Il Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) chiede ragione al patriarca di Mosca Cirillo circa la definizione di «guerra santa» a proposito dell’aggressione russa all’Ucraina. Il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, denuncia di nuovo la pretesa di Mosca di definirsi «terza Roma». Cosa resta dell’ecumenismo?
Il 12 aprile, il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Jerry Pillay, dà notizia di una sua lettera al patriarca Cirillo in cui chiede ragione delle affermazioni contenute nell’ormai noto documento-decreto del Consiglio mondiale del popolo russo Il presente e il futuro del Russkij Mir (cf. SettimanaNews qui; e qui), in cui si proclama l’appoggio totale alla guerra in Ucraina, la riaffermazione che il «mondo russo» comprendente russi, ucraini e bielorussi, la dimensione imperiale della Russia, la famiglia necessariamente numerosa e devota, la politica anti migratoria, l’educazione autarchica e l’ipotesi irrealistica di una nuova urbanistica. Risuona in particolare l’espressione di «guerra santa».
Cirillo si contraddice
Pillay chiede anzitutto se i contenuti del documento – il Congresso mondiale del popolo russo è stato fondato da Cirillo che presiede tutte le sue assemblee e i cui testi appaiono sul sito ufficiale del patriarcato russo – si debbano riferire a un organismo autonomo o alla Chiesa russa.
In secondo luogo, se Cirillo conferma o meno quanto affermato nel colloquio diretto con la delegazione del CEC nel maggio del 2023. In quel colloquio egli disse che l’uso dell’espressione «guerra santa» andava attribuita ai riferimenti «metafisici» relativi alla guerra e quindi non alla «guerra guerreggiata» in atto. «Egli era d’accordo con il segretario generale del CEC sull’affermazione che nessuna guerra di violenza armata può dirsi “santa”».
«Inoltre, dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 le più alte istanze direttive del CEC – il Comitato centrale nel giugno del 2022 e l’11ª assemblea nel settembre 2022 – hanno fermamente condiviso la posizione secondo cui “la guerra è incompatibile con la natura stessa e la volontà di Dio per l’umanità ed è contro i nostri principi cristiani ed ecumenici fondamentali”. Le più alte istanze hanno esplicitamente denunciato l’invasione dell’Ucraina come “illegale e ingiustificabile”. Inoltre, hanno rifiutato “ogni utilizzazione abusiva del linguaggio e dell’autorità religiosa per giustificare l’aggressione armata e l’odio”. La Chiesa ortodossa russa era rappresentata nelle due riunioni chiavi dell’organismo direttivo e nei processi che hanno condotto all’adozione di tali dichiarazioni».
Intollerabili sono anche le affermazioni che qualificano l’invasione come una tappa della liberazione nazionale russa contro il regime criminale «di Kiev e dell’Occidente collettivo che lo sostiene», condannando l’Ucraina a zona di influenza esclusiva della Russia.
Il testo del comunicato stampa conclude:
«In conseguenza, il segretario generale del CEC ha scritto al patriarca Cirillo per ottenere chiarimenti e per sapere se il decreto debba essere compreso come espressione propria della Chiesa ortodossa russa, come tali posizioni possano essere difese da una Chiesa membro del CEC, e come esse possono concordare con quello che noi abbiamo ascoltato direttamente dalla bocca del patriarca stesso. Una riunione urgente è stata chiesta per discutere la questione e per trovare risposte alle preoccupazioni sollevate nel seno della comunità fraterna del CEC».
La Russia fuori dal CEC?
Già durante l’assemblea generale del settembre 2022 a Stoccarda (Germania) alcune voci avevano chiesto di espellere il Patriarcato di Mosca dell’organismo e invocavano, a conferma, la saggia decisione del CEC di allontanare quelle Chiese del Sud Africa che sostenevano l’apartheid, per poi riaccoglierle quando la loro posizione fosse mutata.
Recentemente, alcuni accademici tedeschi sono tornati sulla questione, come Reinhard Flogaus.
L’altro organismo che rappresenta solo le Chiese cristiane a livello Europeo (KEK) si era già espresso in maniera esplicita contro la Chiesa russa. Il suo presidente, mons. Nikitas di Tiatira e Gran Bretagna, ha riaffermato la posizione in una recente visita in Ucraina (13 aprile).
