Padre Gerardo Cioffari è membro della Comunità Domenicana San Nicola di Bari, docente di storia della teologia orientale e della teologia russa, archivista della Basilica, direttore del Centro studi storico-teologici nicolaiani e della relativa rivista Nicolaus (qui).
- Padre Gerardo, come sono andati i pellegrinaggi a San Nicola negli ultimi anni e mesi?
Negli ultimi due anni si è confermato un calo nei pellegrinaggi, osservabile comunque da almeno un decennio. Il motivo più appariscente è che avendo tutti ormai l’automobile, sono molti che preferiscono venire in piccoli gruppi durante l’anno. A mio avviso, però, il fenomeno andrebbe collegato alla crisi generale della religione nella società attuale, nella quale sotto il pretesto dei “diritti umani” vengono derisi i principi della religione e della fede.
Quanto all’ultimo mese, è difficile fare un bilancio perché, a parte singoli pellegrinaggi per lo più stranieri, la festa di dicembre è tradizionalmente la festa dei baresi, che l’hanno vissuta coraggiosamente nonostante il tempo atmosferico poco favorevole.
- Chi sono i pellegrini di San Nicola e da dove?
Fino alla metà del secolo scorso i pellegrini provenivano un po’ da tutto il meridione e qualcuno dal centro-nord. Poi, piano piano, si è concentrato nelle aree che da secoli rappresentavano il nocciolo duro dei pellegrinaggi (come abbondantemente attestano i documenti del fondo “Ospizio” dell’Archivio della Basilica): quella Napoli-Casertana e quella di Chieti-Iserniana.
Mentre a maggio la presenza è soprattutto russa, ukraina, bjelorussa, moldava e serba (che hanno la festa barese della traslazione sin dal 1095. I greci vengono sporadicamente, perché non amano che le reliquie di un santo così importante siano in un paese cattolico. A dicembre partecipano un po’ tutti gli ortodossi.
- Come sono andate le celebrazioni del 6 dicembre quest’anno?
Come già accennato, la festa di dicembre non ha mai deluso le aspettative, anche quando (come quest’anno) il tempo è stato inclemente. La tradizione di raggiungere la Basilica sin dalle prime ore dell’alba, si è realizzata anche quest’anno.
- Cosa si prevede per il 19 prossimo?
Le Chiese ortodosse che ancora osservano il vecchio calendario giuliano festeggiano San Nicola il 19 dicembre, che corrisponde all’antico 6 dicembre. Il 19 corrisponde al calendario introdotto da papa Gregorio XIII che nel 1582 soppresse 10 giorni poi diventati 13.
Non tutte le divisioni sulle date sono negative. Nel nostro caso è una grande occasione, perché noi cattolici che custodiamo la Basilica di San Nicola, senza intaccare troppo le nostre celebrazioni, possiamo concedere l’utilizzo liturgico della Basilica agli ortodossi di tradizione russa, comprendenti quindi i paesi su accennati che usano lo stesso slavo-ecclesiastico.
Purtroppo, la guerra in Ukraina non poteva non riflettersi su Bari, dove è sorta una comunità religiosa ukraina distinta dalla moscovita. È prevista, qualche giorno prima del 19, una celebrazione in Basilica del metropolita Epifanij, capo della chiesa ukraina alla quale il patriarca di Costantinopoli nel gennaio del 2019 ha concesso lo status di autocefalia.
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- In questo periodo quali sono i riti in basilica?
I riti religiosi in Basilica in preparazione della festa del 6 dicembre hanno avuto come fulcro la tradizionale novena che coinvolge parrocchie e diocesi circostanti.
Le Chiese ortodosse presenti sono quelle rappresentate a Bari. I più presenti sono Michele Driga, del patriarcato romeno, e Moses, di quello georgiano. Ma spesso sono presenti anche i greci e ora gli ukraini.
- San Nicola è santo degli ukraini allo stesso modo dei russi?
A livello religioso questa distinzione è nata con la guerra. Prima non esisteva perché, come già detto, la liturgia è la stessa. Anche se molto meno che altrove, anche Bari ha risentito della guerra.
È un peccato, perché la Russia e l’Ukraina sono le terre dove più presente è san Nicola (a Kiev vi sono 26 parrocchie o cappelle a lui dedicate, a Mosca 48). Se fosse stato per San Nicola questa guerra non sarebbe mai scoppiata, ma oggi che tutto il mondo è una “Torre di Babele”, sarebbe stato impossibile che l’Ukraina sfuggisse a questa calamità, posto che per tutta la sua storia è stata contesa tra polacchi e russi.
- San Nicola può avere ancora un ruolo per la pace tra ukraini e russi?
Al momento, direi di no. Il mondo ecclesiastico che dovrebbe essere superiore alla politica e invocare l’aiuto dall’alto si è lasciato irretire dalla logica del conflitto oriente-occidente, al punto da passare sotto silenzio tutta la politica religiosa di Zelenskij, sulla quale solo papa Bergoglio ha aperto bocca. Tutti gli altri capi di Chiese si sono lasciati affascinare da frasi come “pace giusta” o “guerra giusta” (che è la stessa cosa), quasi che sulla terra possa esserci qualcosa di giusto.
San Nicola ha bisogno di uno spiraglio per poter agire, ma se gli uomini di chiesa gli legano le mani…
- Sono cambiati i vostri rapporti con gli ortodossi?
I nostri rapporti con gli ortodossi non possono mai cambiare, perché l’accoglienza ecumenica è il nostro principio cardine. Naturalmente è necessario stare con gli occhi aperti perché, se prima il problema era tra ortodossi e cattolici (accusati di proselitismo “uniatista”), oggi è tra ortodossi e ortodossi (che si dibattono nel complicatissimo rebus di autocefalia e primato). Il che rende vano ogni sforzo ecumenico, anche se noi cattolici siamo sempre attivi nell’organizzare locali incontri di preghiera.
- Cosa vede nel prossimo futuro dei rapporti ecumenici?
Confesso di non essere troppo ottimista. La dominante confusione del linguaggio, spesso decisa da uomini abili nella comunicazione, non prospetta orizzonti di luce. Tuttavia, come cristiani, dobbiamo sperare che verrà il tempo in cui la tempesta si dissolva e la luce torni a risplendere.