Dal 9 all’11 maggio, una quarantina di noi parroci, insieme con i membri della Conferenza episcopale greca, nell’ambito dell’annuale riunione primaverile, abbiamo assistito alla presentazione dell’esortazione apostolica post-sinodale del santo padre Francesco – Amoris lætitia –tenuta dal prof. don Basilio Petrà.
La presentazione si è svolta in quattro conferenze con relativi dibattiti. Nella mattinata dell’11 maggio è stato effettuato un fraterno scambio di vedute e di informazioni sui lavori della conferenza episcopale e su alcuni problemi pastorali che incidono sulla quotidianità dei nostri fedeli. L’interesse si è focalizzato su due punti:
Il primo riguardava la problematica del sacramento che noi chiamiamo cresima, mentre per il resto del mondo cattolico è la confermazione.
Il secondo, in diretto riferimento all’esortazione apostolica, concerneva i matrimoni misti tra cattolici e ortodossi.
Credo che questi due argomenti non interessino solo la nostra piccola Chiesa e, pertanto, vorrei farvi partecipi della nostra problematica.
Il contesto
Nel contesto religioso in cui viviamo, nonostante la secolarizzazione e l’indifferenza religiosa, notiamo anche un ritorno del sacro. Teniamo presente che la Grecia è una nazione dove cristianesimo (= ortodossia) e nazionalità sono concetti che si compenetrano a vicenda. L’idea della laicità dello Stato è ancora in cammino. Per la grandissima maggioranza della gente, essere greco e, nello stesso tempo, essere cattolico, risulta incomprensibile, con le relative difficoltà.
Certo, noi cerchiamo di coltivare l’ecumenismo almeno di “buon vicinato” e di “dialogo dell’amore”. Nelle nostre isole (Syros, Tinos, Naxos, Santorini), dove la nostra presenza cattolica è considerevole, i problemi rimangono circoscritti ad alcuni ambienti. Da parte nostra facciamo tutto ciò che è possibile per non urtare la loro suscettibilità. In più – sempre nei limiti del possibile – cerchiamo di attenuare le differenze.
Faccio alcuni esempi. Diamo la comunione sotto le due specie, sapendo che per un ortodosso è inconcepibile la comunione con il solo pane. Ci dicono, infatti, che nel Vangelo è scritto: “Prendete mangiate, prendete bevete”.
Anche il nostro pane azzimo per l’eucaristia è un grosso problema per loro che usano pane lievitato.
Inoltre, dato che la maggioranza delle famiglie sono miste, celebriamo la Pasqua nella loro stessa data “vecchiocalendarista”.
Questo però ci crea molti problemi con la pastorale del turismo. I turisti cattolici che vengono per le loro vacanze pasquali, si trovano nella situazione di non poter celebrare la Pasqua secondo il calendario liturgico latino perché noi qui, seguendo il calendario ortodosso, possiamo essere ancora in quaresima! Oppure bisogna che qualche prete cattolico di qui celebri due volte la Pasqua! Per poter recitare almeno il Padre nostro insieme, abbiamo optato per il greco del Vangelo, come gli ortodossi. È risaputo che il greco del Vangelo è diverso dal greco attualmente parlato. Il problema è che molti dei nostri fedeli ma anche molti dei loro – e specialmente i nostri bambini – non capiscono cosa recitano esattamente!
Per di più, ultimamente, è ritornata in auge una vecchia norma canonica dell’epoca delle grandi eresie, secondo la quale ad un cristiano ortodosso è vietato pregare con uno non pienamente cristiano. Ci siamo dentro anche noi cattolici che, nel migliore dei casi, siamo da loro considerati scismatici. Il bello è che questa norma canonica ha preso di nuovo vigore con la visita di papa Giovanni Paolo II!
E per finire – ma non ultimo per importanza – nelle scuole statali, dove anche noi possiamo insegnare religione, abbiamo adottato i libri di testo ortodossi, con la speranza di formare, da parte nostra, una mentalità comune.
La Chiesa cattolica in numeri
La Chiesa cattolica in Grecia adesso è veramente cattolico-universale. In una popolazione di 10 milioni di abitanti, gli ortodossi sono il 98%, i greci cattolici latini sono circa 40.000, i cattolici di rito greco si aggirano intorno ai 1.000, così come gli armeni.
Con tanto amore ci prendiamo cura di circa 300.000 profughi: caldei, assiri, gente del Medio Oriente, dell’Africa, delle Filippine, dell’ex blocco del socialismo reale, considerandoli parte integrante della nostra Chiesa.
Alcuni di loro sono ormai residenti in Grecia. Altri sono in attesa di partire non sapendo però né quando né per dove. Altri cercano di fare un po’ di soldi e di rientrare in patria. Altri cercano semplicemente di sopravvivere. Tutti portano le consuetudini religiose e culturali delle loro patrie d’origine. Vogliono in qualche modo riprodurle per sentirsi in patria. Questo può essere considerato ovvio e liberante per i semplici fedeli laici.
Esiste però un piccolo problema. Il clero locale greco scarseggia. Abbiamo chiesto aiuto ad altre Chiese, a cominciare da quelle che hanno i loro connazionali in Grecia e abbiamo ricevuto risposta positiva.
