Se apriamo un qualsiasi trattato dogmatico di teologia ortodossa, almeno fra quelle di tradizione bizantina/greca, non troveremo alcuna menzione e tanto meno un capitolo dedicato alle indulgenze. Quando arriveremo al capitolo che tratta dell’escatologia, ci sarà il capitolo sulla beatitudine eterna e sulla speculare condanna dell’inferno. In nota, magari, verrà sottolineato che la Chiesa cattolica ha sviluppato una cattiva teologia, quasi un’eresia, con la sua dottrina sul purgatorio.
In greco moderno, quando si parla di indulgenze ci sono due parole in uso, nel linguaggio teologico e pastorale, una per i cattolici (λυσίποινον, letteralmente assoluzione di pena) e un’altra per gli ortodossi (συγχωροχάρτι, letteralmente: carta di assoluzione). Due diverse parole, ognuna con la sua storia. Lasceremo per il momento il termine cattolico e ci limiteremo al contenuto del termine in uso presso gli ortodossi.
Per lo meno per cinque secoli la Chiesa ortodossa di tradizione greca ha distribuito nel modo più ufficiale e solenne le carte assolutorie sia per i vivi che per i morti. Queste carte – nella maggioranza stampate, ma anche manoscritte – erano già pronte per essere distribuite dietro pagamento; negli spazi vuoti del testo si scrivevano a mano i nomi dei vivi e dei defunti dei quali venivano assolti tutti i peccati.
Negli anni ottanta un professore chiamato Filippos Iliou, specialista nella bibliografia ellenica, ha raccolto dai monasteri, ma anche da persone private, un grande numero di queste carte assolutorie e ha pubblicato un catalogo quasi esauriente. Ma anche dopo la sua morte vari studiosi hanno pubblicato diverse altre carte assolutorie scoperte sulle tracce del catalogo Iliou. Una raccolta importante di simili documenti assolutori dei secc. XVI e XVII si trova nelle biblioteche di Napoli e il prof. Costantino Nikas ha pubblicato il testo di una parte di essi. Nello stesso studio ha presentato anche il modo con cui venivano distribuiti, per lo più di nascosto, tra i greci dell’Italia meridionale nell’epoca della Controriforma, come pure le misure prese dai cardinali arcivescovi di Napoli contro di essi. [1]
Le Carte assolutorie venivano pubblicate e distribuite da tutti i patriarchi orientali, ma anche dagli abbati di grandi monasteri, come quello del Sinai. Ad un certo punto, e dopo le proteste di teologi cattolici, per lo più ex alunni del Collegio greco di S. Atanasio di Roma, è stato cambiato il testo assolutorio che riguardava i peccati volontariamente nascosti per vergogna. I teologi cattolici non avevano serie difficoltà ad accettare l’esistenza di simili carte assolutorie, perchè venivano assimilate e riconosciute come indulgenze concesse per iscritto. Perciò non sono mai entrati in polemica con i loro confratelli ortodossi a proposito di questa pratica in tutto ciò che il testo delle carte conteneva, eccetto che per un punto: chi avesse la giurisdizione di pubblicare le carte assolutorie e distribuire le indulgenze. Per loro, l’unico dispensatore (potere delle chiavi) era il romano pontefice, ma per i teologi ortodossi erano investiti di tale potestà anche i patriarchi orientali, in base allo stesso comando di Gesù in Mt 16,19 e Gv 20,23.
Carte assolutorie venivano distribuite per una persona o per più persone, ma anche per la popolazione di un’intera città o di una isola. In seguito alla prima pubblicazione del Corpus di Filippo Iliou sono state pubblicate anche altre carte sconosciute, generalmente destinate a persone private, sia su carta stampata, sia manoscritte, con tanto di firme patriarcali, come pure di vescovi riuniti in sinodo.
Generalmente il testo era lo stesso: riferimento al comando di Gesù agli apostoli di assolvere i peccati, il trasferimento di questo potere ai patriarchi e ai vescovi, poi i nomi (di vivi e dei morti) dei quali venivano assolti i peccati, come pure dalle censure ecclesiastiche, tra i quali anche l’anatema. Il cuore del documento era una preghiera assolutoria, simile a quella assolutoria della confessione. Per dare un’idea della lunghezza della carta assolutoria, basta dire che una di queste ritrovata ultimamente e ancora inedita, manoscritto dei patriarchi di Costantinopoli Gregorio V e di Gerusalemme Policarpo (febbraio 1820), contiene più di 1.700 parole!
Tutta la problematica sulla teologia e la storia delle indulgenze è stata presentata in un simposio organizzato dall’Archivio storico dell’arcivescovado cattolico di Naxos-Tinos in collaborazione con l’Archivio della Chiesa evangelica greca, nella Prima Chiesa evangelica di Atene. Lo scopo del simposio era di presentare un tema scottante della storia ecclesiastica, sia dal punto di vista storico, come anche teologico e mettere a confronto il pensiero delle Chiese di allora e di oggi, lontano da ogni rivalità o spirito di contesa. Purtroppo non è stato possibile trovare un teologo ortodosso disposto a presentarci il pensiero teologico della sua Chiesa a proposito di queste carte assolutorie. E questo non per altro motivo, se non per il semplice fatto che negano l’esistenza di tali Carte. Però è stato possibile ascoltare attentamente tutto il processo storico di questa pratica da un professore universitario, il quale ci ha assicurati che tali Carte venivano pubblicate, in grande numero, anche durante il XX sec.
Da parte evangelica hanno partecipato al simposio il direttore dell’Archivio evangelico sig. Giovanni Tsevas e il pastore sig. Panagiotis . Da parte cattolica l’arcivescovo di Corfù mons. Giovanni Spiteris e il responsabile dell’Archivio di Tinos p. Marco Foscolos, mentre il vice direttore della Fondazione nazionale delle ricerche sig. Panag. Michailaris ha parlato sulla fortuna che hanno avuto nell’oriente ortodosso le Carte assolutorie. Nell’atrio della chiesa evangelica dove si è svolto il simposio era preparata una piccola esposizione di documenti e libri riguardanti le indulgenze e le carte assolutorie.
[1] Costantino Nikas, I primi tentativi di latinizzazione dei greci di Napoli e le prime ‘carte assolutorie’orientali in occidente, Napoli 1998.