Il problema della sinodalità negli anni recenti ha acquistato sempre maggiore importanza non solo nei dialoghi ecumenici, ma anche nel discorso di un’ecclesiologia in cui i processi partecipativi, nel contesto della cultura moderna, costituiscono una componente essenziale della struttura di governo della Chiesa.
Confronto tra Chiese
Il 21 settembre 2016, nel corso della 14a sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, era stato firmato a Chieti il documento Sinodalità e primato nel primo millennio: verso una comune comprensione nel servizio all’unità della Chiesa.
Alla luce di questo documento, dal 16 al 18 novembre scorso, è stato organizzato presso l’università di Friburgo (Svizzera) un incontro sul tema La sinodalità e la sua pratica attuazione – un Topos teologico per la Chiesa in Oriente e Occidente. Vi hanno partecipato 13 Chiese ortodosse autocefale, sulle 14 invitate; mancava solo quella della Cechia e Slovacchia. Erano presenti anche esponenti della Chiesa cattolica e delle Chiese protestanti.
Ognuna di queste Chiese ha presentato, durante l’incontro, il modello di sinodalità da esse praticato. Da parte cattolica si è costatato che anche la tradizione occidentale conosce varie forme di sinodalità, «benché questa non sia sempre praticata in tutta la sua portata».
L’organizzatrice di questo incontro, la prof. Barbara Hallensleben, docente di dogmatica ed esperta delle Chiese orientali, sottolineandone l’importanza, ha affermato che, nei dialoghi ufficiali, si è spesso messo al primo posto il problema del primato, mentre meno conosciute sono le prassi concrete delle Chiese orientali. Per questa ragione si è giunti alla decisione di organizzare questo incontro, in chiave accademica, ma anche come contributo al lavoro della commissione mista per il dialogo teologico, e di invitare anche relatori della Chiesa cattolica occidentale e orientale, ed esponenti protestanti.
La preparazione e lo svolgimento dell’incontro erano stati curati da un comitato costituito dall’arcivescovo Job (Getcha, co-presidente della commissione internazionale per il dialogo), dall’esperta di diritto ecclesiastico prof. Astrid Kaptijn, dalla prof. Barbara Hallensleben, da p. Thomas Pott (abbazia di Chevetogne), da p. Vlaicu (Chiesa ortodossa romena) e dal vescovo Dimitrios Salachas (esarca apostolico emerito degli uniati della Grecia ed esperto in diritto canonico).
Un questionario
In vista dell’incontro era stato predisposto anche un questionario che attirava l’attenzione sulle principali dimensioni del tema e cioè: lo sviluppo storico della sinodalità, l’applicazione dei regolamenti nella vita della Chiesa, soprattutto il processo per giungere alle deliberazioni, e la sua attuazione; la rappresentanza della vita ecclesiale nel sinodo (solo attraverso i vescovi oppure anche i laici); la responsabilità del protos (presidente) nel lavoro concreto sinodale; le interpretazioni teologiche correnti e i documenti giuridici in ciascun contesto; gli influssi e le relazioni tra Chiesa e Stato; e, non da ultimo, il rapporto tra la prassi sinodale locale (diocesi, regioni, Chiesa autocefala) e il livello ecclesiale universale come era stato espresso nel sinodo panortodosso di Creta nel giugno 2012.
Gli interrogativi posti durante l’incontro di Friburgo riguardavano tra l’altro anche le competenze decisionali dei sinodi. Mentre nella Chiesa latina i sinodi hanno piuttosto solo un carattere consultivo, nelle Chiese ortodosse invece hanno un’ampia portata decisionale.
Il messaggio di Bartolomeo I
Di particolare importanza è stato il messaggio inviato dal patriarca Bartolomeo I, letto dal metropolita per la Svizzera, Jeremias Kaligiorgis. In questo testo, Bartolomeo definisce la sinodalità come «l’asse centrale» della vita della Chiesa. Secondo la concezione ortodossa, la Chiesa è, «in linea di principio, sinodale». La sua vita sacramentale, la sua struttura interna, la sua organizzazione, la sua Parola e diaconia e l’intera sua testimonianza nel mondo rappresentano diversi aspetti e diverse forme della sua originaria sinodalità. Soltanto se si considera questo aspetto ecclesiologico della natura della Chiesa, si può capire la funzione dei sinodi. La sinodalità – aggiunge il messaggio di Bartolomeo – è anche «espressione fondamentale e garanzia» dell’unità della Chiesa. L’istituzione sinodale esprime, infatti, il vincolo visibile dell’unità e della comunione tra le Chiese autocefale ortodosse. Senza la sinodalità, l’unità della Chiesa sarebbe distrutta, con conseguenze molto negative per la sua vita e la sua testimonianza.
Il messaggio di Bartolomeo ricorda anche come esista un «legame essenziale» tra sinodalità ed eucaristia. Questo stretto rapporto si manifesta soprattutto nell’accettazione delle decisioni sinodali da parte dei credenti.
Problemi da affrontare insieme
Nella valutazione conclusiva è stato messo in evidenza l’interrogativo: come cooperano le strutture sinodali e la prassi sinodale delle Chiese ad annunciare e far vivere meglio il Vangelo? È vero che le forme giuridiche della Chiesa promuovono la vita, ma non devono mai essere sganciate dalla dimensione liturgica della vita ecclesiale e da altre forme di espressione della “Communio”.
Il risultato dell’incontro – ha affermato Barbara Hallensleben, dopo aver ascoltato la varietà delle esperienze sinodali nelle Chiese in Oriente e Occidente – ha costituito una sorpresa anche per gli esperti in materia. E l’ecumenista francese, il domenicano p. Hervé Legrand, ha sottolineato: «mentre un tempo le Chiese si servivano della sinodalità per mettere in evidenza le loro differenze, oggi non è più così perché abbiamo scoperto problemi comuni che bisognerebbe affrontare insieme».