Questi confratelli sacerdoti non sono “missionari” ma personale integrato nella Chiesa locale come parroci a servizio di tutti. Ma anche loro portano quello che hanno ricevuto nelle loro patrie e riproducono le loro consuetudini perché così hanno imparato a fare. A volte, si ha l’impressione che ci sia bisogno di un ecumenismo ad intra!
Vero è che nella Chiesa della Grecia non rimane tempo per annoiarsi o per essere abitudinari sia nella vita interna sia nelle relazioni con lo Stato sia con la Chiesa ortodossa. Da notare che, solo ultimamente, la Chiesa cattolica in Grecia ha avuto il riconoscimento ufficiale da parte dello Stato e che la Chiesa ortodossa si considera l’unica vera Chiesa. Dunque, problemi e problemini si presentano con cadenza giornaliera.
Infine, la Conferenza episcopale. È formata da tre arcivescovi e da un vescovo di rito latino, da un vescovo esarca di rito bizantino e da un amministratore apostolico per gli armeni. Da notare che due degli arcivescovi hanno oltrepassato la soglia dei 75 anni. Ci sono ancora tre vescovi emeriti. Nel clero secolare, una cinquantina sono di nazionalità greca mentre una trentina provengono da nazionalità diverse, in prevalenza polacchi e rumeni. Anche per i religiosi e le religiose vi è la stessa proporzione, con prevalenza dei non-greci. Le molte scuole istituite da religiosi e religiose sono tuttora di prestigio ma, di fatto, sono rette da laici educati nel carisma del fondatore. La presenza fisica dei religiosi è ormai di sola rappresentanza!
La questione del sacramento della cresima
Per cominciare, prendiamo atto dei problemi linguistici che rivelano divergenze teologiche le quali fanno sorgere problemi pastorali pratici.
a) La questione linguistica
Nella lingua greca parliamo di “misteri”, mettendo l’accento sull’iniziazione ad un modo e ad un senso di vita nuovi. Nell’occidente invece si parla di “sacramenti”, ponendo l’accento piuttosto sulla validità e l’autenticità di ciò che si riceve.
Noi parliamo di “cresima”, mettendo l’accento sull’unzione che consacra e che abilita. Nell’occidente, invece, si parla maggiormente di “confermazione”, e si pone l’accento più sulla conferma di ciò che si è ricevuto precedentemente.
Nell’occidente si parla di “padrino” sia nel battesimo che nella “cresima-confermazione”, e il padrino del battesimo può essere diverso dal padrino della confermazione. Gli ortodossi hanno invece l’anadochos, che significa “colui che accoglie” il neofita dopo il battesimo. Il padrino è unico, dal momento che la cresima (l’unzione) segue subito il battesimo. Inoltre, è corresponsabile per tutta l’ulteriore formazione cristiana del figlioccio.
Tutto ciò incide nella comprensione dei misteri-sacramenti e sulla retta sequenza dei misteri-sacramenti dell’iniziazione cristiana.
b) L’ordine dell’iniziazione: battesimo-cresima-comunione
Per gli ortodossi, ricevere la comunione prima della cresima-confermazione è un non senso. Gli ortodossi, anche nel dialogo teologico in corso, ci rimproverano di aver alterato la taxis, ossia l’ordine del conferimento dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Noi, cattolici della Grecia, per motivi pastorali e volendo continuare un dialogo ecumenico proficuo, parliamo molto del nesso che c’è tra i due sacramenti dell’iniziazione cristiana e della fatica che alcuni fanno a distinguere i due sacramenti, battesimo e cresima. Da tempo chiediamo alla Santa Sede di seguire l’antico ordine di conferimento dei sacramenti, cioè: battesimo-cresima-eucaristia, non solo per gli adulti, ma anche per i bambini.
E questo per due motivi:
1) L’eucaristia, secondo il concilio Vaticano II, è «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» (cf. LG 11: AAS 57 (1965) 15). Quindi, il sacramento dell’eucaristia è il culmine dell’iniziazione cristiana.
Alcuni Padri, alla luce della tipologia dell’immersione battesimale nell’acqua, presentano l’elemento acqua come simbolo della morte e lo Spirito Santo come il fattore che dà la vita.
2) Il battesimo del Signore si pone come “figura” e “tipo” di ogni cristiano. In esso appare chiaramente il ruolo dello Spirito. È al momento del battesimo che «Dio unse di Spirito Santo e di potenza Gesù di Nazareth» (At 10,37 s.). È allora che Gesù si è manifestato come l’Unto, il Cristo, il Messia, e fu allora che «gli si aprirono i cieli e vide lo Spirito di Dio scendere, a guisa di colomba, e venire sopra di lui» (Mt 3,16). Lo Spirito rivela l’umanità di Cristo al Padre e il Padre lo rivela come suo Figlio, su cui pone ogni sua compiacenza. Perciò il battesimo del Signore si chiama “teofania”, “epifania”, manifestazione delle tre Persone nella loro testimonianza unanime.