«Siamo qui per testimoniare che i nostri fratelli e sorelle ucraini non sono abbandonati né dimenticati […] Le persone di tutto il mondo devono sapere che l’Ucraina non fa parte del “mondo russo”. La sovranità e l’integrità dei confini devono essere rispettate […] Siamo profondamente impegnati per una pace giusta in Ucraina».
La bufala della “terza Roma”
Il 13 di marzo, Jerry Pillay e una delegazione del CEC erano a Costantinopoli per una riunione del Comitato permanente per il consenso e la cooperazione, una istanza voluta dalle Chiese ortodosse all’interno del CEC per meglio esprimere i propri indirizzi e valori. Il Comitato è composto da 14 persone, di cui 7 appartenenti alle Chiese ortodosse.
Per l’occasione, il patriarca Bartolomeo, nel suo indirizzo di saluto, ha detto: «L’attuale crisi ucraina, dovuta all’aggressione ingiustificata del febbraio 2022, è l’epicentro di un terremoto geopolitico e di una minaccia spirituale. L’Europa si è risvegliata da una profonda illusione, secondo cui la guerra sul continente apparteneva ormai al passato. Poco preparata materialmente e intellettualmente, l’Europa si è rapidamente adattata all’inattesa situazione, aiutata in questo dai nuovi paesi membri. L’esito della guerra condizionerà senza dubbio l’evoluzione futura dell’Europa e del mondo».
Poco dopo, Bartolomeo affronta la questione della «terza Roma».
«[Dopo la] caduta di Costantinopoli per mano degli Ottomani nel 1453, la fallace ideologia secondo cui Mosca poteva succedere come polo spirituale del mondo ortodosso ha cominciato a fare il suo cammino. Secondo i suoi sostenitori, Mosca diventerebbe la “terza Roma” dopo il crollo della “seconda”, cioè Costantinopoli. Tuttavia non c’è mai stata una “prima” e una “seconda Roma”. Tanto meno ci può essere una “terza Roma”. Ci sono state una Roma antica e la “nuova Roma”, cioè Costantinopoli. L’incarnazione attuale dell’etnofiletismo [l’idea che le Chiesa nazionali possano essere “la” Chiesa ortodossa, senza apertura a tutti i popoli – ndr] è l’ideologia fondamentalista del Russkij Mir, il “mondo russo”. L’espressione descrive una supposta sfera di civilizzazione comprendente la Russia, l’Ucraina, la Bielorussia, come anche le etnie russe diffuse nel mondo, tutti politicamente e religiosamente diretti dal centro moscovita. Il “mondo russo” è presentato come la risposta all’ “Occidente corrotto”. Tale ideologia è il principale strumento di legittimazione “spirituale” dell’invasione dell’Ucraina».
L’Athos diviso
Anche la santa montagna dell’Athos risente della tensione fra mondo ortodosso slavo e mondo ortodosso ellenico.
In un articolo di R. Worth su The Atlantic si annota:
«La guerra in Ucraina ha avuto un impatto profondo, e non solo per i monaci russi che si sono rifiutati di parlarmi; ha cominciato a erodere quella che i monaci chiamano la “coscienza athonita” condivisa. “È come una enorme cicatrice, questa guerra fra due nazioni ortodosse” mi ha detto l’anziano Elissaios, abate del monastero di Simonpetra, che mi ha incontrato la mattina dopo del nostro arrivo sull’Athos. “Anche se la guerra finisse, le cicatrici sarebbero comunque dolorose. Non possiamo proteggerci da questo genere di cose […]. Non sappiamo come separare la Chiesa dalla nazione”».
Imploderà?
Le critiche di tutte le altre Chiese cristiane, le prese di distanza delle Chiese ortodosse di obbedienza moscovita, come quelle di Lituania, Lettonia, Estonia e Ucraina (sia autocefala che non), oltre alla diffidenza dei patriarcati di Georgia e di Romania costituiscono per lo storico della Russia, Antoine Niviére, «l’avvio dell’implosione del Patriarcato di Mosca e questo proprio nei paesi storicamente legati alla Chiesa russa».
