In data 30 ottobre 2019, SettimanaNews ha pubblicato un articolo di Dimitrios Keramidas: Kirill minaccia la Chiesa greca. Sarebbe opportuno darci una rapida occhiata per rinfrescare la memoria, prima di leggere i testi che presenterò.
L’autore in quell’articolo, dopo aver fatto una rapida ma densa esposizione degli ultimi avvenimenti, parla del contenzioso circa l’autocefalia della Chiesa ortodossa di Ucraina.
L’autore si chiedeva: «Perché il patriarca Kirill ha acconsentito al suo Sinodo di utilizzare, anche in questo caso, il segno supremo che sigla l’unità tra le Chiese, vale a dire la comunione eucaristica, per una diatriba puramente amministrativa e, per di più, in una maniera così apertamente “punitiva”?».
In seguito, fa delle buone considerazioni sul trittico “autocefalia-sinodalità-primato”, evidenziando come una sana autocefalia debba svincolarsi da configurazioni politiche e nazionali; come la sinodalità sia la massima e più autorevole espressione dell’unità di una Chiesa a livello locale, regionale e universale, nonché della comunione tra le Chiese; e come, infine, il primato sia una condizione indispensabile del governo sinodale a tutti i tre livelli sopra menzionati.
Kirill e il Santo Sinodo della Chiesa russa
Il patriarca Kirill di Mosca, durante la sessione plenaria del World Russian Palladium, si è scagliato ancora una volta contro i potenti di questo mondo, accusandoli di non sopportare che la Russia possa portare a buon fine la sua speciale vocazione: «Il pregio particolare della Russia e la sua vocazione speciale è:
– di essere una pietra miliare del cristianesimo ortodosso;
– di salvaguardare la fede ortodossa, la tradizione e la cultura ortodossa, i principi cristiani».
Esposti questi valori, si è domandato «se è per questa ragione che i potenti di questo mondo oggi si oppongono alla Chiesa ortodossa russa, desiderando staccare il mondo greco-ortodosso dalla Chiesa russa e distruggere l’unità della Chiesa ortodossa».
Quindi, basandosi su informazioni affidabili, ha proseguito dicendo: «Siamo in possesso di informazioni credibili secondo le quali non è un caso ciò che sta accadendo ora nell’ortodossia mondiale, e non è il capriccio dell’una o dell’altra parte religiosa la cui mente si è annebbiata. Siamo davanti all’attuazione di un piano molto preciso, che mira a separare il mondo greco dalla Russia».
In seguito, ha asserito che «nella percezione dei malvagi – e non potrei caratterizzare altrimenti questi strateghi –, la Chiesa russa viene presentata come una sorta di soft power per mezzo del quale la Russia tenta di influenzare il mondo che la circonda. Ma perché la Russia non deve essere in grado di condividere i suoi doni spirituali? È un crimine? È un crimine, solo nella mente di coloro che cercano di indebolire e, se possibile, neutralizzare l’influenza della Russia».
Per ciò che riguarda il riconoscimento della Chiesa ucraina, aggiunge: «In tutta questa storia, per il riconoscimento o meno degli ucraini scismatici da parte delle Chiese ortodosse locali, c’è qualcosa che non è stato detto, ma è l’obiettivo principale di tutti coloro che sono dietro le quinte, forze che hanno aperto la strada a questo scisma. Come Chiesa russa noi lo comprendiamo bene, ma oggi lo capiscono anche i nostri fratelli in Grecia e in altre Chiese locali. Ci viene chiesto di sopportare, di non piegarci e di continuare la lotta per preservare l’indipendenza spirituale della Chiesa ortodossa russa da tutti questi centri di influenza mondiale e soprattutto per preservare la sua unità nell’Ortodossia sparsa nell’ecumene».
