Nell’incomprensibile disattenzione dei media e delle Chiese d’Occidente si sta consumando uno scisma dalle proporzioni storiche. A partire dall’autocefalia ucraina, attualmente in costruzione, si attende la frattura fra le Chiese ortodosse di ceppo slavo rispetto a quelle di orientamento ellenico.
Come ha scritto Dimitrios Keramidas su SettimanaNews, «si profila un’inevitabile spaccatura tra l’Ortodossia ellenofona e quella slava. Si parla persino del pericolo di un imminente scisma, che trascinerebbe le altre Chiese ortodosse davanti al dilemma di doversi schierare, a secondo degli interessi di ciascuna, con uno dei due blocchi».
In ordine alla percezione di quanto potrebbe succedere all’indomani della concessione del tomo dell’autocefalia alle Chiese ortodosse “scismatiche” da parte del Trono di Costantinopoli, provo a fare un esercizio di futuribili. Con tutta la precarietà e l’aleatorietà che questo comporta.
Ucraina
Il pieno riconoscimento ecclesiale alle Chiese che si sono staccate dalla protezione della Chiesa russa innesterebbe una ridefinizione dell’appartenenza delle parrocchie. Oggi sono 12.000 che si riferiscono a Mosca e 4.000 al patriarcato di Kiev. Il flusso da filo-russi a filo-ucraini si gonfierebbe.
Il metropolita Antonio, cancelliere della Chiesa filo-russa (in sigla EOU-PM) ha già detto: «I nostri fedeli difenderanno le loro Chiese». Se scompare la protezione legale, si appelleranno «alla disobbedienza civile (…) verso conflitti e conflitti seri».
Il metropolita Hilarion Alfaeev, presidente del dipartimento relazioni estere del Patriarcato di Mosca, aggiunge: «Possiamo attenderci di tutto, fino allo spargimento di sangue».
Già ora si parla di una disposizione del Ministero dei culti di un protocollo in vista della registrazione delle parrocchie al nuovo Patriarcato di Kiev.
È arrivata comunicazione alla Laura delle Grotte di Kiev di liberare uno stabile per il futuro patriarca e, sotto forma di petizioni sul sito del ministero, è già apparsa la richiesta di ritirare l’intera Laura all’obbedienza alla Chiesa filorussa. Una decisione presa per dare unità alle Chiese ucraine, l’autocefalia, potrebbe innescare alcuni decenni di tensioni.
I greco-cattolici sono indicati a Mosca come i sostenitori veri del nuovo patriarcato, ma le loro attese, cioè un patriarcato guidato dall’arcivescovo maggiore cattolico, si scontrano con la volontà di Filarete, anziano leader della maggiore fra le Chiese “scismatiche” di occupare quel ruolo. Una pretesa che non tutto il suo “campo” sarebbe disposto a sostenere.
Il potere politico locale, ora mantenuto da Porošenko, affronta un passaggio elettorale nella prossima primavera. In ogni caso una Chiesa autocefala locale sarebbe funzionale alla sua attività di governo e alla garanzia del consenso. In coerenza con quanto succede a Mosca e in tutte le capitali dell’ex impero sovietico.
Mosca
L’autocefalia oppositiva dell’Ucraina diventerebbe una sconfitta grave per il Patriarcato di Mosca. Non solo perché esso ha in Kiev le proprie radici storiche e perché ha nel ceppo ucraino un numero cospicuo dei suoi esponenti ecclesiastici e monastici, ma soprattutto perché si infrange la volontà del patriarca Cirillo di andare oltre le appartenenze nazionali.
Si sgretola il mito del “mondo russo”, un’appartenenza spirituale e culturale che si voleva espansiva nei confronti dei luoghi dell’antico impero e dell’Unione Sovietica. Verranno sottoposti a un giudizio pesante sia il patriarca Cirillo sia il suo collaboratore maggiore, mons. Hilarion.
Raccontano dell’irritazione del primo verso il secondo nel momento del ritorno a Mosca dopo l’inutile incontro con Bartolomeo alla fine di agosto. Cirillo avrebbe rimproverato Hilarion di non aver comunicato la gravità della situazione. Tanto più che, dopo la grande stagione spirituale di Alessio II, Cirillo avrebbe avuto la possibilità di aprire lui il processo di autocefalia dell’Ucraina mantenendo un legame privilegiato con Mosca.
L’ultimo momento possibile è stato il Grande Sinodo di Creta del 2016. Il rifiuto di Mosca di parteciparvi, con altre quattro Chiese di minor peso, nonostante l’assenso precedente sui testi preparatori, ha bruciato le possibilità di intesa.
Putin ha già fatto sentire il suo sostegno alle posizioni del patriarca e non può non avvertire il pericolo politico rappresentato dall’autocefalia. Nello scontro militare in atto essa alimenterebbe la spinta nazionalistica e favorirebbe una decisione politica a sostegno dell’adesione ucraina alla Nato, l’alleanza militare dell’Occidente. Si troverebbe le truppe americane ai suoi confini.
