Partenza polemica
Dopo aver sentito Lutero sulla Madonna non può mancare il suo discorso sul sacramento dell’eucaristia. Anche questo risale al 1520, anno della sua scomunica. Vi dedica un lungo sermone, come una approfondita catechesi per clero e laici. Anche qui le sue idee principali: centralità di Cristo, valore secondario delle opere umane, un po’ di pessimismo (qui, chissà perché, meno forte del solito), polemica contro gerarchie ecclesiastiche e contro una certa religiosità popolare di allora troppo, a dir suo, esteriore e superficiale.
Cominciamo proprio da qui. Dopo aver ricordato come i primi cristiani partecipavano all’eucaristia domenicale, cioè con viva fede e con carità, Lutero scrive: «Allora un cristiano si prendeva cura dell’altro, uno stava presso l’altro, aveva compassione dell’altro; ora invece tutto è sbiadito e ci sono soltanto tante messe, vi è un largo uso di questo sacramento (!), senza alcuna intelligenza del suo significato, né alcun esercizio in esso… Molte persone non vogliono essere solidali, non vogliono aiutare i poveri, sopportare i peccati, aver cura dei miserabili, soffrire con i sofferenti, pregare per gli altri, e neppure vogliono difendere la verità e promuovere il miglioramento della Chiesa… Non sanno far altro, con questo sacramento, che temere e onorare con le loro orazioncelle e le loro devozioni il Cristo presente nel pane e nel vino…».
Il vero senso della messa
Bisogna quindi, lui dice giustamente, far riscoprire a quelle persone il vero senso dell’eucaristia e lo fa all’inizio del suo sermone con queste affermazioni da chiaro teologo e catechista: «Il santo sacramento dell’altare ha – come il battesimo – tre aspetti: il primo è il sacramento, ossia il segno. Il secondo è la cosa significata dal segno sacramentale. Il terzo è la fede nei due precedenti. Tutt’e tre necessari».
Circa il segno Lutero sottolinea la scelta risalente a Gesù di usare pane e vino, ossia due specie o elementi esterni. Mentre, anche al suo tempo, prevaleva l’uso della comunione eucaristica con il solo pane, Lutero raccomanda e chiede la comunione con pane e vino, perché: «Gesù ha dato nel pane la sua vera carne mortale e nel vino il vero suo sangue… per dimostrare che non soltanto la sua vita e le sue buone opere manifestate e compiute nella sua carne ma anche la sua passione e il suo martirio, manifestato col suo sangue versato, tutto è nostro e noi possiamo essere introdotti in tutto ciò per goderne e farne uso». Interessante questa spiegazione del duplice segno eucaristico, più capace, secondo lui, di manifestare il vero significato della comunione col Signore. Non gli si può dare torto e si capisce perché si sia introdotta anche da noi, almeno in certe occasioni, la comunione col pane e col vino consacrati; è così almeno dal Vatcano II e nonostante le evidenti difficoltà logistiche.
La presenza reale nell’Eucaristia
Avrete notato che Lutero parla spesso di «vera carne e vero sangue» di Cristo. Cioè anche per lui, come per la tradizione precedente risalente almeno a Padri della Chiesa come il nostro sant’Ambrogio, nell’eucaristia c’è una presenza “reale” del Signore. Certo è una presenza assai misteriosa, non fisica ma nemmeno puramente simbolica. Lutero si è anche scontrato duramente con il suo contemporaneo e riformatore svizzero Zwingli, che riteneva solo simbolica quella presenza (come sarebbe la patria nel tricolore).
Certamente anche Lutero capiva che c’era un mistero più unico che raro. In che senso presenza “reale” sia pure non fisica o materiale? La Chiesa cattolica, da alcuni secoli, cercava di spiegarla con la “transustanziazione”, ossia con un mutamento non materiale o esteriore ma profondo, riguardante cioè la “sostanza” del pane e del vino, sostituita da quella del corpo e del sangue di Cristo. Un esempio: ognuno di noi mangia la sua michetta di pane, ma la sostanza del pane c’è in tutte le michette di questo mondo; così in tutte le ostie consacrate, anche se ognuno prende solo la sua ostia fisica, unica e comune è la “sostanza”: quella di Cristo. Così spiegava il dogma la Chiesa cattolica: Cristo è presente “a modo di sostanza”: Potremmo forse anche dire: è presente con il suo Spirito e ce lo comunica sempre di più.
A Lutero però non piaceva quella spiegazione cattolica e non la capiva (anche per noi è difficile, non solo come parola da pronunciare), e quindi scrive: «Alcuni esercitano la loro arte e le loro sottigliezze per cercare dove rimane il pane quando è trasformato nella carne di Cristo e il vino nel suo sangue, e anche come in una così piccola particella di pane e di vino possa essere contenuto tutto il Cristo, la sua carne e il suo sangue. Ma non importa nulla che tu non lo veda. Basta che tu sappia che è un segno divino, in cui la carne e il sangue di Cristo sono veramente contenuti; come e dove rimettilo a lui». Quindi è una calunnia affermare che Lutero, trascurando la teoria della transustanziazione, negasse la presenza reale del Cristo (per sé del Cristo ora glorioso) nel segno eucaristico. Eppure ancora oggi questa calunnia viene ripetuta. Certo, Lutero non si è interessato di altri aspetti dell’eucaristia, ma le calunnie sono sempre detestabili.
