Le drammatiche e ignorate questioni legate allo scisma greco-slavo delle Chiese ortodosse, avviatosi con il riconoscimento dell’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina da parte del patriarca di Costantinopoli il 6 gennaio 2019, ha conosciuto nelle ultime settimane un acutizzarsi del conflitto con il riconoscimento della Chiesa di Cipro alla Chiesa ucraina autocefala, ma anche un piccolo e rilevante punto di convergenza fra le due grandi anime dell’Ortodossia nell’accordo fra l’eparchia francese di obbedienza costantinopolitana e la locale Chiesa di tradizione russa che è tornata sotto l’obbedienza di Mosca.
Sabato 24 ottobre l’arcivescovo di Cipro, Crisostomo II, ha commemorato nei “dittici” (preghiera nella liturgia eucaristica) il metropolita Epifanio di Kiev della Chiesa autocefala ucraina (cf. SettimanaNews: Da Bisanzio a New York).
È la quarta Chiesa ortodossa a farlo dopo Costantinopoli, Atene e Alessandria. Decisione duramente contestata da quattro vescovi locali (su 17) come una «violazione evidente della struttura sinodale». Il metropolita non avrebbe rispettato la decisione della riunione del 9 settembre che imponeva una sospensione della discussione ad una successiva sinassi.
Molto positiva la reazione di Epifanio che, in una telefonata con Crisostomo, ha salutato con gratitudine «la pienezza di comunione eucaristica tra le due Chiese locali». «La notizia di questo evento è stata ampiamente coperta da tutti i media ucraini e tutti quelli che incontro in questi giorni si congratulano con la nostra Chiesa e ringraziano calorosamente vostra Beatitudine». Una lettera di sostegno è arrivata da un gruppo di teologi della Georgia che si augurano un passo similare da parte della loro Chiesa locale.
Di segno opposto le reazioni della Chiesa filo-russa ucraina e del sinodo di Mosca che il 20 novembre «ha constatato l’impossibilità di commemorare il nome dell’arcivescovo di Cipro, Crisostomo II, nei “dittici”, come anche di confermare la comunione nella preghiera e nell’eucaristia con lui, come anche coi gerarchi della Chiesa di Cipro che entrano in comunione ecclesiale con i rappresentanti dello scisma ucraino».
Cipro riconosce Epifanio (Ucraina)
Il dibattito interno alla Chiesa di Cipro è bene espresso da un testo del vescovo dissidente Nicoforo di Kykklos (gli altri sono Atanasio di Limassol, Isaia di Tarnasol e Nicola di Amathundus). «La cosa più inquietante che emerge dalla questione ecclesiale ucraina è la presa di coscienza di una sua evoluzione verso un problema ecclesiologico di rilievo, poiché le ambizioni del patriarca ecumenico si allargano ormai a tutta la Chiesa. Egli rivendica il diritto di intervenire negli affari interni di tutti i patriarcati ortodossi locali e delle Chiese autocefale. Pretende, come ha scritto nella lettera all’arcivescovo Atanasio d’Albania, di poter intervenire “per ufficio e per obbligo” al di là dei confini e nell’Ortodossia mondiale».
Quello che è scritto nel tomo di concessione dell’autocefalia alla Chiesa ucraina non trova corrispondenza nelle precedenti concessioni alla Grecia (1850), alla Serbia (1879), alla Romania (1885), alla Polonia (1924), all’Albania (1937), alla Bulgaria (1945) e, più recentemente, alla Repubblica Ceca e Slovacca (1998). «Storicamente e canonicamente la risposta relativa alla direzione della Chiesa universale è una e incontestabile. Nel corso di due millenni di storia la Chiesa ortodossa non ha affidata a nessuno dei suoi vescovi il titolo e la responsabilità di capo della Chiesa». «È dunque di solare evidenza… che nessun primate, patriarca o gerarca delle Chiese autocefale può sostituire il solo capo perenne della Chiesa, nostro Signore Gesù Cristo».
Il sinodo della Chiesa cipriota si è riunito alla fine di novembre e, in un comunicato molto irenico, non ha smentito la scelta di Crisostomo e non ha censurato le voci dissidenti (si parla di 7 voti contrari su 17). In nome del principio “dell’economia” (tolleranza nella carità) registra le diverse posizioni e così conclude: «Il santo sinodo della Chiesa di Cipro, nella sua sessione del 23-25 novembre 2020 ha discusso in maniera esaustiva il problema ecclesiologico ucraino e quanto si è creato dalla commemorazione di Epifanio come primate della Chiesa ucraina da parte dell’arcivescovo di Cipro, mons. Crisostomo, e ha deciso di non opporsi alla decisione di sua Beatitudine.
