All’inizio di questo mese, papa Francesco ha detto che intende dichiarare sant’Ireneo di Lione, un teologo del secondo secolo meglio conosciuto per i suoi scritti contro le sette gnostiche, dottore della Chiesa. Il venerabile santo riceverà il titolo di “Dottore dell’unità” per il suo lavoro di ponte tra il cristianesimo orientale e occidentale nel bacino del Mediterraneo della Chiesa primitiva. È la 37esima persona a essere riconosciuta come dottore della Chiesa.
Il titolo di “Dottore della Chiesa” è emerso per la prima volta nella Chiesa occidentale nel corso dell’alto Medioevo. È un titolo onorifico riservato a coloro che sono riconosciuti come fonti superlative di grande saggezza e santità, di solito per aver mostrato tre qualità: era una persona di eminente cultura (eminens doctrina); mostrava un marcato grado di santità nella vita (insignis vitae sanctitas); ed era riconosciuta per tali qualità da una dichiarazione della Chiesa (ecclesiae declaratio). Negli ultimi secoli, la Chiesa cattolica ha equiparato la terza condizione all’approvazione di un papa, anche se nella Chiesa primitiva (sia in Oriente che in Occidente), qualcuno poteva essere designato dottore della Chiesa per decreto di un concilio o per acclamazione popolare.
Sant’Ireneo si unisce ad altri 32 uomini che sono stati così onorati, insieme a quattro donne (tutte nominate a partire dal 1970). A parte l’essere maschio, la via più sicura per diventare un dottore della Chiesa (oltre alla santità) è essere stato un vescovo (19 di loro, compreso Sant’Ireneo), anche se aiuta essere stato in Europa (27). Le Chiese cristiane d’Oriente tipicamente riconoscono ancora tutti coloro che sono stati onorati come dottori della Chiesa prima del Grande Scisma tra Oriente e Occidente nel 1053, anche se le Chiese orientali tendono a non usare il titolo; le singole Chiese talvolta hanno le loro proprie tradizioni moderne di tali figure.
Parallelamente al drammatico aumento della canonizzazione dei santi nel XX secolo, la nomina dei dottori della Chiesa è diventata piuttosto frequente negli ultimi decenni nella Chiesa cattolica romana. Dei 37 finora riconosciuti (una volta che Sant’Ireneo si sarà aggiunto a loro), sette sono stati nominati dal 1970, e 20 dalla chiusura del Vaticano I nel 1870. Per molti secoli, la Chiesa in Occidente ha riconosciuto solo quattro Dottori della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno) e la Chiesa in Oriente solo tre (Basilio il Grande, Gregorio di Nazianzo e Giovanni Crisostomo).
Mentre tradizionalmente i grandi studiosi e predicatori hanno dominato i ranghi dei dottori della chiesa – si pensi ai santi Bonaventura, Aquino, Bellarmino, Anselmo e Canisio, oltre alle sette pietre miliari di cui sopra – un certo numero di figure recenti si collocano sul lato più mistico della barricata, teologicamente parlando. Prima di Sant’Ireneo, gli ultimi sei nominati erano noti come mistici, oltre che come maestri: Santa Teresa d’Ávila, Caterina da Siena, Giovanni d’Ávila, Teresa di Lisieux, Ildegarda di Bingen e Gregorio di Narek.
Perché Sant’Ireneo e perché ora? Come molti altri processi nella Chiesa (incluse le canonizzazioni), a volte ci possono essere delle ragioni ambientali quando un papa nomina nuovi dottori della Chiesa. Per esempio, Papa Paolo VI non fu certo il primo a notare la santità e la saggezza delle Sante Teresa d’Ávila e Caterina da Siena; il suo riconoscimento come prime due donne dottori della Chiesa nel 1970 fu ovviamente motivato in qualche misura dal movimento per i diritti delle donne e dal riconoscimento del Concilio Vaticano II della chiamata universale alla santità nella “Lumen Gentium”. A loro si sono aggiunte Santa Teresa di Lisieux (per la quale papa Giovanni Paolo II aveva una grande devozione personale) nel 1997 e Santa Ildegarda di Bingen nel 2012.
Sant’Ireneo offre qualcosa per tutti. Da un lato, le sue ferventi difese degli insegnamenti tradizionali della Chiesa tramandati da Gesù e dai suoi apostoli attraverso i vescovi – la sua opera più famosa si chiama Contro le eresie – potrebbero renderlo un eroe per i cattolici allarmati da un percepito declino dell’ortodossia nella Chiesa moderna.
D’altra parte, nella sua affermazione dell’universalità della possibilità di salvezza e della bontà intrinseca della creazione (contro i gnostici del tempo), Sant’Ireneo offre nei suoi insegnamenti una profonda difesa del Vaticano II così come una sponda per gli ambientalisti.
Papa Francesco, tuttavia, sembrava avere un altro obiettivo in mente quando ha annunciato i suoi piani al “Gruppo di lavoro congiunto ortodosso-cattolico Sant’Ireneo”, uno sforzo ecumenico per stabilire uno spazio di dialogo tra cattolici e ortodossi. “Il vostro patrono, sant’Ireneo di Lione – che presto dichiarerò dottore della Chiesa con il titolo di ‘doctor unitatis‘ – veniva dall’Oriente, esercitò il suo ministero episcopale in Occidente, e fu un grande ponte spirituale e teologico tra i cristiani orientali e occidentali”. In altre parole, Sant’Ireneo – venerato sia in Oriente che in Occidente – può anche essere un potente simbolo dell’unità dei cristiani.
- Pubblicato sulla rivista dei gesuiti statunitensi America (nostra traduzione dall’inglese).