Recentemente, Giorgio Agamben, riflettendo sull’attuale protagonismo del Patriarcato di Mosca nella politica e nella guerra della Russia di Putin, fa memoria della contesa del “Filioque”[i] che, tra tante divisioni di carattere di giurisdizione e disciplina ecclesiastica e tensioni propriamente politiche, sarebbe stato l’unico elemento teologico a caratterizzare il Grande Scisma, la divisione tra la Chiesa romana e Ortodossa, che dura da un migliaio di anni.
Fu Michele Cerulario, patriarca di Costantinopoli, che, nel 1043, diede inizio alle ostilità contro le innovazioni della Chiesa latina che, per la Chiesa d’oriente, tradivano la retta fede. La controversia potrebbe aver avuto origine nella Spagna del VI secolo, quando i vescovi spagnoli, riuniti nel Concilio di Toledo (589), che a confronto con l’eresia ariana – che affermava che il Padre e il Figlio non sono coeterni e della stessa natura – per difendere la teologia tradizionale, aggiunsero il “Filioque” al Simbolo di Nicea (325) e Costantinopoli (381), così: «Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio (in latino: Filioque)».
Due teologie della storia
Anche se avallata dai vangeli e dalle teologie di padri greci e latini, avrebbe potuto essere considerata un’aggiunta apparentemente insignificante, o un teologumeno accettabile. Le secolari battaglie teologiche testimoniano che non si è trattato solamente di legittimità giuridica nel modificare il Credo niceno-costantinopolitano, che, secondo il Concilio di Efeso (431) apparterrebbe alla sola decisione di un Concilio, bensì di tensioni più profonde, difficili da superare, ieri come oggi, nonostante le iniziative ecumeniche inaugurate dal Concilio vaticano II.
Agamben, forse forzando un poco l’innegabile centralità del “Filioque” nella controversia, riscopre nell’attualità come filioquismo e monopatrismo sono i poli di un confronto radicale tra il cristianesimo occidentale e l’Ortodossia della Terza Roma.
Polarizzazione che mostrerebbe non solo spiritualità cristiane opposte e divergenti, ma anche, e soprattutto, due modi alternativi di intendere la relazione con la storia da parte degli occidentali e degli orientali. Non si tratterebbe, quindi, solamente di una controversia trinitaria, ma di due teologie della storia che oggi si contrappongono anche in termini bellici, con l’invasione dell’Ucraina.
Nell’Oriente greco-ortodosso l’azione dello Spirito Santo, segnata dalla sua relazione col Padre, si tradurrebbe in una spiritualità che non ritiene necessario coniugarsi con la storia e i suoi costitutivi e inevitabili cambiamenti.
E così queste Chiese ortodosse, segnate dalla fedeltà alle tradizioni, ci sembrano immobili nel tempo. Immobilità questa che, però, non sembra monopolio del cristianesimo greco-ortodosso, perché anche Roma, nei secoli postridentini, ha vissuto la Controriforma come la rettitudine della fede intimamente legata alla rettitudine della prassi. Quindi, per i tradizionalisti, come il cardinal Ottaviani («Semper idem» il suo motto), i cambiamenti dei riti e della prassi tradizionale sarebbero sempre tradimenti della retta fede.
Antimodernismo
Credo, quindi, necessario ricordare ancora che il tradizionalismo cattolico non ha mai smesso di riproporre la fedeltà liturgica e dottrinale del passato, con i Lefebvre, negli anni Settanta, fino ai Viganò dell’attualità.
Nel cristianesimo protestante, invece, il “Filioque” avrebbe avuto una influenza teologica determinante, che nel mondo cattolico si rivela in pienezza solo con il Concilio Ecumenico Vaticano II. La relazione dello Spirito con il Figlio ci inviterebbe a porre in primo piano la storicità, la carnalità, di Gesù di Nazareth e, conseguentemente, la priorità della sequela, che si dà nei cammini concreti della storia, che – lo vogliamo o no – è soggetta a continuo cambiamento.
È innegabile, come afferma Qoeleth, che non ci sia niente di nuovo sotto il sole, ma è altrettanto vero che poteri politici e religiosi si presentano con volti nuovi, che ci sfidano al discernimento e alla responsabilità storica, senza timori e senza fughe. Agamben ci ricorda, con un esempio che pare incontestabile, come il comunismo leninista, prodotto maturo dell’Occidente, sia fallito anche perché assolutamente inaccettabile per la diffusa religiosità del popolo russo.