«Cirillo è in una situazione piuttosto delicata, perché per lungo tempo ha fatto credere a Vladimir Putin il fatto che il Patriarcato di Mosca fosse la sola struttura a coprire i territori dell’ex Unione Sovietica, come di tutti i russofoni nel mondo, costituendo una rete di influenza e uno strumento di coesione del “mondo russo”. Ma, dopo l’avvio della guerra, a parte la cappa di piombo che mantiene sul clero in Russia, all’estero Cirillo perde su tutta la linea. Si possono ipotizzare nuove Chiese ortodosse completamente autonome da Mosca in Europa orientale? Difficile rispondere adesso, perché il processo è appena avviato».
Non basterà la fedeltà della Serbia a rovesciare l’ipotesi.
Il dialogo ecumenico è più necessario
È evidente la sofferenza del movimento ecumenico, ma anche la sua necessità. Sabino Chialà, abate del monastero di Bose, così commenta su Avvenire (26 febbraio):
«Non di rado, e oggi ancora in varie parti del mondo, Chiese e religioni, anziché arginare la violenza, le offrono argomenti e giustificazioni. Anziché disinnescare le paure che generano le guerre, le alimentano, assommando le loro ansie e i loro timori a quelli dei poteri politici ed economici […] Ma non è il dialogo ad aver fallito. Il dialogo non fallisce mai e va sempre ricercato. Lo dimostra il fatto che ciò che più ogni guerra mira a distruggere non sono i corpi e i luoghi, ma le parole. Toglie e perverte le parole, perché lì ottiene la sua vittoria più efficace».
Anche se i dialoghi sono diventati più difficili e non si sa come le Chiese che si sono escluse da essi potranno poi accettarne i contenuti, rimangono elementi positivi. E soprattutto rimane l’ecumenismo della vita e del sangue. «Credo che lì si stia sempre più aprendo una porta estremamente proficua: partire dalla santità vissuta e testimoniata e non limitarsi alle diatribe teologiche, non perché la teologia non sia importante, ma per giungere ad essa per aliam viam».
Contrariamente a quanto sostiene l’autore dell’articolo eviterei di proporre come toccasana l’espulsione della Chiesa russa dal KEK, perché esso è un luogo di dialogo tra differenti posizioni ecclesiali e fin che ci si parla, qualche speranza di potersi comprendere c’è.
Per la prima, la seconda e la terza Roma mi sembra che il discorrere non sia per nulla evangelico e quindi lo lascerei finalmente cadere in toto.
Il Patriarca ortodosso non va trattato come un Papa. Se Kyrill sostiene davvero la guerra — io penso che ritiene i russi dalla parte della ragione ma non vuole la guerra — non bisogna dare peso alle sue parole… Inoltre io penso che la sua specificazione, cioè di un contesto metafisico per i discorsi della guerra santa, doveva esser tenuta già in conto, senza avviare una disavveduta requisitoria.
Che dopo l’invasione russa dell’Ucraina venga in mente a delle autorità religiose che tutte le guerre sono inaccettabili, suona ipocrita, impreciso, dato che si tratterebbe di chiarire perché solo adesso questo pacifismo estremo e di specificare cosa si intende per guerra… e si capisce che a muovere il rifiuto è la russofobia. È inaccettabile che l’odio contro una nazione si travesta da indignazione ignorando la persecuzione subita dai russi ucraini (che esistono) e che si tenti di usare il Vangelo per giustificare uno Status Quo senza voler capire le situazioni.
La negazione del titolo di Terza Roma da parte di chi della Nuova Roma è infantile e nega una storia semplice. Il potere degli imperatori bizantini, che era pure romano, fu consegnato agli zar. Innanzitutto non era una questione di preti. Sia la Nuova che la Terza Roma non sono realtà che posseggono i preti, così come la città di Roma non è un affare privato del Vaticano. Esistono delle comunità attorno all’idea di Roma e i preti non ne dispongono, pur rappresentandole in qualcosa. Che si profitti di una guerra per obliterare la vicenda dell’idea di Roma in Russia è disonesto.
Se si lamenta qualcosa al Patriarcato di Mosca, bisognerebbe farlo con coerenza e senza trattarlo come se fosse un Papato. Si inviino i messaggi a Putin, opportunamente riformulati, e si tenga conto di tutti i fatti. Si provi a capire i fatti considerando le reali situazioni, non solo le apparenze. Dio non ci ha messo al mondo per cadere vittima delle apparenze.
(Chissà chi leggerà questo messaggio.)
Mauro Pastore
Caro Mauro Pastore, io ho letto il suo messaggio e lo condivido interamente.
