In prima assoluta, il 21 dicembre scorso, al teatro Bibiena di Mantova, è stato eseguito il brano musicale orchestrale «Ti aspettiamo» del compositore siriano Nahel Al Halabi. Il brano è dedicato a padre Paolo Dall’Oglio, gesuita, rapito in Siria nel luglio 2013. Il progetto musicale e sociale «Amata Siria» – con tanti altri brani ispirati a reali storie di siriani nella guerra – dal teatro di Mantova è pronto a fare tappa in teatri e chiese in Italia e nel mondo.
Sfiora l’atonalità l’attacco del brano orchestrale «Ti aspettiamo». Eppure si tratta di un brano di carattere melodico che originalmente fonde armonie classiche occidentali e arabo-mediorientali. La persona attesa è padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita fondatore del monastero di Mar Musa nel deserto della Siria, di cui non si hanno più notizie dal luglio del 2013. Il maestro Nahel Al Halabi, esule siriano in Italia, legato da personale amicizia a padre Paolo, è il compositore e il direttore del brano. Un tale principio orchestrale non può che riferirsi alla drammaticità di una vicenda umana solidalmente associata a un popolo provato dalla guerra in Siria e a tante altre storie di vita segnate da umano dolore. A queste il musicista dedica altri brani nell’ambito del progetto culturale e sociale «Amata Siria». Quella «Amata Siria» che da sette anni sta nelle parole e nel cuore di papa Francesco con tutta la Chiesa di Cristo memore della storia antica e delle origini delle grandi religioni dei popoli.
Dalle gravi battute inziali il brano passa, nello sviluppo, a tratteggiare musicalmente la personalità di padre Paolo col suo grande progetto di fraternità in Siria, da Innamorato dell’Islam credente in Gesù, ovvero da cocciuto del dialogo nel deserto siriano (dal titolo e sottotitolo del suo libro Jaca Book). Con le note successive, infatti, il compositore riproduce la vita indomita del religioso nel perseguimento del suo alto ideale, col suo instancabile movimento fuori e dentro le mura di un monastero divenuto una “casa” per molti siriani di varie appartenenze, «punto di dialogo interreligioso in cui chiunque poteva sostare per giorni di ricerca interiore».
«Padre Paolo conosceva e conosce in profondità l’Islam e (ovviamente) il Cristianesimo». Ricorda Al Halabi: «Conosceva persino l’etimologia e l’origine delle parole sia del Corano che del Vangelo e sapeva meravigliosamente portare alla luce concetti comuni alle diverse tradizioni religiose, in maniera comprensibile e disarmante per tutti; (…) solo chi non avesse voluto pregiudizialmente capire non poteva apprezzarne la grandezza, vera soluzione di umanità!».
Lo sviluppo musicale del brano porta quindi a più sereni lirismi, ben evidenti nei passaggi al pianoforte, come a momenti di richiamo della vita di contemplazione del monastero di Mar Musa, evocati da tocchi di percussione di campane fisse, secondo l’antica tradizione orientale. Quale emozione per le sorelle di padre Paolo, Francesca e Cecilia Dall’Oglio, presenti alla prima rappresentazione, sapere che il fratello è stato conosciuto e viene ancora ricordato “così”! Un “così” posto poi al culmine di un massimo crescendo musicale a cui la regista e voce recitante Federica Restani ha sovrapposto un verso del mistico sufi Gialal al-Din Rumi: Se qualcuno vi chiede come Gesù resuscitò il morto, baciatemi sulle labbra e dite “così”! Ossia, con un atto di amore affettuoso, senza limiti, senza confini, atteso dal cuore di tutti gli uomini e di tutte le donne del mondo e per ciò in grado di conquistare il cuore di tutti, di suscitare davvero tutti.
Come rammentato da Francesca Dall’Oglio, l’attività di Mar Musa prosegue. Al termine della Messa, celebrata in rito siro-cattolico, in lingua araba quale mezzo di autentica inculturazione del Vangelo, la comunità monastica intona invocazioni tratte proprio da canti sufi. La smisurata fiducia di padre Paolo nell’umano globale in cui Dio si è incarnato, non è dunque smarrita.
Dopo circa sette minuti di musica intensa e di qualità, il brano va a spegnersi lentamente in un silenzio ormai caricato di interrogativi, di aspettative, ma ancora e in ogni caso, di speranza. «L’ho incontrato l’ultima volta all’inizio del 2013», evidenzia ancora il maestro con le parole premesse dal testo elaborato da Marta Cicu e soprattutto col finale della sua composizione musicale. «Mi ha detto che avrebbe voluto parlare con coloro che stavano spargendo il sangue del popolo siriano, per dire loro che stavano sbagliando». Non era ben chiaro allora chi fossero questi uomini e perché stessero combattendo. «Padre Paolo sapeva soltanto che si stavano esponendo in nome dell’Islam. Per ciò ha creduto che fosse possibile dialogare sinceramente anche con loro. Deve essere riuscito ad incontrali, ma invano… perché quegli uomini, in verità, con l’Islam non avevano niente a che fare. (…) L’attivismo e la fiducia estrema nel Verbo hanno trasportato padre Paolo come acqua fresca in un torrente divenuto improvvisamente, dal 29 luglio 2013, uadi del deserto in apparenza arido». Nella musica risuona in ogni caso l’eco della sua esistenza. «Padre Paolo, Noi ti aspettiamo».