Il Santo Sinodo della Chiesa russa, in data 17 ottobre, ha emanato una delibera con due decisioni:
- La prima decisione. Il Sinodo della Chiesa ortodossa russa aveva dichiarato che non avrebbe raccomandato né benedetto i pellegrini della Chiesa della Russia che avranno come destinazione i territori di alcune metropoli della Chiesa di Grecia, dato che i loro metropoliti hanno riconosciuto la nuova Chiesa di Ucraina come canonica e hanno concelebrato con chierici della nuova Chiesa dell’Ucraina, per cui sono entrati in comunione eucaristica con loro. I territori esclusi sono quelli dell’arcidiocesi di Atene, eccetto Arios Pagos dove ha predicato san Paolo, che però non è sotto la giurisdizione dell’arcivescovado, perché è considerato sito archeologico amministrato dall’Acropolis. Gli altri sono Lagada, vicino a Salonicco, Veria in Macedonia centro-occidentale, Arta nel sud Epiro, Trikala nella Tessaglia e Volos…
- La seconda decisione riguarda la sospensione della commemorazione nei dittici eucaristici del nome dell’arcivescovo di Atene, che viene a seguire la sospensione del patriarca costantinopolitano. Questa decisione è divenuta effettiva nella liturgia celebrata dal patriarca Cirillo nella cattedrale di San Salvatore a Mosca».
Il patriarca di Mosca, Kirill, parlando della crisi dell’Ortodossia, durante il pranzo nella cattedrale del Salvatore di Mosca, ha detto: «Oggi stiamo attraversando alcune difficoltà, prima di tutto nei rapporti con Costantinopoli, che viola le regole sacre, invade la giurisdizione di altre Chiese e concede l’autocefalia agli scismatici».
Il patriarca di Mosca, inoltre, rivolgendosi a quelli che sostengono che la Russia, per estendere la sua influenza nell’attuale scacchiere politico mondiale, strumentalizza anche la Chiesa ortodossa della Russia la quale acconsentirebbe, ha detto chiaramente che «la Chiesa di Russia non cerca alcun potere a livello globale… La Chiesa di Russia vuole mantenere solo l’ordine canonico, ma non possiamo accettare che nella Chiesa ortodossa si faccia avanti una tendenza papista, anzi “pseudopapista”».
Il primate della Chiesa di Russia ha sottolineato: «Il papato è pericoloso, perché non viene né dalla Parola di Dio, né dalla tradizione della Chiesa. Il papato è pericoloso perché è molto più facile influenzare una persona che un gruppo di persone… Quindi, per il primate della Chiesa di Russia, sia il papa sia il patriarca che vuole essere papa, diventano un bersaglio molto appetibile per i potenti della terra, e l’influenza esterna su una persona può distruggere la Chiesa».
Il patriarca di Mosca non ha mancato di fare anche un riferimento all’esempio degli apostoli, che operavano collettivamente e non individualmente per la Chiesa di Cristo: «Ai nostri tempi, è necessario difendere lo stato sinodale dell’Ortodossia. Noi non mettiamo in dubbio il primato d’onore del patriarca ecumenico, ma non siamo d’accordo con nessuna specie di potere ecumenico. Il patriarca Bartolomeo, che sta in Turchia, è personalmente molto vulnerabile. Quindi, non ci rimane che pregare il Signore di salvarlo da influenze che agirebbero negativamente sulla vita di tutta la Chiesa».
Costantinopoli
La risposta dal Patriarcato di Costantinopoli non si è fatta attendere. Il patriarca, nel suo saluto videoregistrato, che è stato proiettato ai delegati della 4ª conferenza sul cosiddetto turismo religioso, che si è tenuta nella città di Arta, ha detto in particolare: «In effetti, abbiamo difficoltà ad accettare la progressiva riduzione a turismo il santo espatrio (il pellegrinaggio), tanto più quando vediamo una Chiesa ortodossa autocefala usare la pietà e il santo desiderio dei credenti come un mezzo di pressione economica sulla Chiesa di Grecia e sul popolo greco, a causa del riconoscimento ufficiale della Chiesa ortodossa ucraina, così come è stato strumentalizzato dalla Chiesa di Russia anche il più santo dei sacramenti, l’eucaristia, con lo stesso spirito, contro il Patriarcato Ecumenico».
Poi il patriarca ha usato un brano del Vangelo di Matteo per esprimersi sugli sviluppi: «Ripeto dunque con timore le parole del Signore: “Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!” (Mt 6,23); cioè, se chiami verità la menzogna, perché è nel tuo interesse, allora la tua verità non ha valore ed è un caso oscuro».
Il patriarca Bartolomeo ha poi sottolineato: «È tragico tradire il genuino spirito del pellegrinaggio vissuto dai credenti, che vivono nella pietà e nella spiritualità ortodossa, in un ambiente mondializzato e di fronte alle sfide della modernità e alle alienazioni indotte dalla nostra cultura tecnocratica e centrata sull’economia. Fedeli che, mentre si aspettano dalla Chiesa un sostegno pastorale, vengono sfruttati per realizzare e promuovere obiettivi diversi dall’ethos ortodosso, e quindi portare all’interno della Chiesa la secolarizzazione».
