«Finalmente!». Così si è espresso in italiano papa Francesco nell’incontro con Kirill. All’inizio del colloquio la parola hermano è stata ripetuta dal Papa più volte. «Somos hermanos», siamo fratelli, ha ribadito il pontefice al capo della Chiesa ortodossa russa. Kirill ha anche affermato: «Ora le cose sono più facili ». E il papa ha aggiunto : «Ora è più chiaro che questa è la volontà di Dio».
Unità tra i cristiani, unità dei cristiani nell’affrontare le sfide comuni. È il senso della Dichiarazione comune che ha fatto seguito all’abbraccio ed all’incontro tra papa Francesco ed il patriarca di Mosca Kirill, a L’Avana, nel pomeriggio (ora di Cuba) di venerdì 12 febbraio. L’incontro tra il papa ed il patriarca è durato due ore. La Dichiarazione comune parte dal passato. «Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’eucaristia. Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e l’esplicitazione della nostra fede in Dio, uno in tre persone – Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza umana e del peccato». La speranza allora è che «il nostro incontro possa ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà!».
Dialogo interreligioso
Il primo passo è la credibile testimonianza comune di cattolici ed ortodossi per rispondere alle sfide dell’oggi. «La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune». La prima sfida è la persecuzione di cui sono vittime i cristiani in Medio Oriente e Nord Africa. «Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica». E qui l’appello alla comunità internazionale perché agisca a favore della pace e la richiesta di liberare i rapiti, tra i quali si annoverano «i metropoliti di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013». La Dichiarazione mette a fuoco la necessità del dialogo interreligioso, di fronte alle urgenze del terrorismo internazionale e alle richieste di giustizia, di fronte al concreto rischio di una terza guerra mondiale e di fronte al martirio di tanti, tantissimi testimoni del Vangelo. «In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose. Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi».
L’Europa cristiana
Nella parte successiva la Dichiarazione sottolinea la rinascita della fede nell’Est Europa e l’importante attività caritativa delle comunità cristiane. Per l’Europa si sottolinea il pericolo di restrizioni imposte dagli Stati o dalla secolarizzazione alla libertà religiosa. Si ribadisce la salvaguardia e la custodia del creato, la necessitò di contrastare un secolarismo che minaccia la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna e si sottolinea il tema del diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale. E sull’Europa, in maniera più specifica, si nota come «il processo di integrazione europea, iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell’Europa orientale e occidentale di unirsi per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana». Un’anima che invita ad accogliere i migranti e impegna le Chiese ad opere di giustizia.
No al proselitismo sì all’armonia
E non manca lo sguardo alla realtà dell’Est europeo e contro ogni proselitismo perché «non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno». Speriamo «che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’uniatismo del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi dell’Ucraina vivano nella pace e nell’armonia, e che le comunità cattoliche del paese vi contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza cristiana». Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili – si chiude così la Dichiarazione – dipende in gran parte il futuro dell’umanità».
Una strada per l’unità?
Abbiamo parlato del futuro del cristianesimo e del futuro dell’umanità, in maniera piena e soddisfacente, ha detto il patriarca Kirill parlando a braccio al termine dell’incontro con il papa. Le nostre due Chiese – ha aggiunto – possono operare congiuntamente per difendere il cristianesimo in tutto il mondo, affinché si contrasti la guerra e la vita umana sia rispettata. Papa Francesco ha risposto, anche lui a braccio, dicendo che «abbiamo parlato come fratelli, abbiamo lo stesso battesimo, siamo vescovi» e ci siamo trovati d’accordo nel dire «che l’unità si costruisce camminando». «Vi confesso che ho sentito la consolazione dello Spirito in questo dialogo» ispirato ad un forte desiderio di unità – ha concluso il papa. Il futuro dirà in che modo le due Chiese troveranno le strade per lavorare insieme.