Rallegriamoci anche nella tribolazione. Lettera pastorale sulla speranza: porta questo titolo uno scritto di una ventina di pagine del sinodo dei vescovi della Chiesa ortodossa in America, a conclusione dell’anno 2020.
Nata un centinaio d’anni fa nel Nord America da esuli e immigrati ortodossi, è stata riconosciuta dalla Chiesa russa nel 1970 e, accanto alla Chiesa ortodossa “oltrefrontiera” (ora rientrata nell’orbita russa) e alle Chiese che fanno riferimento a Costantinopoli, alimenta la costellazione ortodossa del continente. I fedeli, stimati da 500.000 a un milione, sono distribuiti in una decina di diocesi fra USA, Canada e Messico.
«In questo anno tribolato – una prova per la nostra fede, perseveranza e fedeltà – avete mostrato un grande amore a Cristo con la vostra obbedienza consapevole e il vostro servizio fedele alla Chiesa».
La generosità in famiglia, con gli amici e con le persone nel bisogno non si è fermata in un anno che molti ricorderanno «come un anno di calamità»: dal Covid alle violenze, dai disordini civili, razziali e politici ai disastri ambientali. Elementi che segnalano una ribellione a Dio.
La tentazione comune è quella della paura, delle minacce imminenti come di quelle che immaginiamo. «La paura ci turba e ci devasta, ci divide e ci isola ancora di più». «La tentazione della paura è stata alimentata dai cambiamenti della nostra vita liturgica, inimmaginabili per tutti in precedenza. Per la paura forse ci siamo chiesti se la Chiesa stessa non fosse vittima della pandemia, se i suoi responsabili avessero capitolato davanti alle pretese del mondo, rendendoci paralizzati e smarriti».
Le decisioni e la preoccupazione dei pastori sono state sorrette dall’intento di salvaguardare il bene fisico e spirituale dei fedeli. «Nessun protocollo o misura preventiva – nessuna mascherina o distanziamento fisico o direttiva sanitaria – ha arrestato o può arrestare la Chiesa nella sua vocazione di manifestare il Cristo al mondo. Anche le misure drastiche di sospensione o di riduzione temporanea delle celebrazioni liturgiche sono state prese per amore e non per paura».
Il corpo e il sangue del Signore sono la fonte della vita, il mistero ineffabile di un Dio che rende incorruttibile il corruttibile (pane e vino). In Lui ogni difficoltà diventa mezzo di entrare nella risurrezione.
Dalla paura alla fiducia
Riconoscere la paura è il primo passo per interrogarci sulla nostra relazione con Dio e sottometterci di nuovo a Lui, con umiltà e confidenza nella sua bontà. «Egli ci viene incontro anche nelle tribolazioni con una grazia e una forza che non immaginiamo». Non è Lui che crea le difficoltà, ma ci permette di attraversarle. Non sono situazioni allegre, ma possiamo gioire della certezza che Dio bussa alla porta del nostro cuore.
Un atteggiamento spirituale che richiede pazienza, apertura allo Spirito e servizio ai poveri. «Sì, possiamo essere fieri delle nostre fatiche sapendo che, per grazia di Dio, esse operano per la trasformazione dei nostri cuori. «Se guardiamo all’indietro all’anno 2020 – un anno del Signore nonostante tutto – con uno spirito di confessione, di pentimento e di azione di grazia, possiamo affrontare l’incertezza del futuro con pace, gioia e speranza».
Oltre alle sofferenze è bene ricordare anche le benedizioni: la preghiera ecclesiale, anche a distanza, la Chiesa domestica, la possibilità della meditazione, la Scrittura. Cristo «partecipa della nostra vita, gonfia di tribolazioni, affinché possiamo partecipare alla sua vita. È la nostra speranza».