«Tanto più gravido di conseguenze è il rovesciamento che si produce con la Rivoluzione russa, quando il modello occidentale del primato dell’economia storica viene innestato a forza su un mondo spiritualmente del tutto impreparato a riceverlo. Ancora una volta, in questa prospettiva, il fallimento del modello sovietico e l’evidente riproposizione di motivi teologici nella Russia postsovietica si lascia spiegare come il ritorno della rimossa indipendenza dello Spirito santo, che ritrova quella posizione centrale che il regime comunista non era riuscito a cancellare[ii]».
Bisogna aggiungere e sottolineare che l’antimodernismo dell’ideologia panrussa o della teocrazia islamica si presentano, in termini egemonici e apparentemente vittoriosi, come alternativa alla costantemente denunciata decadenza morale della modernità occidentale e si scoprono alleati di ampi settori cristiani di tutto l’Occidente, dal protestantismo neo pentecostale agli ambienti cattolici, non così minoritari, che rifiutano il Concilio Vaticano II e affrontano con ostilità e odio la persona e la profezia di papa Francesco.
Lo Spirito senza Gesù
Anche prescindendo dal “Filioque”, incontriamo religiosità tradizionaliste che si alleano – e spesso danno fondamento – a posizioni politiche di estrema destra, che finiscono per tradire il Vangelo compromettendosi con la violenza e le guerre dei poteri di questo mondo: tradimento della Pasqua di Gesù e dei martiri dell’agape e della giustizia; negazione della Croce vittoriosa di Gesù, che è l’unica fedeltà ripetutamente richiesta a chi vuole seguirlo nei cammini di tutte le stagioni della storia. La persona di Gesù è l’unica Tradizione, alternativa a tutte le tradizioni.
Non dovremmo però trascurare, il diffondersi, in questi decenni postconciliari, di movimenti cattolici che sottolineano il protagonismo dello Spirito Santo, ma che dimenticano di coniugarlo alla persona di Gesù di Nazareth, escludendo dalla loro vita l’incidenza della sua parola, del suo pensiero, della sua prassi, e ignorando che lo Spirito è il dono di Gesù, per orientare la lettura e il discernimento dei segni dei tempi e animare la sequela e l’imitazione del Maestro.
Ci sono settori religiosi, apparentemente moderati e pacifici, ma che sembrano vaccinati dalla possibilità di vedere e sentire come buoni samaritani i dolori e le sofferenze dei poveri e dei piccoli, forse anche perché motivati dai tradizionali privilegi riservati agli ecclesiastici, oltre che da convenzioni sociali secolarmente condizionate da una interpretazione spiritualista e devozionale del cristianesimo. E che, silenziosamente, possono finire complici dei deliri «neofascisti», oggi di moda.
Accade quando rinunciamo a vivere l’appello di Paolo: «La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto, infatti, che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori» (2Cor 3,2-3).
Lo Spirito del Dio vivente da sempre parla in una forma attualizzata e segnata dalla libertà di scrivere nella nostra storia ciò che Gesù direbbe oggi all’umanità: senza archeologie e arcaismi, ma in permanente attenzione ai mutevoli contesti storici; a servizio della profezia, senza inutili appelli a dogmi fossilizzati.
[i] G. Agamben, «Oriente e Occidente», rubrica online «Una voce» del 20 dicembre 2023.
[ii] Idem.
Grazie a Flavio Lazzarin, perché questo testo mi aiuterà molto in un corso seminariale sulla teologia trinitaria.
l’Occidente, non a caso sotto la guida di un paese protestante, riproponga ora – più o meno inconsapevolmente in nome del Filioque – una guerra senza quartiere con la Russia ortodossa.
È un po’ arduo, ma per lontane similitudini che Agamben con il suo vedere propone, sembrano ritornare motivazioni non distanti dalle cicliche persecuzioni degli ebrei particolarmente accentuate dalla superiorità (anche teologica) di paesi a maggioranza protestante con gli stermini nell’ ultimo conflitto mondiale. Se torniamo un po’ indietro nei tempi allora non si potrebbe non ricordare le dispute Cristologiche sul monotelismo e che fecero imprigionare a morire a Cherson il Papa Martino I per la condanna dell’Ectesi e del Typos. Pertanto la faccenda è molto complessa, anche inconsapevolmente.
Per me Giorgio Agamben è davvero straordinario – e ringrazio Flavio Lazzarin per averlo messo in luce – perché ha una sensibilità multidisciplinare che raramente si trova negli (ultimi e sani) intellettuali del nostro tempo. Detto questo, è vero dietro ci sono due modi completamente diversi di intendere la storia dal punto di vista teologico. Ma anche all’interno della nostra Chiesa occidentale ci sono sfumature che dovrebbero essere messe in luce, sfumature che emergono se uno, per un po’, dal versante cristologico si sposta sul versante escatologico (https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2020/12/cattolicesimo-borghese5.html).