Chrysostomos
Il metropolita di Dodoni, Chrysostomos, nel suo saluto, ha ringraziato tutti i partecipanti al convegno e ha poi criticato aspramente il comportamento del Patriarcato di Mosca nei confronti delle “direttive”… («che noi eravamo abituati di ricevere da altri come una minaccia») di riduzione dei loro turisti verso la Grecia.
E ha proseguito con una testimonianza personale dicendo: «Essi si dimenticano che sono stato io il primo a far cadere il confine, il muro che esisteva, promuovendo centinaia di escursioni/pellegrinaggi. Negli anni che furono veramente difficili per la Russia sono stato un pioniere e alcuni mi avevano incolpato per questo».
L’arcivescovo di Cipro, Chrysostomos, ha espresso la sua fortissima disapprovazione per l’interruzione della commemorazione eucaristica dell’arcivescovo di Atene da parte del patriarca di Mosca, Cirillo: «Trovo inaccettabile l’atteggiamento del patriarca di Mosca. Non cancelliamo la memoria di un altro primate perché non siamo d’accordo con una delle sue posizioni. Solo se qualcuno diventa eretico, interrompiamo la comunione con lui. E, da quello che so, né l’Ecumenico né Atene sono eretici. Questo, ovviamente, non significa che io sia d’accordo con loro. Abbiamo cercato di fare da mediatori proponendo un incontro per trovare una soluzione, ma non è stato possibile e, quindi, non abbiamo insistito. Il patriarca ecumenico non vuole incontrare il patriarca di Mosca, né il patriarca di Mosca vuole incontrare l’Ecumenico. Per questo, come Chiesa di Cipro, siamo neutrali, perché non siamo d’accordo con nessuno dei due ma non abbiamo smesso di commemorare nessun primate».
La Chiesa di Serbia
La Chiesa di Serbia, fedelissima da antica data alla Chiesa russa, ha preso posizione per bocca del portavoce del Santo Sinodo Serbo che ha detto: «Gli atti della Chiesa di Grecia, per quanto riguarda il riconoscimento della nuova Chiesa dell’Ucraina, fanno piombare nell’abisso di uno scisma ancora più profondo l’Ortodossia». E ha aggiunto: «L’arcivescovo di Atene ha riconosciuto la nuova Chiesa dell’Ucraina senza consultare la Chiesa canonica (cioè quella di obbedienza russa, nda) sotto la guida del metropolita di Kiev, Onufrio. Questo atto è l’ultimo passo. Diventerà un abisso la frattura già esistente e sarà ancora più profonda e pericolosa nell’ortodossia ecclesiastica. Il riconoscimento degli scismatici ucraini comporterà l’esclusione del nome dell’arcivescovo di Atene dal dittico (la commemorazione eucaristica) della Chiesa ortodossa greca e l’interruzione della sua comunione eucaristica con tutti i vescovi della Chiesa di Grecia che saranno d’accordo con l’atteggiamento dell’arcivescovo e che entreranno in comunione con gli scismatici ucraini, i quali non hanno un vero ordine sacerdotale e non appartengono alla Chiesa ortodossa».
Secondo il portavoce, la nuova Chiesa è una struttura non riconosciuta, «costruita e portata avanti da organizzazioni separatiste ucraine». Sottolinea, inoltre, che «lo scisma non è stato causato dalla Chiesa ortodossa russa, ma solo dal Patriarcato di Costantinopoli, mentre la Chiesa di Grecia sarà responsabile di un ulteriore peggioramento della situazione».
La Chiesa serba ortodossa chiede un riesame di questa decisione, sottolineando che «non è ancora troppo tardi, perché non è mai superfluo ricordare a noi stessi che cosa è il peccato di scisma, altrimenti l’arcivescovo Hieronymos condivide la responsabilità davanti a Dio, alla Chiesa e alla storia, col patriarca Bartolomeo, il quale dimentica, prima di tutto, che è il vescovo di Costantinopoli, che il suo titolo significa che egli è il primo vescovo d’onore, e non il vescovo padrone di tutto il pianeta. La posizione della Chiesa ortodossa serba, formulata dal suo Santo Sinodo, rimane immutata. Noi non riconosciamo gli impenitenti scismatici ucraini come membri della Chiesa, e nemmeno la Chiesa ucraina come Chiesa canonica ortodossa autocefala».