Soprattutto la frase ” si provi a capire i fatti considerando le reali situazioni non so le apparenze” .
La differenza fra chi ,pur fra mille difetti, cerca di capire la realta’ e chi parte compatto cona ideologia in testa, e’ che se chi e’ dominato dall’ ideologia non riesce a fare combaciare i fatti colla sua ideologia arriva a negare i fatti. Cioe’ scivola nella menzogna.
Si potrebbe accusare di ideologia anche Kirill, certo, ma quanto piu’ ideologici appaiono coloro che negano dei fatti reali noti a tutti :
1)Nel Dombass c’è una popolazione Ucraina russofona che prima della guerra era bombardata dallo stato ucraino e e c’ha accolto le truppe russe come liberatori.
2) il governo ucraino dopo il 2014 e’ un governo fantoccio messo su dagli USA e che si regge solo sull’ appoggio USA . Qualora quest’ appoggio venisse meno credo che Zelensky dai suoi connazionali verrebbe fatto a pezzi .
1) nel 2014 nel Donetsk e nel Luhansk fino a metà aprile c’era una rivolta, e il governo stava trattando con i politici locali e i manifestanti per fare concessioni e cercare di risolvere la cosa in modo pacifico, come aveva aveva già fatto a Kharkiv e in altri posti. Cosa fallita perchè Igor Girkin e altri miliziani entrano nel Donbass dalla Russia, si uniscono ai Berkut e ai separatisti locali e occupano varie città (facendo anche vari massacri). il governo ucraino dichiara un’operazione antiterroristica affidando il compito a vare milizie, tra cui moltissime costituite da russofoni. Dopo vari mesi di locali e varie violenze sui civili da entrambe le parti riescono a scacciare Girkin dalla sua base a Sloviansk e chiudere i separatisti in una sacca. A quel punto entrano altri miliziani dalla Russia e le truppe ucraine vengono respinte, e pian piano la linea del fronte diventa quella che rimarrà fino al 2022.
Entrambe le parti si fortificano in zone urbane e cominciano a bombardarsi a vicenda, come i report dell’OCSE testimoniano.
2) Zelensky è stato eletto in elezioni libere a cui parteciparono anche i filorussi. Anche adesso il Parlamento ucraino funziona e dibatte.
Magari lei sta parlando delle repubbliche separatiste del Donbass, che erano governi fantoccio con soli due partiti praticamente identici, con una fortissima repressione politica e religiosa (ricordiamo che la comnità cattolica locale subiva le angherie dei separatisti) e che sopravvivevano solo con le sovvenzioni russe
Direi che è un po’ ipocrita lamentarsi della cosiddetta ‘russofobia’ in Ucraina, senza vedere cosa l’ha causata: l’invasione da parte delle truppe russe della Crimea e del Donbass nel 2014, che ha causato un’ostilità in molti ucraini verso il vicino che aveva tradito i patti (tra cui i vari trattati che riconoscevano i reciproci confini).
Questa ostilità è così forte che persino molti russofoni non tendenzialmente ostili a Mosca si sono mobilitati contro i separatisti del Donbass e i loro sponsor di Mosca: l’esempio più eclatante è proprio il Battaglione Azov, che reclutava nei primi tempi tra i tifosi del Kharkiv Metalist, che calcisticamente erano schierati con la Spartak di Mosca contro la Dynamo di Kiyv.
Parlare poi di persecuzione contro i russofoni in Ucraina è ipocrita, perché non tiene conto del fatto che i russi hanno fatto e stanno facendo ben peggio nei territori occupati: persecuzione degli ucrainofoni con limitazioni all’uso della lingua (ben peggiori di quelle che i russofoni subivano in Ucraina), sciogliere le Chiese che si considerano ucraine (come gli ortodossi autocefali e i greco-cattolici) confiscandone i beni, espellere i residenti considerati sleali, perseguitare i tatari di Crimea etc.
* Il potere degli imperatori bizantini, che era pure romano, fu consegnato agli zar. * Sposare una principessa bizantina non dava diritto al titolo imperiale. E poi allora lo stesso diritto di chiamarsi Roma ce l’ha anche la Turchia, come successore dell’Impero Ottomano, il cui Sultano controllava la Nuova Roma e aveva il titolo di Cesare dei Romani