Allo stesso tempo, prevede una consultazione più ampia in cui tutti sono chiamati a superare l’attuale crisi che minaccia di scisma la Chiesa di Cristo». Crisostomo, in una sua dichiarazione, ha aggiunto: «Non c’è alcun scisma o crisi nella Chiesa di Cipro. Vi è un comportamento arbitrario che si placherà e che passerà». Ricorda la sua esposizione personale alla ricerca di un rimedio allo scontro fra Costantinopoli e Mosca. La sua decisione è legata alla scelta sconsiderata di Mosca e di altri patriarcati di moltiplicare le strutture episcopali nei territori dove erano da sempre presenti i gerarchi legati a Costantinopoli, violando i sacri canoni che prevedono un solo vescovo per ogni territorio. «C’è un grande disordine. Il patriarca ecumenico ha voluto fissare dei limiti».
L’accordo di Parigi
Di segno opposto e positivo è l’accordo firmato fra mons. Emmanuel del patriarcato ecumenico in Francia e presidente dell’assemblea dei vescovi ortodossi del paese, con mons. Giovanni di Doubna, gerarca dell’eparchia delle parrocchie dell’Europa occidentale di tradizione russa.
La complicata vicenda che ha portato l’eparchia di tradizione russa, espressione dei fuggitivi dalla rivoluzione di ottobre del 1917, a riconoscersi in comunione con la Russia (1924-1930) per poi passare sotto la tutela di Costantinopoli fino alla decisione di quest’ultima (novembre 2018) di sopprimere l’eparchia, inducendo la decisione di rivolgersi nuovamente a Mosca (settembre 2019) è già stata raccontata (cf. SettimanaNews: Ortodossia russa: finale col botto).
Il 4 dicembre 2020 i due vescovi firmano l’accordo per una soluzione pacifica del conflitto che ha attraversato dolorosamente comunità e singoli. Nel frattempo le 65 parrocchie «hanno scelto la propria appartenenza: circa i due terzi hanno deciso di seguire Mosca e un terzo è rimasta con Costantinopoli» (Y. Prevost). Al fine di «garantire le buone relazioni fra le comunità», le due parti «hanno lavorato per dare un segnale forte di esemplarità in conformità a quanto si addice alla vita nella Chiesa».
L’accordo si struttura attorno a tre principi:
a) «Pacificare le relazioni fra le parti con il riconoscimento reciproco e il rispetto rigoroso delle decisioni delle parrocchie e comunità membri dell’unione diocesana di restare o no nell’Unione (passata sotto l’autorità del patriarcato di Mosca) garantendo i mezzi, in particolare materiali, che devono permettere alle comunità di proseguire decorosamente il loro cammino spirituale, quale che sia la decisione da loro assunta.
b) Organizzare e garantire la coesistenza fraterna ed ecclesiale tra le comunità delle diverse metropolie (diocesi) in Europa presiedute dai gerarchi del patriarcato ecumenico e quelle dell’Unione delle associazioni ortodosse russe in Europa occidentale presieduta da mons. Giovanni di Doubna, in conformità alle esigenze della vita della Chiesa.
c) Garantire a tutti l’accesso alla ricca eredità spirituale e culturale comune, che sarà custodita e digitalizzata dalle associazioni ortodosse russe in Europa occidentale a favore delle generazioni future».
Il comunicato chiude richiamandosi all’attuale pandemia come stimolo «alla pacificazione ecclesiale» e «a concentrarsi sull’essenziale: l’amore del prossimo e la pratica del perdono».
Mosca ha fatto sapere il suo assenso, attraverso la parola dell’arciprete Nicolas Balachov, vice presidente del dipartimento degli affari esteri del patriarcato. Dopo aver ricordato la libera scelta delle comunità di legarsi a Mosca, aggiunge: «Se ora quanti hanno desiderato restare nella giurisdizione dell’arcidiocesi di Francia del patriarcato di Costantinopoli sono d’accordo sulla scelta libera (degli altri) e hanno promesso di rispettarla, questo non può che essere positivamente salutato. Che Dio renda durevole la pace».
Bartolomeo: la decisione ucraina resterà
Tutti i commentatori hanno avvertito la potenzialità espansiva dell’accordo su altri territori o sull’insieme dell’Ortodossia. Ma per ora è soltanto un auspicio, vista la durezza del confronto.
Riporto alcune affermazioni del patriarca Bartolomeo (8 novembre) e altre del metropolita Hilarion, presidente dal dipartimento relazioni estere del patriarcato di Mosca in una intervista a RIA-Novosti (riprese da Orthodoxie.com, 9 dicembre).