La comunione dei santi
Su quella presenza reale e pur misteriosa Lutero si dilunga e insiste su un aspetto che noi abbiamo lasciato troppo tempo nel cassetto: quello della “comunione dei santi del cielo e della terra”: «Gesù ha preferito queste forme del pane e del vino per esprimere più ampiamente l’unità e la comunione che si compiono in questo sacramento; perché non v’è unione più intima, profonda e indivisa che l’unione del cibo con colui che ne viene nutrito, in quanto il cibo penetra e si trasforma nella natura stessa e diventa un essere solo con chi se ne ciba. Altri modi di unire, come con chiodi, colla, corda o altre cose simili, non fanno delle cose legate un essere indivisibile.
Allo stesso modo anche noi, nel sacramento, veniamo uniti con Cristo e incorporati con i suoi santi a tal punto che egli assume le nostre parti, fa o non fa per noi, come se egli fosse quello che siamo e quello che ci accade accade anche a lui e più che a noi; affinché anche noi possiamo assumere le sue parti, come se fossimo quello che egli è… Così profonda e totale è la comunione di Cristo e di tutti santi con noi… fintanto che egli abbia completamente distrutto il peccato in noi e ci renda simili a sé nel giorno del giudizio. Così pure noi dobbiamo essere uniti ai nostri prossimi ed essi a noi dallo stesso amore.
In conclusione: il frutto di questo sacramento è comunione e amore; per suo mezzo siamo fortificati contro la morte e contro ogni male. Tale comunione è di due facce: una, per cui godiamo di Cristo e di tutti i santi, l’altra per la quale lasciamo che tutti i cristiani godano di noi per quanto noi e loro lo possiamo. In tal modo l’amore egoistico di noi stessi, espulso per questo sacramento, ceda il campo all’amore altruistico per tutti gli uomini; così, per la trasmutazione dell’amore, il sacramento divenga (anche) un pane, una bevanda, un corpo, una comunità: questa è la vera unità fraterna cristiana».
Di qui capiamo meglio le critiche di Lutero a certi cristiani del suo tempo che avevano ridotto la comunione eucaristica a qualcosa di intimistico o addirittura di egoistico, senza la dimensione della fede, della ecclesialità e della carità. Ma ciò non avveniva solo 5 secoli fa ed è un rischio sempre vicino. Forse specialmente per noi preti, esposti al rischio dell’abitudine e della messa solo per dovere pastorale.
Confraternite diaboliche
Dopo il brano precedente Lutero ne aggiunge altri su certe “confraternite” del suo tempo. Ne leggiamo uno solo, anche come pur pallido esempio di quel linguaggio caustico e quasi triviale al quale spesso egli indulgeva, specialmente nei discorsi conviviali con amici. «Anzitutto vogliamo considerare il cattivo uso delle confraternite, tra cui questo: ci si riunisce per satollarsi e cioncare, si fa dire una messa o alcune messe e poi si dedica al diavolo tutto il giorno e la notte e il giorno seguente e non si fa altro che ciò che dispiace a Dio. La confraternita è piuttosto una combriccola ed è proprio una costumanza pagana, anzi animalesca… Sarebbe meglio abolire tali confraternite, essendo un grande affronto a Dio, ai santi e a tutti i cristiani e si fa del culto e del giorno festivo una beffa del diavolo.
I giorni santi devono essere celebrati e santificati con buone opere e la confraternita dovrebbe essere anche una collettività particolarmente dedicata alle buone opere; invece sono diventate una colletta per bere birra. Che ci stanno a fare i santi nomi della diletta nostra Signora, di sant’Anna, di san Sebastiano o di altri santi nella tua fratellanza se non è altro che uno sbevazzare, gozzovigliare, sprecare inutilmente denaro, strillare, gridare, ciarlare, ballare e perdere tempo? Se si volesse fare da patrona di una simile confraternita una scrofa, questa non ne vorrebbe sapere! Perché si tentano a tal punto i diletti santi abusando del loro nome per queste ignominie e per questi peccati e si disonora e bestemmia la loro fratellanza con simili cose? Guai a coloro che le fanno e le promuovono».[1]
Non tutto Lutero è qui, ma solo un assaggio del suo vulcanico e spesso polemico discorso. Però non possiamo ignorare le tante pagliuzze d’oro che cercava di comunicare ai tedeschi del ’500 ma non solo a loro. La storia delle Chiese cristiane, in particolare con il loro ricupero dei valori luterani assieme al riconoscimento dei suoi limiti e delle sue contraddizioni, permette un parere più realistico su Lutero. Lasciando a Dio il giudizio più vero.
[1] Anche le pagine sull’Eucaristia sono attinte da V. Vinay, Scritti religiosi di Lutero, Utet 1967, pagg. 308-322.
Certo, aveva ragione Lutero, meno meri riti e più spiritualità e opere buone…..
Il Luteranesimo nasce in contrapposizione della Chiesa nel XVI secolo. Le condizioni della Chiesa, oggi, sono cambiate radicalmente, quindi, a mio parere, il lutranesimo o protestantesimo dovrebbe finire.
Complimenti, sei stato molto chiaro ed efficace. Grazie