Bagdad-Iraq
Per noi cristiani dell’Iraq, il martirio è il carisma della nostra Chiesa, antica di oltre 2 mila anni. In quanto minoranza, siamo continuamente di fronte alle difficoltà e sacrifici, ma siamo coscienti che, essere cristiani non è una scelta facile, essere cristiano davvero vuol dire incorporarsi in Cristo per essere i suoi testimoni, e può significare giungere fino alla fine, «al martirio». Il martirio non è una ideologia o uno scopo come pensano i mujahidin musulmani, ma è una scelta e un impegno. Dunque il martirio è una realà quotidiana. Nelle ode di Salomone – un autore siriaco del secondo-terzo secolo è detto: «Io amo perché nell’amore trovo conforto. Mi incorporo con colui che amo, perché lui è vivo divento pure io vivo»
Qui in Iraq si capisce che la fede non è una questione ideologica, o una speculazione teologica, ma una realtà mistica. La fede è un incontro personale con Cristo che ci conosce, che ci ama e a cui ci doniamo totalmente. Credere è conoscere, amare e vivere e condividere. Ecco cosa dice il profeta Geremia: «O Signore, tu mi hai sedotto ed io mi sono lasciato sedurre» ( 20-7).
Per lui bisogna andare sempre oltre, fino al sacrificio. Il martirio è l’espressione assoluta della fedeltà a questo amore. Il 31 ottobre 2011, p. Wassim, il giovane prete della cattedrale siro-cattolica in Bagdad, si è rivolto ai terroristi e ha gridato: «Uccidete me e liberate i fedeli». Sapeva quel che diceva: era il suo impegno di pastore e d’amore per Cristo e per i suoi. È per lui che i cristiani a Mosul e villaggi della Piana di Ninive in 120.000 hanno lasciato tutto in una notte, per mantenere la loro fede.
Penso che uno non diventa cristiano col battesimo automaticamente, ma diventa cristiano ogni giorno. Daquello che ho vissutoe visto in Iraq sono rimasto tante volte colpito e ammirato. A un padre di famiglia gi hanno portato il proprio figlio ingegnere ucciso; invece di lamentarsi è venuto a mettersi in ginocchio davanti all’altare gridando «Signore grazie. Tu me l’hai dato e tu lo prendi». Era per me il vero Giobbe!
Il martirio è il carisma della Chiesa caldea. Dalla sua fondazione ha sperimentato la persecuzione dei Persiani, degli arabi, mongoli, e ottomani. La nostra liturgia contiene una serie di inni per onorare mattina e sera i martiri. È questa spiritualità che ci dà la forza di rimanere e perseverare
I cristiani del mondo intero possono rinnovare la loro fede e il loro impegno stando a contatto con i cristiani perseguitati dell’Iraq e altrove. Il loro esempio aiuta a trovare un senso per la vita. Le nostre preghiere e le celebrazioni non sono riti magici ma sono momenti forti e privilegiati di festa, speranza e di gioia. L’Eucaristia non è un rito che corre ma un tempo di unione, condivisione, comunione, d’incoraggiamento e d’invio.
Allo stesso tempo, l’amicizia, la solidarietà e il sostegno dei nostri fratelli e sorelle dell’Occidente ci dà il coraggio di resistere e restare nella nostra terra e nelle nostre chiese, continuando la nostra presenza e la testimonianza cristiana. Sapere che ci siete vicini ci spinge a coltivare una vita in comune, in pace e in armonia, con i nostri fratelli musulmani.
Non lasciateci perdere il nostro coraggio e la nostra speranza.
Nel libero dell’Apocalisse è detto alla Chiesa di Smirne – e forse la stessa parola si ripete ai cristiani in difficoltà in Iraq e Siria –: «Non temere… sii fedele sino alla morte, e ti darò la corona della vita» (Ap 2,10) e «Coraggio, ho vinto il mondo» (Gv 16, 33).
I vostri fratelli e sorelle, testimoni coraggiosi della loro fede e che hanno sofferto vari tipi di persecuzione, hanno bisogno della vostra solidarietà e vicinanza e preghiera. Grazie a Dio di questo dono.
I Cristiani in Medio Oriente sono invitati a continuare la loro testimonianza nella loro situazione concreta e tuttavia le loro difficoltà e la sofferenza di essere un vero segno di speranza e di pace per i loro cittadini. Essi dovrebbero sviluppare un migliore dialogo di comprensione, basato sui diritti umani e valori religiosi. Incoraggiamo i laici a essere più coinvolti e attivi nella cultura, sociale, politica dei loro paesi e non avere paura di rivendicare i loro diritti civili e l’uguaglianza della cittadinanza.
+ Louis Raphael Sako,
patriarca di Babilonia dei Caldei