«Il patriarcato ecumenico sviluppa da tempo un dialogo con il patriarcato di Mosca sulla situazione della Chiesa in Ucraina. Tuttavia Mosca ne ha costantemente intralciato i progressi diventando la pietra di scandalo per una conclusione positiva del dialogo. Questo ci ha indotto a decidere l’autocefalia ucraina che nessun disaccordo o alcun sforzo da parte di altre Chiese può annullare. Ogni tentativo, che sia la rottura unilaterale della comunione eucaristica o una “riunione fraterna” come quella tentata ad Amman in Giordania, o la volontà di screditare il patriarca ecumenico e la sua primazia, accusandolo a torto di aver creato problemi nelle relazioni intra-ortodosse, non solamente non avrà esito positivo, ma provocherà nuove tensioni, offuscherà l’immagine dell’Ortodossia agli occhi degli altri cristiani e indebolirà la sua testimonianza nel mondo attuale.
Il potere nella Chiesa non è quello secolare. La logica del potere prevale nelle istituzioni laiche, ma la Chiesa è regolata da leggi spirituali non discutibili, divinamente scritte e donate. La Chiesa di Costantinopoli è benedetta da Dio per essere la custode della tradizione degli apostoli e dei padri. Sulla base della tradizione, delle decisioni dei concili ecumenici, dei sacri canoni e della prassi inviolata della Chiesa, il patriarca ecumenico era e resta la sede primaziale della Chiesa ortodossa. Essa ha accordato l’autocefalia a tutte le nuove Chiese ortodosse locali, compresa la Chiesa ortodossa d’Ucraina. Rimettere in causa il ruolo della Grande Chiesa di Cristo produce instabilità e perturba l’unità dell’Ortodossia» (Bartolomeo).
Non c’è più un primo nell’Ortodossia
Per Hilarion: «La Chiesa ortodossa è sempre stata organizzata come famiglia di Chiese locali senza nessun capo umano. Gesù Cristo è stato sempre venerato come il capo della Chiesa a livello universale, mentre a livello locale le Chiese erano presiedute dai primati, considerati come uguali fra loro e reciprocamente indipendenti: nessuno di essi era sottomesso all’altro e nessuno estendeva la giurisdizione territoriale ad altre Chiese».
Una nuova ecclesiologia si è sviluppata da alcuni decenni, grazie alla riflessione del metropolita Giovanni Zizioulas secondo cui, in conformità alla struttura trinitaria, come nelle Chiesa locale la primazia è del vescovo e la conciliarità è espressa dal clero, così a livello di Chiesa universale, la conciliarità dei vescovi fa riferimento alla primazia del patriarca di Costantinopoli. Egli diventa «l’arbitro supremo di tutti i litigi e di tutte le situazioni conflittuali interne alle Chiese locali e fra loro» ed estende la sua supremazia su territori di altre Chiese, come è stato nel caso dell’Ucraina.
Bartolomeo «era il primo tra pari nella famiglia dei primati delle Chiese ortodosse locali. Con l’accordo di esse disponeva di certe funzioni di coordinamento. Ora non coordina più niente. È assente dai “dittici” della Chiesa ortodossa russa. Per decine di milioni di ortodossi in Russia, in Ucraina, in Bielorussia e in altri paesi che hanno riferimento alla responsabilità canonica della Chiesa russa, è ormai “persona non grata”. Lo scisma ucraino si ripercuote oggi su tutta l’Ortodossia». «L’opinione della nostra Chiesa sul primato è stata espressa dal santo sinodo nel 2013 in un documento dal titolo La posizione del patriarcato di Mosca sul primato nella Chiesa universale». Sì a una primazia di onore, ma dentro la conciliarità. Bartolomeo ha violato il principio fondante della conciliarità, «perdendo il suo ruolo di coodinatore nell’Ortodossia e il suo diritto alla primazia di onore nella Chiesa ortodossa».
Colpa del dialogo coi cattolici?
A margine della disputa intra-ortodossa va segnalata l’accusa di Hilarion verso il dialogo degli ortodossi con Roma, come il contesto di coltura e di crescita della velenosa radice del primato.
«L’introduzione del modello papista nell’ecclesiologia ortodossa è stato progressivo. Ha preso piede in particolare attraverso il dialogo ortodosso-cattolico: noi (russi) vi abbiamo partecipato, ma ora non ne facciamo più parte. Lì si è voluto adottare un documento che ha giustificato i fondamenti teologici del modello papista dell’organizzazione ecclesiale».