Con l’approssimarsi del 23 giugno, data del referendum sulla cosiddetta Brexit, la possibile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (UE), anche il mondo delle religioni inizia a prendere posizione. A livello personale, si sono dichiarati a favore della permanenza nell’UE, Rowan Williams, già arcivescovo di Canterbury; la rabbina Laura Janner-Klausner del movimento degli ebrei riformati; Miqdaad Versi, assistente segretario generale del Consiglio musulmano britannico; e Jasvir Singh, presidente della rete City Sikhs, primi firmatari di una lettera aperta pubblicata dall’Observer.
«Come esponenti religiosi – si legge nel testo – facciamo appello ai nostri confratelli e alle nostre consorelle affinché valutino le implicazioni che un’uscita dall’UE comporterebbe negli ambiti che più ci stanno a cuore in quanto persone di fede». In particolare, la lettera sottolinea come gli ultimi 70 anni siano stati «il più lungo periodo di pace che la storia d’Europa abbia mai sperimentato. Le istituzioni che ci aiutano a lavorare insieme e a comprendere tanto le nostre differenze quanto ciò che abbiamo in comune, sono quelle che contribuiscono ad aumentare la nostra sicurezza e il senso dei nostri progetti collettivi». In più, considerano i religiosi, la maggior parte delle sfide del mondo di oggi possono essere affrontate solo in un contesto europeo e globale: la lotta alla povertà, il cambiamento climatico, la crisi migratoria. «La nostra speranza – conclude la lettera – è che il 23 giugno le persone riflettano bene se indebolire le istituzioni internazionali preposte ad affrontare tali problemi, sia d’aiuto o meno ad un mondo più giusto, più pulito e più sicuro».
Anche l’Assemblea generale della Chiesa di Scozia si è espressa contro la Brexit, a favore della permanenza della Gran Bretagna nell’UE. Con una mozione approvata lo scorso 24 maggio, dopo un breve dibattito e con una schiacciante maggioranza dei 730 deputati presenti, i presbiteriani scozzesi hanno riconosciuto il ruolo irrinunciabile dell’UE nel «promuovere la pace, la sicurezza e la riconciliazione nel continente». Una posizione che ribadisce le prese di posizione già espresse nelle Assemblee generali del 1996, 2003, 2005 e 2014.
La Chiesa d’Inghilterra, come del resto la maggior parte delle Chiese inglesi, ha scelto di non esprimersi ufficialmente. Ha invece pubblicato una preghiera, ad uso delle Chiese e delle persone, che chiede «onestà, apertura, generosità e discernimento» in vista del referendum del 23 giugno. La preghiera è stata pubblicata senza alcun commento e la sua composizione ha richiesto accurate revisioni per assicurare la più scrupolosa neutralità. «Quella d’Inghilterra è una chiesa nazionale che serve ogni persona, indipendentemente dalle sue convinzioni politiche. Per questo deve rimanere neutrale», ha spiegato il vescovo suffraganeo della diocesi anglicana d’Europa, David Hamid. Una neutralità dell’istituzione che però non impedisce allo stesso Hamid di schierarsi a livello personale convintamente contro la Brexit.
Pubblicato su NEV il 1° giugno 2016.
Vescovi Nord Irlanda:
al referendum sul Brexit voto responsabile
I vescovi irlandesi esortano i cattolici dell’Irlanda del Nord a partecipare al prossimo referendum del 23 giugno sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea – il cosiddetto “Brexit” – con un voto responsabile e informato sulla reale posta in gioco che non si riduce a mero calcolo dei benefici economici. «Ogni voto conta ed è un’occasione dire la nostra sul futuro dell’Irlanda del Nord in Europa e nella comunità internazionale», afferma una dichiarazione della Conferenza episcopale, riunita da martedì per la sua Assemblea plenaria.
I valori fondativi dell’Ue sono quelli della dottrina sociale della Chiesa
Secondo i presuli, quale che sia la valutazione di ciascuno sul processo di integrazione economica e di unificazione politica in corso, è fondamentale non perdere di vista lo spirito che aveva animato il progetto dei padri fondatori dell’Europa unita che, come evidenziato da papa Francesco il 6 maggio scorso, in occasione della consegna del Premio Carlo Magno, «seppero cercare strade alternative, innovative in un contesto segnato dalle ferite della guerra» e «soluzioni multilaterali ai problemi che poco a poco diventavano comuni». Inoltre – affermano – è bene ricordare che i valori fondativi dell’Unione Europea sono gli stessi della dottrina sociale cattolica: a cominciare dall’esplicito impegno per la difesa della dignità umana e dai principi di solidarietà e sussidiarietà che hanno permesso in questi decenni «la pacifica ed effettiva integrazione e convivenza tra popoli con storie, culture e contesti diversi». Conquiste che non devono essere vanificate.
Non dimenticare il ruolo dell’Ue nella riconciliazione in Nord Irlanda
In un mondo sempre più interdipendente – evidenzia ancora la nota – l’Ue permette oggi a ogni suo membro di avere una maggiore influenza nella comunità internazionale sul fronte della promozione della pace e dello sviluppo, nei negoziati commerciali e nella condivisione delle responsabilità per la tutela dell’ambiente in vista del bene comune di tutto il pianeta. Il testo ricorda anche il ruolo giocato dall’Unione nel processo di pace e riconciliazione in Nord Irlanda e per la normalizzazione dei rapporti tra Londra e Dublino.
Non valutare i vantaggi della Ue secondo un calcolo meramente economico
Inoltre, i vescovi irlandesi invitano gli elettori a non ridurre la valutazione dei vantaggi dell’appartenenza alla Ue a un «calcolo meramente economico di costi e benefici». La reintroduzione dei controlli alle frontiere – ad esempio – non avrebbe solo ripercussioni sul commercio e sull’economia, ma su tutta la vita quotidiana dei cittadini europei.
Garantire che l’Europa resti fedele ai suoi valori fondativi
Ricordando l’intervento di papa Francesco al Parlamento di Strasburgo nel 2014, essi esortano quindi i cattolici nord-irlandesi ad assumersi la responsabilità di «cittadini europei ispirati dalla fede cristiana» di assicurare che le politiche di Bruxelles siano coerenti con l’impegno assunto in difesa della vita umana, della giustizia, della coesione e dell’equità sociale. «Questo referendum – concludono – è una preziosa occasione per chiederci quanto l’Unione Europea sia fedele a questi valori oggi e cosa dobbiamo fare come cittadini per assicurare che tale struttura di cooperazione continui a guidare le nazioni verso la pace globale, lo sviluppo umano e il bene comune di tutti i popoli».
A cura di Lisa Zengarini per Radio Vaticana.