Costantinopoli
Il patriarca Bartolomeo sente la decisione come doverosa nei confronti della comunità ucraina e coerente con la tradizione e i sacri canoni. Dopo che sull’intera diaspora si sono sviluppate le appartenenze “nazionali”, dopo il rifiuto di Mosca di sostenerlo nel Grande Sinodo del 2016 a Creta, mentre la sede costantinopolitana soffre di una fragilità sempre più evidente (600 fedeli), egli avverte che, per dare forza alle migliori energie della diaspora, per limitare i filetismi (nazionalismi) e per non soccombere alla crescente egemonia di Mosca, “deve” riservare a sé il potere ultimo relativamente alla concessione del tomo dell’autocefalia.
La decisione del Patriarcato, che è ancora interlocutoria, è interessata a vederci più chiaro nell’ingarbugliata situazione ucraina.
In linea generale, la posizione di Costantinopoli è più attenta alle ragioni ecclesiali rispetto agli interessi espressi da Mosca. Paradossalmente, la decisione potrebbe, però, favore i filetismi, anziché limitarli. A ragione Bartolomeo imputa a Mosca un’eccessiva sudditanza al potere politico che però si riproduce in Ucraina. E lo stesso Fanar ha consistenti legami con gli Stati Uniti, che hanno tutto da guadagnare nell’indebolimento della Russia di Putin.
I patriarcati
In tutte le sedi patriarcali delle 14 Chiese ortodosse si guarda con molta preoccupazione a quanto sta avvenendo. Un esempio è la Serbia. Tradizionalmente vicina a Mosca, dopo la fine della Jugoslavia vede l’area della Macedonia muoversi nella richiesta di autocefalia e qualche pericolo anche nel Montenegro. Ambedue hanno trovato ascolto a Costantinopoli.
Facile comprendere la sua opposizione a Bartolomeo su questo punto. In occasione della consacrazione del vescovo ortodosso serbo in Germania (16 settembre), è stato reso noto il non gradimento per la presenza del rappresentante di Costantinopoli. L’appartenenza slava favorirà il consenso di molti patriarchi a Mosca. Decisioni in merito non sono ancora avvenute.
Roma
Papa Francesco ha visto crescere il dissenso intra-ortodosso con grande preoccupazione e non intende perdere i rapporti né con Costantinopoli né con Mosca. Si è imposto un profilo neutrale e cordiale ad un tempo rispetto ai contendenti e ha insistentemente chiesto ai greco-cattolici ucraini di non intervenire nella disputa.
Le decisioni già prese dal Sinodo moscovita, fra le quali la sospensione dei dialoghi ecumenici in cui sia presente Costantinopoli col ruolo di primazia, renderà molto problematico il prosieguo del lavoro ecumenico, moltiplicando all’infinito le tensioni e le ragioni del dissenso.
I centri ecumenici maggiori, monastici e accademici, vedranno moltiplicarsi le loro difficoltà. La linea di spaccatura attraverserà le varie diocesi ortodosse operanti sul territorio d’Occidente alimentando a catena i dissidi. Lo sbriciolarsi del panorama ortodosso imporrà una nuova responsabilità al papato.
Europa
I centri dell’Unione Europea non sembrano avvertire quanto sta succedendo. Impotenti nei confronti dell’Ucraina, non percepiscono l’aumento delle spinte nazionalistiche che lo scisma slavo-ellenico può produrre. A favore dei sovranismi piuttosto che dell’unità degli Stati.
Allo stato attuale, è difficile prevedere come invertire la decisione avviata sull’Ucraina, anche se nulla è stato fatto in via definitiva. Per evitare che l’intero cristianesimo perda significativamente la sua spinta evangelizzante, rimane la preghiera, l’attesa che si possa compiere quanto avveniva nei casi estremi nel primo millennio, cioè il ricorso a Roma, oppure un evento di tali dimensioni da convincere i protagonisti a cambiare indirizzo.
Allora le note sopra indicate saranno uno sogno sgradevole di mezza estate. Sarebbe meglio per tutti.
Sull’argomento, vedi su SettimanaNews:
3 dicembre 2017 Mosca-Kiev: riconciliazione annunciata e smentita
30 dicembre 2017La geopolitica dell’Ortodossia
11 maggio 2018 Ucraina: il tomo e le Chiese
5 luglio 2018 Ucraina: Prima l’unità, poi l’autocefalia
6 luglio 2018 Ucraina incompiuta
21 luglio 2018 Ucraina: L’autocefalia per l’unità
3 agosto 2018 Francesco mediatore fra Mosca e Costantinopoli?
11 agosto 2018 A 1.030 anni dal “Battesimo della Rus”, più che mai divisi
7 settembre 2018 Kyrill e Bartolomeo: incontro al Fanar
11 settembre 2018 Ortodossia: tamburi di guerra
18 settembre 2018 La tunica lacerata dell’ecumenismo
19 settembre 2018 Il nodo ucraino e il futuro dell’Ortodossia
Mi dispiace molto per quello che potrebbe accadere, mi auguro di no. Pregherò ancora affinchè i cristiani cerchino l’unità. Sentire affermazioni durissime , fino ad arrivare al “sangue”, mi fa quasi piangere. Continuo a sperare che lo Spirito illumini le menti dei credenti, tutti dai patriarca in giù, per una pace nell’unità. Saluti e grazie delle informazioni. Nino
Anche in casa cattolica non è che vada molto meglio, si prendono sberle ovunque ti giri. Comincio a chiedermi a cosa serva il cristianesimo…