante del presidente russo, Dimitri Peskof, intervistato a proposito della favorevole accoglienza della richiesta del Parlamento ucraino da parte Patriarcato Ecumenico, ha dichiarato: «Conoscete quale sia a tale proposito la posizione della Chiesa russa e del Patriarca Cyril. Questi passi hanno come risultato la spaccatura della Chiesa e noi non possiamo salutare ciò favorevolmente».
Certo che il tema non è circoscritto alla sfera degli affari ecclesiastici, va oltre: tocca gli equilibri geopolitici della regione.
Il presidente ucraino aveva dichiarato nel parlamento: «Per me l’istituzione di una Chiesa locale indipendente ha la stessa importanza di poter viaggiare senza visto ufficiale e, con l’accordo di collegamento con l’Europa Unita, risultato che abbiamo già ottenuto, è come quelli per i quali ancora lottiamo, cioè di trovare il nostro posto nell’Unione Europea e di entrare a far parte della NATO. La Chiesa Ucraina autocefala è uno dei fondamenti istituzionali della nostra esistenza statale. Permettetemi di telefonare al Patriarca ecumenico e di presentare in questo senso la tesi del popolo e della Chiesa oggi».
L’opposizione ucraina – com’è ovvio – non ha approvato tale gesto sostenendo che «le questioni ecclesiastiche vanno risolte solo nel piano del dialogo tra le comunità che è in corso tra i due primi».
Si noti ancora che il Presidente ucraino ha convinto anche le altre frazioni scismatiche della Chiesa Ortodossa Ucraina a sottoscrivere anche loro la petizione al Patriarcato Ecumenico per l’autocefalia della Chiesa Ucraina.
Chiesa Ortodossa scismatica della FYROM
Un altro punto di attrito tra le due Chiese viene dalla Chiesa Ortodossa scismatica della FYROM (Democrazia di Macedonia, ex Yugoslavia). Questa Chiesa è sostenuta dalla Chiesa Bulgara che vuole staccarsi, anzi è già staccata, dal suo centro ecclesiastico, quando faceva parte della Repubblica Socialista Iugoslava, la Chiesa Serba, ed entrare sotto la giurisdizione della Chiesa Bulgara o di avere l’indipendenza. Quando tale proposito è divenuto di pubblico dominio, alla reazione ovviamente negativa della Chiesa Serba, è venuta ad aggiungersi anche quella della Chiesa Greca, che ha un grandissimo problema riguardo al nome ufficiale “Macedonia”.
Il Patriarca Bartolomeo ha definito errata la decisione della Chiesa Bulgara di accettare nel proprio ambito la Chiesa scismatica della Macedonia, perché si è scissa in modo non canonico dal suo centro ecclesiastico, che è il Patriarcato di Serbia. Si sa inoltre che la Chiesa Bulgara procede in comune accordo con la Chiesa di Russia.
Il problema si acuirà ulteriormente se i cosiddetti macedoni, o Chiesa di Macedonia, seguendo l’esempio ucraino, inoltreranno al Patriarcato Ecumenico una richiesta simile. Di fatto è già da qualche tempo ‒ dagli inizi di aprile ‒ che il primo ministro di FYROM Zaef si è recato a Costantinopoli e ha reso visita al Patriarca. Fatto sta che, stando così le cose, il Patriarcato Ecumenico molto difficilmente dovrebbe accettare una richiesta del genere avanzata dal FYROM.