Il Patriarcato di Mosca ha pubblicato in questi giorni il progetto di un Catechismo della Chiesa ortodossa russa. Il testo, come scrive la Fondazione Pro Oriente – creata nel 1964 dal card. di Vienna Franz König allo scopo di migliorare le relazioni tra la Chiesa di Roma e le Chiese ortodosse e quelle orientali – è stato elaborato della Commissione teologica del Santo Sinodo, presieduta dal metropolita Hilarion (Alfejev).
Si tratta del primo tentativo “moderno” di raccogliere la dottrina ortodossa in un testo da mettere a disposizione di tutti i sacerdoti e i fedeli. Ora, sul progetto sarà aperta una larga consultazione, per giungere infine a un documento ampiamente condiviso. Il testo probabilmente sarà approvato nel prossimo Concilio del Patriarcato nella riunione del 29 novembre – 2 dicembre.
Il testo è diviso in sei capitoli:
- Fondamenti della fede ortodossa;
- Fondamenti dell’Ordine canonico e della vita liturgica della Chiesa ortodossa;
- Fondamenti della dottrina morale ortodossa;
- Fondamenti del progetto sociale della Chiesa ortodossa russa:
- Fondamenti della dottrina della Chiesa ortodossa russa sulla dignità, la libertà e i diritti umani;
- Fondamento dell’atteggiamento della Chiesa ortodossa russa verso i cristiani non ortodossi.
I capitoli 4 5 e 6 si riferiscono letteralmente a documenti ecclesiali già approvati in circostanze precedenti dal Concilio episcopale del Patriarcato di Mosca e perciò non hanno bisogno di essere nuovamente discussi. Gli osservatori escludono che a Mosca si ripeta ciò che è avvenuto lo scorso anno al Concilio ortodosso di Creta, quando il problema delle relazioni con i cristiani non ortodossi provocò drammatiche dispute.
Il via nel 2008
Il Concilio episcopale del Patriarcato di Mosca aveva dato il via all’elaborazione di un catechismo moderno nel 2008. L’anno dopo, ad elaborare il progetto venne incaricata la Commissione biblico-teologica. Questa, a sua volta, invitò a collaborare vari specialisti dei diversi rami della teologia. I lavori si conclusero nel gennaio 2016 e il progetto fu accolto all’unanimità nella seduta plenaria della Commissione il giorno 29 dello stesso mese.
Il Concilio episcopale, nella sua riunione del 1-3 febbraio 2016, decise di inviare il testo ai membri permanenti del Santo Sinodo, agli esarchi della Chiesa russa all’estero e a «quei vescovi diocesani che volessero collaborare alla revisione del testo». La Commissione biblico teologica incorporò poi i suggerimenti giunti da questi ambiti nel progetto ora pubblicato.
Pro Oriente, per aiutare a comprendere la portata di questo catechismo, cita il seguente commento, pubblicato nell’agenzia Asia News (25 luglio 2017), di Stefano Caprio, del Pontificio istituto orientale, uno dei primi sacerdoti a operare pastoralmente e teologicamente nell’allora Unione Sovietica: «Come viene illustrato nella premessa storica del progetto presentato, la Chiesa ortodossa intende restaurare la sapienza catechistica degli antichi padri della Chiesa, ma anche raccogliere i migliori frutti della tradizione specificamente russa. Fino ad oggi, infatti, nella catechesi russa si adoperano vari testi, dei quali almeno due rappresentano storicamente una sintesi autorevole della dottrina, tanto da essere ampiamente utilizzati nella pratica ecclesiale. Il primo risale agli inizi del ’600, la famosa Confessione ortodossa del metropolita di Kiev Petr (Mogila), che tentò una mediazione con la scolastica latina e le tendenze protestanti del tempo. Mogila fu il primo a tradurre il termine del Credo sulla Chiesa “cattolica” con il termine russo sobornaja, “conciliare” e universale, che ebbe grande fortuna nella riflessione e nella confessione di fede dei russi. Con questa formula, e molte altre proposte dal metropolita fautore dell’incontro tra Oriente e Occidente, si intendeva proporre la tradizione russa come luogo del dialogo e della sintesi, senza insistere sulle differenze e sulle separazioni storiche. Per questo tentativo, Petr Mogila ebbe molti apprezzamenti anche da Roma, che vedeva in lui un possibile protagonista della riunione tra cattolici e ortodossi, che per poco non si realizzò già in epoca barocca.
Il Catechismo del 1823
L’altro testo, ad oggi il più comune nella vita pastorale della Chiesa russa, è il Catechismo del 1823, composto dal metropolita di Mosca Filaret (Drozdov). In assenza del Patriarca (la Chiesa era retta da un Sinodo, controllato dallo zar), Filaret fu la vera guida dell’ortodossia russa per quasi cinquant’anni, nel periodo della grande creatività artistica e letteraria del “Secolo d’oro” della cultura russa. Negli anni in cui ferveva il dibattito tra “slavofili” e “occidentalisti”, Drozdov era un punto di riferimento per gli uni e per gli altri, dialogando con Puškin e Khomjakov, Turgenev e Belinskij, cercando di ridare dignità anche alla cultura ufficiale della Chiesa, spesso disprezzata e marginalizzata dall’intelligentsija.
Al tempo della rivoluzione, la Chiesa russa aveva finalmente deciso di aprirsi pienamente alla società e al dialogo con la cultura, e si riunì in Concilio proprio nell’agosto del 1917, allo scopo di trovare le modalità per proporsi adeguatamente nella nuova Russia che si stava formando. La lunga notte bolscevica interruppe il tentativo, che venne comunque portato avanti in clandestinità da tanti martiri della fede, come il p. Aleksandr Men’, ucciso nel settembre 1990, all’alba della nuova Russia post-sovietica. Padre Men’ era un grande catechista e predicatore, e riuscì a trasmettere una modalità viva ed efficace di fede e di cultura, di cui oggi si raccolgono i frutti, anche nei testi ufficiali del Patriarcato.
L’ultimo ventennio
L’idea del “Catechismo” rappresenta dunque un’eredità intrisa della sapienza vissuta dai martiri russi per la fede dello scorso secolo, e la sua composizione è in discussione fin dagli anni ’90. Nel Sinodo giubilare del 2000, dietro insistenza dell’allora metropolita Kirill (Gundjaev), attuale patriarca, la Chiesa russa approvò un documento di “Dottrina sociale”, che costituì di fatto la piattaforma ideologica per le trasformazione sociali dell’ultimo ventennio, nella vita del Paese e nella stessa politica putiniana.
La stesura tanto attesa del “Catechismo” risponde oggi a un’esigenza di elevazione culturale e spirituale del cristianesimo russo, che cerca di non rimanere confinato alla dimensione socio-politica, diventata nel frattempo sempre più radicalmente conservatrice e nazionalista…
Il Patriarcato sta facendo ogni sforzo per diffondere la pratica della catechesi, che in tempi passati era considerata con sospetto dai sacerdoti e dai fedeli, come un cedimento della purezza ascetico-spirituale dell’ortodossia al razionalismo cattolico e protestante. Oggi invece potrebbe diventare il volano di una nuova definizione della comunione ecclesiale sobornaja, veramente universale, insieme “cattolica” e “ortodossa”, come nella più genuina tradizione della cultura religiosa russa.