Il metropolita Amfilochios
Il metropolita del Montenegro, Amfilochios, ha dichiarato che «è d’obbligo che la Chiesa rispetti tutto ciò che è accaduto nella storia» e che dovrà adattarsi alle nuove situazioni, sottolineando che «lo strumento supremo della Chiesa ortodossa è il Sinodo Panortodosso, e che solo esso può risolvere i problemi ecclesiastici». Ha osservato, infine, che, nella Chiesa di Cristo, c’è un solo capo, cioè Cristo. Tutti gli altri sono apostoli attorno al «Cristo, che è il capo della nostra Chiesa, alla quale apparteniamo e che serviamo».
Il Patriarcato serbo è interessato moltissimo alla questione di chi conferisce l’autocefalia. Già la Chiesa della Macedonia del Nord è divisa in due obbedienze, quella serba e quella che si è autoproclamata da tempo indipendente, la quale viene favorita dallo stato locale, che ha già avanzato richiesta al Patriarcato di Costantinopoli. E forse teme che, in futuro, anche in seno alla metropolia del Montenegro e delle Coste, ci possa essere chi si adopererà per chiedere l’indipendenza.
Il Patriarcato di Alessandria
Il Patriarcato di Alessandria ha proceduto a inscrivere nei suoi dittici la Chiesa autocefala dell’Ucraina. Infatti, durante la Divina Liturgia Patriarcale, che il patriarca e papa Sua Beatitudine di Alessandria e di tutta l’Africa, Teodoro II, ha celebrato presso la Chiesa degli Arcangeli a Daher, al Cairo, ha commemorato per la prima volta il metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina, Epifanio, come primate della Chiesa autocefala ucraina.
Alcune considerazioni
Abbiamo riportato questi testi per mostrare che, mutatis mutandis, attualmente nella Chiesa, sia dell’Oriente sia dell’Occidente, è in corso una lotta per il potere, mascherata da tanti pretesti e da nobili propositi per salvaguardare la tradizione o l’integrità della fede da tante pericolose contaminazioni.
La lotta appare encomiabile, però basta guardarsi intorno per capire che, in seguito allo sviluppo delle scienze e delle nuove tecnologie, come pure alla loro rapida globalizzazione, negli ultimi 200 anni si sono prodotti, almeno nella società europea occidentale, due “cambiamenti d’epoca” a livello culturale: la società contadina ha ceduto il passo all’epoca industriale moderna, e questa si è trasformata, negli ultimi decenni, nell’epoca postindustriale dell’informazione.
A molti di noi è capitato di conoscere i tre mondi con i rispettivi “paradigmi” culturali: abbiamo vissuto i nostri primi anni in piena cultura contadina; verso i vent’anni abbiamo assistito ad una rapida industrializzazione, urbanizzazione e “modernizzazione” del modo di pensare e di vivere, per poi passare, senza soluzione di continuità, al mondo postindustriale dell’informazione, della conoscenza e del cambiamento accelerato in cui ci troviamo immersi.
Di fronte al cambiamento non di un periodo storico ma di un’epoca, dove “la nuova cosmovisione” progredisce velocemente, rischiamo di trovarci «Come furono i giorni di Noè… Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti…» (Mt 24, 36-37).
Invece di attardarci a combattere e a difenderci dal nuovo che avanza – che è sì nebuloso ma promettente –, anziché prepararci ad accoglierlo nel miglior modo possibile, ci impegniamo «in nome di una “verità rivelata da Dio”, a mantenere determinate credenze, pratiche cultuali diventate culturalmente obsolete, che risultano non solamente sterili e alla lunga impossibili, ma anche chiaramente controproducenti per la “fede” o la spiritualità». E modi – aggiungerei io – di concepire il governo territoriale della Chiesa, quando si sa che essi sono frutto del forte influsso della vecchia cara Roma imperiale mai dimenticata, e in un momento in cui il baricentro della Chiesa si sposta più verso Sud, dove, ci piaccia o no, le culture sono assai lontane da quella europea e dove si chiede di pensare sia il governo sia la teologia in modo più consono alla loro cultura e non alle nostalgie antico-europee.