Similmente, per il cristiano, la nuova nascita avviene per opera dell’acqua e dello Spirito (Gv 3,5). Nel battesimo si riceve lo Spirito Santo, condizione indispensabile per la nostra rigenerazione.
La nostra cristificazione nel sacramento dell’eucaristia presuppone la pneumatizzazione nel sacramento della cresima. Come afferma Teodoro Studita: «la liturgia è la ricapitolazione di tutta l’economia della salvezza» (Antirrheticus I, 10,; PG 99, 340 C) e proprio nella vita liturgica della Chiesa è più che mai evidente l’azione dello Spirito Santo (cf. P. Evdokimov, “Lo Spirito Santo pensato dai Padri e vissuto nella liturgia”, in Lo Spirito Santo e la Chiesa. Una ricerca ecumenica. A cura di E. Lanne (Teologia oggi 13), Roma 1970, 239-264; Idem, La preghiera della Chiesa orientale (Koinonia 8, Brescia 1969).
La liturgia ci comunica Cristo e in essa noi entriamo in comunione con Cristo. Tutti i misteri della vita di Cristo e specialmente il suo mistero pasquale, ma anche – senza dubbio – tutta la storia della salvezza, compresa la seconda venuta, diventano attuali e operanti per noi nella liturgia. Ora, è grazie allo Spirito Santo che la liturgia è la manifestazione di Cristo e la cristificazione del discepolo di Cristo. È lo Spirito Santo, operante nel «tempo della Chiesa», che fa sì che il Cristo sia nuovamente vivo e operante in mezzo a noi. Grazie allo Spirito, il tempo è vivificato.
Il carattere pentecostale dell’eucaristia è più che evidente nella liturgia dei vari riti, specialmente in quelli orientali e anche nei Padri e negli scrittori ecclesiastici. Sono innumerevoli i testi che parlano dell’epiclesi eucaristica come una discesa pentecostale dello Spirito, condizione indispensabile per la presenza eucaristica di Cristo.
Sant’Atanasio afferma: «Abbeverati dallo Spirito, noi beviamo Cristo» (Prima lettera a Serapione, PG 26, 576 A). Noi possiamo ricevere il corpo di Cristo solo se abbiamo lo Spirito: è lo Spirito che ci porta Cristo e Cristo ci porta lo Spirito secondo la legge generale dell’economia della salvezza. Là dove c’è lo Spirito, c’è Cristo, e là dove è Cristo vi è lo Spirito. Nella comunione noi non riceviamo solo il Cristo ma anche lo Spirito Santo.
Attraverso lo Spirito noi riceviamo tutti i sacramenti, specialmente l’eucaristia. L’eucaristia non solo rappresenta il centro e il culmine di tutta la vita liturgica della Chiesa, ma anche la sintesi della nostra fede. Sant’Ireneo pone l’equivalenza: «La nostra dottrina è d’accordo con l’eucaristia e l’eucaristia lo conferma» (Adv. haer. IV, 18, 5,: SC 100, 1965, p. 610).
Oggi nella teologia cattolica si parla molto del nesso che c’è tra i due sacramenti dell’iniziazione cristiana, il battesimo e la cresima. Anzi alcuni fanno fatica a distinguere questi due sacramenti (cf. Y. Congar, Credo nello Spirito Santo, vol. III, 225-235). Nella tradizione orientale questi due sacramenti, benché distinti, hanno una strettissima connessione; si direbbe che sono le due facce di una stessa medaglia.
Il ripristino
Detto questo, perché non ricominciare a celebrare il sacramento dello Spirito (l’unzione, la cresima) con il battesimo, come si fa per gli adulti, anche ai bambini usando la formula antica: «Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono», che si usa oggi nel celebrare la cresima? Poi, in un’età più matura, si potrebbe ricevere la confermazione del sacramento della cresima, con un’invocazione adatta dello Spirito Santo e con la rinnovazione della professione di fede.
Si risolverebbero inoltre alcuni problemi collaterali fra i quali, per es., l’età dei cresimandi-confermandi.
Per noi esiste poi un altro problema: quello del padrino, che ormai, molto spesso, rischia di offuscare tutta la preparazione e l’atmosfera del sacramento. Si richiede, infatti, che ci sia un padrino e che esso sia cattolico; inoltre, è auspicabile che sia lo stesso del battesimo e che abbia una buona testimonianza di vita.
Il nodo da sciogliere si ha quando la famiglia sceglie per padrino un ortodosso. Il problema diventa ancora più spinoso se questo ortodosso ha già celebrato un matrimonio misto con un/a cattolico/a, e se ha, a sua volta, battezzato i suoi figli nella Chiesa cattolica: come si fa a spiegargli che non può fungere da padrino? Come spiegargli tutte quelle teorie, validissime per le aule e per i fori teologici, quando ti rinfaccia: “allora ero degno e adesso perché non lo sono?”. Oppure, se questo ortodosso, a suo tempo, è stato padrino di battesimo insieme con un cattolico, come si fa a spiegargli e fargli digerire certe sottigliezze, come ad es., dicendo che allora era testimone ma non padrino?…
[segue]