È stato necessario un dispiegamento imponente della polizia attorno al monastero di Cetinje per permettere il 5 settembre l’intronizzazione alla metropolia del Montenegro e del litorale, al vescovo Joannice.
Annunciate da settimane, le manifestazioni hanno bloccato le strade di accesso con barricate di sassi, mezzi di cantiere, pneumatici e materiali di recupero, al grido «Siamo in Montenegro», «Questa non è Serbia».
Ci sono stati scontri violenti fino all’inizio della celebrazione, resa possibile dall’arrivo del vescovo e del patriarca serbo, Porfirio, in elicottero. Un corteo di macchine con alti dignitari di varie Chiese ortodosse ha dovuto tornare indietro. Sessanta i feriti e una decina gli arresti, compreso un consigliere del presidente, Milo Dukanović. Quest’ultimo, ormai a metà del suo mandato, è stato sconfitto alle elezioni del 30 agosto 2020 e guida l’opposizione nazionalista rispetto al governo filo-serbo, presieduto da Sdravko Krivocapić.
Il piccolo paese balcanico conta 630.000 abitanti (di cui un terzo di origine serba e il 45% montenegrini), è indipendente dal 2006. Gli ortodossi (450.000) fanno riferimento al patriarcato serbo e il sinodo di quella Chiesa ha eletto Joannice il 27 maggio scorso.
In elicottero al monastero
Il contenzioso salda l’appartenenza etnico-nazionale con quella religiosa. Si accusa la Chiesa ortodossa di favorire le mire espansionistiche della Serbia, di identificarsi con l’attuale maggioranza di governo, di soffiare sullo scontro etnico fra minoranza di origine serba e i montenegrini.
Porfirio è arrivato alla capitale Podgorica alla vigilia della proclamazione e ha presieduto una celebrazione dei vespri con grande concorso di fedeli, dando un tono di pacificazione che manterrà in tutti gli interventi successivi. Alludendo ai contestatori nazionalisti, ha ricordato che la Chiesa non ha responsabilità economiche, sociali e statali ma è portatrice dell’annuncio della vita eterna. E ha aggiunto: «essi (i contestatori) sono nostri fratelli che noi abbracciamo di cuore e con tutta l’anima. Che il Signore conceda loro buoni intendimenti e che allarghi il nostro cuore fino al cielo».
Joannice ha ricordato il patrimonio spirituale e culturale della sede di Cetinje, fondata nel 1485, e la recente coraggiosa difesa da parte del popolo (2019-20) dei santuari e della fede.
Nella cerimonia al monastero, Joannice ha ricordato lo sforzo compiuto per decantare le contrapposizioni, riservando l’appuntamento esclusivamente al clero e ha aggiunto: «Non è bello che il Montenegro, soprattutto qui a Cetinje, trasmetta un messaggio che qualcuno non sia benvenuto… La Chiesa sta facendo di tutto per ridurre il conflitto». Nel massaggio di saluto, prima di tornare a Belgrado, il patriarca ha sottolineato: «Mi dispiace per coloro che si sono sentiti feriti e a loro chiedo perdono».
Le radici del passato
Il conflitto ha una storia lunga, come spesso succede nei paesi balcanici, ma in particolare un confronto serrato in occasione della legge sul culto approvata dalla precedente maggioranza il 26 dicembre 2019. Essa prevedeva una tutela statale su 650 siti religiosi (chiese, monasteri, edifici di culto) già usati dalla Chiesa ortodossa.
La risposta è stata durissima. L’allora metropolita Anfiloco, uomo molto discusso ma di vasta cultura e con fine fiuto politico, avviò, prima e dopo l’approvazione della legge, processioni, dimostrazioni, dibattiti e scontri fisici che coinvolsero quasi un terzo della popolazione e che, raccogliendo tutto il malcontento verso una gestione familistica e talora corrotta di Milo Dukanović e del suo partito favorì la vittoria di misura dell’opposizione nelle elezioni dell’agosto 2020.
Sotto lo scontro politico-ecclesiale vi era anche il timore che il governo volesse favorire una piccola Chiesa ortodossa di stampo nazionalista e opposta alla Chiesa serba, secondo lo schema già visto in Ucraina. Il vescovo Joannice fu uno dei più decisi e il 13 maggio 2020 fu arrestato assieme a una decina di preti per aver guidato una manifestazione violando le strette regole della pandemia. Lo stesso Anfiloco fu convocato in procura per subire un lungo interrogatorio.
In attesa dell’Accordo
Col cambio di governo, il premier Sdravko Krivocapić ha rifatto la legge, garantendo le richieste ortodosse.
Krivocapić, che proviene dall’insegnamento universitario, ha allentato le promesse filo-russe (interrompere le sanzioni, rimettere in discussione l’appartenenza alla Nato), ma non il legame con la Chiesa serba. Il 27 maggio 2021 era atteso dal sinodo serbo per la firma di un Accordo a garanzia ulteriore per la Chiesa locale. Ricorrendo al modello cattolico, senza il profilo statuale, la sede primaziale veniva riconosciuta come interlocutrice ultima da parte del governo.
Il viaggio a Belgrado ci fu, ma non la firma, con grande sconcerto di Porfirio e dei suoi. Si dice per la dura critica degli alleati di governo in Montenegro ad un atto che non li aveva visti partecipi e da firmare fuori dai confini dello stato. Altri sottolineano il timore di Krivocapić per le voci che vedevano declinare nel sinodo la candidatura di Joannice al trono di Cetinje, a favore di un altro vescovo, David di Krusevac. Per garantire Joannice il premier avrebbe posticipato la firma. Essa è attesa per la fine di ottobre e costituirà un appuntamento di rilievo.
Dukanović sostiene le proteste e il sentimento nazionale (è lui che ha ottenuto l’indipendenza nel 2006), ma sa che né la Russia né la Serbia lascerebbero correre. Del resto anche l’Unione Europea (vi è una richiesta di adesione dal 2008) e gli Stati Uniti (il paese è nella Nato dal 2017) hanno chiesto la pace interna.
Nella vicenda recente emerge un profilo dialogico, spirituale e pacificatore del patriarca Porfirio, mentre per Joannice si apre un cammino nuovo in cui la teologia dell’identità serba di Justin Popović deve fare i conti con la situazione politica, le nuove domande sociali e un profilo politico molto esposto della Chiesa ortodossa. Nel paese i cattolici sono 21.000 e i musulmani 120.000.
L’idea di un Accordo fra sede “primaziale” e Chiese locali in stati diversi sembra abbia acceso l’interesse della Chiese russa che otterrebbe un doppio legame con le Chiese di sua competenza in Bielorussia, Moldova e Ucraina.