In Svezia ha fatto rumore la rimozione del vescovo della diocesi di Visby, Thomas Petersson, a causa di una relazione extra-coniugale durata un paio d’anni con una dipendente della diocesi. Dal 1° febbraio 2022 gli è impedito di esercitare qualsiasi ministero (anche da prete o diacono) in base a una sentenza del comitato di supervisione dei vescovi.
Il caso svedese è il primo nella Chiesa luterana maggioritaria da quando, nel 2000, non è più Chiesa di stato.
Anzi, è il primo dal 1954, quando il vescovo Dick Hellander fu privato della sua carica e del suo ruolo dopo la condanna in tribunale per diffamazione. Fu accusato di avere inviato oltre 500 lettere anonime per screditare i concorrenti alla cattedra episcopale. Il riferimento è imbarazzante perché, nel 2002, dopo la sua morte, l’analisi del DNA provò che la saliva con cui le lettere erano state chiuse non era la sua.
La relazione extra-coniugale
Il vescovo Petersson, nato nel 1968, è stato ordinato prete nel 1992. È vescovo dal 2018. Da prete ha vissuto l’importante passaggio del luteranesimo da Chiesa di stato a Chiesa autonoma.
Senza perdere il suo carattere di popolo, la Chiesa si è data strutture di governo e di indirizzo non più dipendenti dalla stato. Preti e vescovi sono sostenuti economicamente dalle comunità e tutti i processi decisionali sono di tipo democratico. Gli edifici di culto sono proprietà dello stato, ma il loro utilizzo è legato alla Chiesa.
Ogni quattro anni si celebra il sinodo nazionale, eletto dalle comunità cristiane. Preti e vescovi vi partecipano, ma non hanno diritto di voto. La carica episcopale è elettiva: i preti e un corrispettivo numero di laici eleggono il proprio vescovo all’interno di una lista di candidati. A capo delle amministrazioni ecclesiali vi sono laici, sia nelle parrocchie sia nelle diocesi.
Da sempre permeata della cultura prevalente e della sensibilità democratica, la Chiesa è più recentemente attraversata da una spinta conservatrice, più attiva alla base che non ai vertici.
I pastori possono essere uomini e donne e vivere la propria vita familiare anche in una relazione omosessuale.
Dopo la notizia della sua relazione extra-coniugale, lo stesso Petersson ha chiesto un’indagine, come l’avevano chiesta alcuni decani della diocesi e il primate della Chiesa nazionale, il vescovo-donna, Antje Jackelen. Il comitato di supervisione ha preso in esame il caso nell’autunno del 2021 e ha emesso la sentenza il 1° febbraio 2022.
L’interessato ha conosciuto la sentenza poche ora prima che essa diventasse pubblica. «Speravo di continuare il servizio ministeriale, se non come vescovo, almeno come sacerdote. Sono sempre stato prete. Non so cosa accadrà ora. Sono shoccato e pieno di dispiacere e confusione».
Bigottismo o coerenza?
La censura è stata motivata dall’infrazione alle promesse fatta nell’ordinazione di servire la Chiesa e di vivere in accordo con i principi della propria fede e di avere seriamente danneggiato la reputazione che è propria del vescovo.
La Chiesa attendeva da lui come da tutti i suoi ministri che gli atti, le parole e le attitudini fossero coerenti fra loro. La vita del vescovo, come del prete e del diacono, non è solamente privata. Nel suo caso sono state ferite la reputazione e la credibilità.
L’arcivescovo-donna, Antje Jackelen, ha commentato la sentenza come «divisiva e discussa in tutta la Chiesa, ma anche rafforzativa della fiducia nell’istituzione». Le polemiche sono state molto vivaci e il vertice ecclesiale è stato accusato di bigottismo.
L’ex segretario di stato, Ulf Dahlsten, ha ricordato che suo padre, pastore, aveva avuto una relazione prima di risposarsi e che uomini e pastori come lui avevano permesso nel 1958 che le donne arrivassero al ministero presbiterale. Se fossero stati esclusi e allontanati, Antje Jackelen non sarebbe in carica oggi.
La vicenda non è del tutto chiusa, perché è possibile un ricorso ai probiviri del diritto del lavoro che potrebbero non ritenere motivata la censura.