In Romania, circa 20 milioni di abitanti, l’80% della popolazione si dichiara di essere di tradizione cristiana ortodossa. La Chiesa è autocefala ed è organizzata in maniera indipendente dalle altre Chiese del mondo ortodosso. Sono chiese “nazionali”.
Questo comporta una collaborazione stretta con lo Stato, il quale favorisce la riduzione delle tasse per il clero, il controllo non troppo rigoroso dei soldi che arrivano dalle parrocchie, dai monasteri e dalle diocesi, la mancanza di sorveglianza nell’ambito della sua attività pastorale e formativa.
L’indagine di un giornalista coraggioso
Un giornalista romeno, Victor Ilie del canale internet recorder.ro, ha voluto vederci chiaro e condurre una ricerca per sapere se la Chiesa ortodossa romena riceve soldi pubblici dallo Stato e come li spende. Ha investigato per più di otto mesi.
Il documentario su youtube Clanul Marelui Alb (Il clan del Grande Bianco) è stato visto finora da più di tre milioni e mezzo di persone. Di che si tratta nel documentario: il “Grande Bianco” è l’attuale patriarca della Chiesa ortodossa romena, di cui si fa un gran parlare per essere iscritto alla loggia massonica e per un forte irrigidimento nei confronti dell’ecumenismo. Non è schierato né con il patriarca russo Cirillo né con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo.
Dirige la Chiesa romena dal 30 settembre 2007, dopo la morte del predecessore Teoctist, la cui fama continua a crescere. Viene ritenuto un santo e la sua tomba è meta di pellegrinaggi. Avendolo conosciuto di persona e frequentato spesso, non posso che confermarlo.
Secondo l’investigatore, niente accade nella Chiesa ortodossa romena senza la sua benedizione. Al giornalista l’idea di investigare è venuta dopo aver provato più volte di venire a conoscenza dei rapporti finanziari della Chiesa per vedere come sono spesi i soldi pubblici investiti dal potere politico nel restauro di chiese, soprattutto dell’imponente cattedrale, che si sta costruendo dal 2010.
All’inizio del più grande progetto di costruzione della Romania dopo Ceausescu (1989), i responsabili della Chiesa sostenevano che la costruzione, che si erge nel cortile del palazzo del parlamento romeno, detto anche “Casa di Ceausescu”, la più grande costruzione romena nel periodo comunista, sarebbe stata realizzata con i fondi della Chiesa e con piccoli contributi statali. In realtà, i dati dicono il contrario: circa l’80% dei soldi viene da fondi pubblici, mentre il resto viene da donazioni private, dai fedeli, dai monasteri e dalle parrocchie.
Non ricevendo alcuna informazione da parte del patriarcato, il giornalista decise di agire “sotto copertura”. Munito di una piccola camera, si è presentato ai responsabili della costruzione sotto una falsa identità: Gabriel Petrescu, rappresentante di una società di consulenza in grado di attirare fondi europei per il restauro di chiese e monasteri e per portare a termine la costruzione della gigantesca cattedrale. Ha agito – è la sua confessione – in maniera semplice.
Primo passo: è riuscito a penetrare al di là del muro che è attorno al patriarca Daniel. Di fatto, il giornalista ha trovato un contatto con un uomo politico di grande esperienza nelle immobiliari e nelle costruzioni e gode della fiducia del patriarca.
Secondo passo: ha escogitato una strategia in grado di coinvolgere personale ecclesiastico ortodosso proponendo progetti per ottenere fondi europei.
Terzo passo: è entrato in contatto con imprenditori favorevoli all’esecuzione dei lavori proposti nei progetti.
Il giornalista ha le strade aperte. Ha l’appoggio dei capi della più alta gerarchia ortodossa, compreso il vicario eparchiale dell’arcivescovo di Bucarest ed è conosciuto e stimato da persone che lo possono aiutare per avere i fondi europei. La rete, che si è costruita, dà il titolo al documentario: “Il clan del Grande Bianco”.
Cosa emerge dall’inchiesta
Che cosa emerge dall’inchiesta: i soldi provenienti dai fondi pubblici, una volta entrati nella cassaforte della Chiesa non hanno più controlli; gli esecutori dei lavori sono sempre gli stessi in collaborazione stretta con l’alta gerarchia ortodossa romena, soprattutto con il patriarca Daniel; i prezzi sono ben oltre quelli del mercato, non c’è nessun controllo.
L’inchiesta di Victor Ilie aveva l’intento di informare la gente riguardo ai soldi della Chiesa.
Lo Stato romeno ha donato il terreno per la costruzione della cattedrale di 11 ettari, valore di circa 180 milioni di euro; la Chiesa ha ricevuto dal governo, dai municipi e dai consigli municipali, altri 120 milioni di euro per la cattedrale; la Chiesa non ha mai comunicato le società con le quali lavora; uomini politici sono in stretta collaborazione con la Chiesa per ottenere soldi pubblici senza dare conto a nessuno. Così la Chiesa aumenta sempre più il reddito, mentre la popolazione vive poveramente e soffre della pandemia, che continua a mietere vittime. È vero che i dati dicono che la Romania è un paese molto religioso, ma aumenta sempre più la sfiducia nella Chiesa istituzione, soprattutto nel patriarcato.
C’è una corrente che si sta facendo strada. È di stampo “umanista”, che non intende separarsi dalla Chiesa ortodossa, né attaccare la fede e la tradizione ortodossa, ma chiede che i ministri della Chiesa, privilegiati, siano trattati come tutte le altre categorie sociali del Paese. È ovvio che questa corrente si veda emarginata dalla Chiesa e continuamente accusata di voler la fine della Chiesa “nazionale”.
Il giornalista del documentario viene continuamente fatto oggetto di attacchi da parte del patriarcato. Lo si accusa di diffondere sospetti e di attaccare l’immagine pubblica del patriarca, definito dal portavoce del patriarcato «una persona integra e molto importante nella società romena». Al giornalista si rimprovera di non tener conto di quello che sta facendo la Chiesa ortodossa in piena pandemia.
Scontata la sorte dell’uomo politico: è stato dimesso dal suo partito politico e dalle funzioni che occupava nella Chiesa. Trattato da traditore dal vicario eparchiale. La costruzione della cattedrale va avanti. Si lavora giorno e notte. I mosaici sono splendidi. La grande campana è un dono di papa Francesco.
L’intento del coraggioso giornalista era per la verità molto semplice: fare chiarezza sui fondi pubblici che vengono spesi al più alto livello della Chiesa e dello Stato in Romania nel 2021, trentadue anni dopo la rivoluzione che mise fine al potere comunista.
I capi delle chiese ortodosse sono nemici veri di Cristo e della Santissima Trinità, spesso sono massoni anticlericali corrotti con troppo spreco e maneggio di fondi pubblici
Mi pare che la Chiesa ortodossa romena stia dando – a livello di alcuni suoi importanti vertici – uno spettacolo di sé già così triste da non esserci alcun bisogno del tifo di prelati cattolici romeni in questo penibile gioco al massacro. E intanto la secolarizzazione spazza via sempre più frequentatori dell’uno e dell’altro orticello, con buona pace dell’ottusità (colpevole) dei primi e del complesso da minoranza dei secondi.
Come i cattolici qialunque altra religione non seguiranno i comandamenti riguardo la ricchezza
La poverta’ essere umili vivere inncomunione
Solo egoismo ipocrisia e vizi come i comuni mortali .Nessun religioso e’mai sara’ immune
Da queste terrene debolezze
Vogliamo che sia chiarezza sine ira et studio. Tutto qui!
Bravissimo!