Nel comunicato stampa (datato 28 agosto 2019) del Sinodo Permanente della Chiesa di Grecia per il mese di agosto si legge:
«In merito alla questione ucraina, e a seguito della raccomandazione della Commissione Sinodale sulle questioni Dottrinali e Giuridico-canoniche e quella sulle Relazioni Inter-ortodosse e Inter-cristiane, il Sinodo Permanente riconosce il diritto del Patriarca Ecumenico di concedere l’autocefalia, nonché il diritto del primate della Chiesa di Grecia di gestire ulteriormente la questione del riconoscimento della Chiesa d’Ucraina».
Facendo seguito a quanto riportato nel comunicato stampa si può osservare che:
- La Chiesa di Grecia per mezzo di un suo organo di governo ufficiale riconosce il diritto del Patriarca Ecumenico di concedere lo status di autocefalia a una Chiesa locale (senza indicare come prerequisito per la concessione dell’autocefalia la convocazione di un Concilio Generale o Pan-Ortodosso, in quanto se così fossi non sarebbe più una prerogativa del patriarca ecumenico bensì di un altro organo pan-ortodosso o di un’altra figura ecclesiastica). Andrebbe da sé, quindi, il conferimento dell’autocefalia ucraina avrebbe effetti canonico-ecclesiastici immediati.
- Il Sinodo Permanente parla esplicitamente di «Chiesa d’Ucraina», senza impiegare altri appellativi che mettano in dubbio l’esistenza ecclesiale della nuova Chiesa nata il 6 gennaio scorso.
- Inoltre, il Sinodo Permanente non fa accenno nel comunicato stampa alla necessità di un’ulteriore approvazione da parte del Santo Sinodo di tutti i vescovi “attivi” della Chiesa di Grecia, essendone quest’ultimo l’organo di governo supremo.
- Al contrario, il “diritto” del primate della Chiesa di Grecia di gestire ulteriormente la questione del riconoscimento della Chiesa d’Ucraina non significa che è a discrezione del primate della Chiesa greca confermare o respingere la decisione del Sinodo Permanente, poiché: 1) l’arcivescovo di Atene presiede d’ufficio il Sinodo Permanente e, quindi, le sue decisioni esprimono anche lui; 2) l’arcivescovo di Atene e primate della Chiesa di Grecia non governa né decide “senza” o “al di sopra” gli organi direttivi della Chiesa di Grecia, ma esercita la sua primazia “insieme” con loro ed è, in senso specifico, vincolato da loro.
- È legittimo, altresì, pensare che l’«ulteriore gestione» della questione ucraina da parte dell’arcivescovo di Atene significa: la commemorazione liturgica del primate della Chiesa Autocefala d’Ucraina, l’invio di corrispondenza ufficiale e tutte gli altri atti ecclesiastici formali che esprimono la comunione sacramentale e canoniche tra due Chiese sorelle.
- Qualora, comunque, l’arcivescovo di Atene desiderasse sottoporre la decisione del Sinodo Permanente a un’ulteriore ratifica da parte del Sinodo di tutti i vescovi della Chiesa di Grecia – sebbene la discussione sulla questione ucraina non implicherebbe necessariamente una revisione delle decisioni del Sinodo Permanente – lo farebbe, a nostro parere, per dare alla decisione del Sinodo Permanente un carattere più solenne. Tuttavia, nel caso in cui la gerarchia si pronunciasse negativamente sulla questione ucraina (avendo diritto di farlo, essendo, come detto, l’organo di governo supremo della Chiesa di Grecia), si sarebbe di fronte ad una peculiare visione canonica, sostanzialmente diversa dalla raccomandazione delle due commissioni sinodali recepita dal Sinodo Permanente il 28 agosto 2019.
Si può quindi considerare validamente che l’ultima decisione sinodale della Chiesa costituisce un riconoscimento de facto e de iure (dove il de iure comporta il quadro normativo riguardante sia le prerogative storico-canoniche del Patriarcato Ecumenico sia il modo di procedere alla proclamazione dell’autocefalia) dell’autocefalia della Chiesa d’Ucraina e, in tal senso, può dirsi storica, trattandosi della prima Chiesa ortodossa a esprimersi a favore della Chiesa autocefala d’Ucraina.