Il presidente del Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane, l’arciprete greco-ortodosso Radu Constantin Miron, vede la guerra in Ucraina come una “sfida ecumenica”. Nell’intervista a katholisch.de egli parla del conflitto e delle tensioni che agitano attualmente l’ortodossia e degli effetti che può avere la guerra in Ucraina sull’ecumenismo.
– Arciprete Miron, la guerra imperversa in Ucraina da varie settimane e il patriarca russo-ortodosso Cirillo I è stato criticato ripetutamente – soprattutto in Occidente – perché si schiera con Putin e legittima anche religiosamente la guerra. Lei, come ministro ortodosso, come si sente quando ascolta queste affermazioni?
Può immaginare che questi sono i momenti peggiori nella vita di un cristiano ortodosso e comunque di un ministro. Il fronte attraversa la nostra Chiesa, bisogna dirlo.
Io sono nato e cresciuto in Germania occidentale e abbiamo sempre avuto il problema che una parte della nostra Chiesa viveva nella mancanza di libertà quindi non poteva esprimersi o doveva parlare diversamente da come ci si aspettasse. In realtà, pensavo che questo tempo fosse finito. Ora avverto molto dolorosamente che non è così.
– Lei dice che il fronte attraversa la sua Chiesa. Come descriverebbe lo stato d’animo presente nella Chiesa ortodossa in questo momento?
È caratterizzato da una grande disomogeneità. Molti dei miei fratelli e sorelle cristiani ortodossi vivono dietro la nuova cortina di ferro della mancanza di libertà di informazione e consumano le notizie a mano a mano così come vengono servite, e ciò rende difficile la loro comprensione. Qui, grazie a Dio, viviamo in una società che si confronta anche con le fake news, ma almeno le possiamo identificare come tali.
– Questa tensione c’è da tempo o ci sono nuovi sviluppi?
C’è questo modo di narrare del cosiddetto mondo russo: Russkij Mir che, tradotto, può anche significare “pace russa” e quindi suona ancora più cinico. Da diversi anni, l’idea di questo “mondo russo” è stata propagandata dai media statali russi inventando un atteggiamento vittimistico: non siamo compresi, non siamo accettati, dobbiamo difendere i nostri valori.
Ci sono chiaramente dei circoli in Russia che ora considerano questa narrativa ancora più plausibile. Non è certamente uno sviluppo nuovo, ma è sicuramente inaspettato nella sua intensità e nella sua enfasi religiosa sempre più evidente.
– Lei pensa che l’unità nell’Ortodossia nel suo insieme sia in pericolo?
Naturalmente abbiamo una crisi nell’ortodossia che regna da diversi anni. È iniziata con il rifiuto, chiaramente motivato politicamente, della Chiesa ortodossa russa e di altre Chiese di partecipare al Grande e Santo Concilio di Creta del 2016. Ciò, all’epoca, è stata una sorpresa. Col senno di poi si è cercato di capire e di spiegare questo atteggiamento.
Dopo il 24 febbraio 2022, penso si possa dire che c’è stata senz’altro un’influsso politico sulla Chiesa, specialmente in Russia. Ma sono anche convinto che l’ortodossia sia qualcosa di più della cattiva condotta o del percorso particolare di singole persone.
– Lei è anche il presidente del Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania. L’Assemblea generale, in una dichiarazione, ha decisamente condannato l’invasione russa. Perché era così importante?
Abbiamo avuto un dialogo molto buono e aperto nel Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania. Ci sono state voci diverse per quanto riguarda la necessità di una dichiarazione, ma non nella valutazione della situazione in generale. Alcuni hanno detto: è necessario continuare a condannare qualcosa che è già stato condannato da tanti comitati e organismi?
La risoluzione, adottata all’unanimità, ha mostrato che privilegio della Chiesa è anche essere testimone della verità. Non si possono edulcorare cose così crudeli e bisogna chiamare con il loro nome la guerra, l’invasione e l’ingiustizia. Le Chiese lo hanno fatto e, allo stesso tempo, hanno detto con chiarezza che non avremmo chiuso le porte ai nostri fratelli e sorelle russo-ortodossi. Fanno parte dell’ecumenismo e li apprezziamo come interlocutori, perché riteniamo che possano parlare liberamente, almeno qui in Occidente.
È sempre facile dare consigli vivendo nel tepore della libertà, ma non dobbiamo vietare ai nostri fratelli e sorelle il diritto di pensare e di parlare anche qui. Naturalmente Come Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania siamo anche contrari a qualsiasi forma di russofobia.
– Ci sono stati problemi di voto o delle contestazioni prima dell’approvazione della dichiarazione? Al Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania appartengono anche le Chiese ortodosse russe che sono subordinate al Patriarcato di Mosca…
La Chiesa ortodossa russa, che appartiene al Patriarcato di Mosca, fa parte della delegazione della Conferenza episcopale ortodossa in Germania. Non è quindi un membro autonomo, e perciò non potrebbe esserne affatto esclusa, come alcuni chiedono.
Dal 2018 la delegazione russo-ortodossa non ha più preso parte agli incontri della Conferenza episcopale ortodossa in Germania e del Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania, a causa delle tensioni intra-ortodosse. La parola chiave è sempre l’Ucraina. Tuttavia, la Chiesa ortodossa russa è ancora membro della Conferenza episcopale ortodossa e ci sono ancora colloqui con i suoi rappresentanti. Siamo ancora una Chiesa soltanto.
– Ha la percezione che la guerra in Ucraina abbia un’influenza fondamentale sull’ecumenismo in Germania?
Questa svolta epocale è una situazione completamente nuova per tutti noi e riguarda tutti i settori. Naturalmente, questa è una situazione del tutto nuova, anche per le Chiese che sono molto impegnate nel lavoro di pacificazione, e cambia anche i rapporti delle Chiese tra di loro. Non direi che i rapporti si siano deteriorati, ma si fa più attenzione alle parole e a cosa si può fare insieme.
Un effetto collaterale positivo è che riscopriamo la solidarietà cristiana ed ecumenica. Non ho mai ricevuto tante richieste di celebrazione di riti liturgici ortodossi come nelle ultime settimane.
– In che misura le Chiese cristiane possono contribuire a superare i conflitti?
Posso dire, per quanto mi riguarda, che sono molto interessato ad entrare in dialogo con le Chiese che amano chiamarsi Chiese della pace. In questo momento sono in corso importanti discussioni sull’etica della pace, indipendentemente dal fatto che si tratti di armi per l’Ucraina o della visione di un mondo di pace.
In agosto e settembre avremo l’Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC). Il mondo intero verrà a Karlsruhe. Anche i rappresentanti e le rappresentanti delle Chiese dei paesi del Sud del mondo i quali hanno una visione completamente diversa di questo conflitto in Europa.
Come Chiese, siamo particolarmente sollecitate a proposito di questo conflitto. Questo vale anche per la Chiesa cattolica romana, che non è membro del Consiglio ecumenico delle Chiese, ma che è molto impegnata in termini di etica della pace e di diplomazia. Questa è davvero una sfida ecumenica.