Dalla caduta della Unione Sovietica – quindi da più di vent’anni – sono intrattenuti rapporti di comunione e di solidarietà tra la Chiesa di Mantova e la Chiesa greco-cattolica di Leopoli, specie attraverso sacerdoti e docenti della Facoltà Teologica della Università Cattolica della città della Galizia, in Ucraina. Originati da ragioni di aiuto umanitario – circostanza che drammaticamente si ripete in questi giorni – i rapporti si sono sviluppati e consolidati nella l’ospitalità di seminaristi e di giovani frequentanti l’università ucraina in famiglie della diocesi mantovana, nella concretizzazione di corsi estivi di apprendimento della lingua e della cultura italiana col concorso di numerosi insegnanti volontari. L’evento pandemico – nei soli ultimi due anni – ha determinato la trasformazione del corso residenziale in lezioni online, col coinvolgimento – nel progetto scuola-lavoro – di giovani studenti dell’Istituto Linguistico Manzoni di Suzzara (Mantova). Promotore del gemellaggio è stato il compianto sacerdote mantovano Emilio Gerevini. Attuale animatore del progetto è Samuele Bignotti, presbitero direttore dell’Ufficio diocesano dedicato all’Ecumenismo e al Dialogo Interreligioso. Il 20 aprile scorso, a pochi giorni dalla Pasqua della Chiesa cattolica di rito orientale, coincidente con la Pasqua ortodossa, durante il meeting online di giovani partecipanti – italiani ed ucraini – e di loro insegnanti, è stato possibile realizzare la seguente intervista a padre Taras Okis, sacerdote e docente dell’Università di Leopoli.
- Padre Taras, qual è la situazione che si vive in questo momento a Leopoli? Perché avete deciso di continuare il corso di italiano anche in queste circostanze?
Stiamo vivendo, qui in Ucraina, un momento di grande sofferenza psicologica e spirituale. La scelta di continuare – dall’Italia e dall’Ucraina – il corso di lingua italiana e di conoscenza reciproca è per noi un segno molto importante di amore e di amicizia, in continuità con le relazioni sviluppate tra le nostre Chiese. L’anno scorso, proprio all’inizio della pandemia, abbiamo festeggiato i vent’anni di collaborazione della Chiesa greco-cattolica di Leopoli con la Chiesa di Mantova, i Comuni e le famiglie che hanno ospitato i nostri studenti in tanti anni di gemellaggio.
Anche in questo anno di lezioni abbiamo vissuto – e stiamo vivendo – esperienze belle e drammatiche allo stesso tempo, come quando durante le nostre lezioni online sono risuonate le sirene antiaeree e abbiamo dovuto scappare nei rifugi sotterranei, per poi ritornare a parlare e a sorridere insieme. Questa condivisione nelle difficoltà ci ha reso e ci rende più forti e più prossimi: più fratelli.
In ogni anno di corso abbiamo conosciuto sempre più persone, così che la nostra famiglia di fratelli e di sorelle si è allargata sino ad ora, unendoci ancor più fortemente.
Appena scoppiata la guerra, don Samuele e tutte le famiglie italiane ospitanti si sono immediatamente mobilitate per inviare a noi gli aiuti, soprattutto gli alimentari e il vestiario.
L’odierna corrispondenza temporale con la Settimana Santa – che sarà presto la nostra Pasqua – ci dice che, pur nella sofferenza e nel dolore, per noi brilla la grande luce della Risurrezione di Cristo: la luce vince le tenebre e il bene trionfa sul male.
- Quali sono, in questo periodo così difficile per tutti, i rapporti con le altre Chiese cristiane di Leopoli?
Sono improntati a un grande senso di collaborazione. È nomale – in questi momenti – aiutarsi a vicenda, soprattutto per andare insieme in soccorso delle persone con maggiori difficoltà. Sia il Seminario di rito latino che le singole comunità si sono organizzate per la raccolta dei viveri e per la protezione delle persone in caso di allarme aereo e di bombardamenti.
La notte scorsa – ad esempio – l’ho passata in chiesa per essere disponibile ad aprirne velocemente le porte in caso di emergenza. I nostri parrocchiani – ma non solo – stanno confezionando i cesti con i generi di prima necessità da distribuire, perché a nessuno possano mancare i piatti e i dolci tipici delle nostre festività.
Se è vero che questo è un grave momento di crisi tra le Chiese, è anche vero che c’è un grande spirito di condivisione e di aiuto, nella carità.
- Come saranno le celebrazioni durante il periodo pasquale?
La tradizionale celebrazione notturna della Santa Pasqua, a partire dalla mezzanotte, quest’anno non sarà possibile, stante il coprifuoco dalle ventitré alle sei di mattina.
Il sabato pomeriggio ci sarà la benedizione del cibo, poi la processione con la Sindone e la successiva venerazione dell’immagine. È un peccato non si possa fare la processione con le candele, ma ciò rappresenterebbe un pericolo troppo grande, perché esporrebbe le persone agli attentati. Ogni celebrazione sarà quindi fatta a piccoli gruppi per evitare un eccessivo numero di fedeli che non potrebbero poi trovare riparo nella cappella sottostante, adibita a rifugio in caso di allarme.
A Leopoli non sono in atto scontri diretti, ma esiste sempre il pericolo dei missili che possono colpire ovunque. Qualche giorno fa un missile ha colpito una stazione di servizio mentre le persone stavano andando a lavorare alla ricerca di una normalità che purtroppo non ci è concessa. Ci sono state molte vittime. Perciò quando suonano le sirene offriamo alle persone un momento di preghiera comunitaria, soprattutto col rosario che aiuta molto a vincere la paura e a rasserenare gli animi.
È un momento di grande comunione e di aiuto per vincere il panico che attanaglia molti: credo che le nostre Chiese svolgano un importante servizio in questo senso.
- Alle attività liturgiche e caritative della Chiesa greco-cattolica partecipano anche persone ortodosse?
Sì, certamente. Alle nostre liturgie partecipano tutti, senza distinzione di appartenenza; lo stesso avviene per i colloqui di guida spirituale che vengono offerti egualmente a tutti coloro che lo richiedono.
Oggi, poi, le nostre parrocchie sono diventate – tutte quante – centri caritativi. Racconto, in proposito, un breve aneddoto: alcuni giorni fa sono andato al mercato per comperare ortaggi da distribuire ai rifugiati ospitati in una scuola vicino alla nostra parrocchia. Tutti quelli che mi hanno visto, indistintamente cattolici e ortodossi o altro – gente che stava facendo la spesa e gli stessi commercianti – hanno contribuito con offerte, sia in denaro che in natura: si è trattato di un grande segno di carità e di solidarietà fraterna.
- Le persone rifugiate da dove provengono? Si fermano a Leopoli o hanno altre destinazioni?
Quasi tutte provengono dall’est del Paese: ogni famiglia ha naturalmente una sua storia. La maggioranza non intende andare all’estero, soprattutto per il problema della lingua. Una destinazione scelta da molti è la Polonia, proprio in ragione di una lingua più vicina. Ma i più tendono a fermarsi qui da noi – a Leopoli – perché percepiscono un margine di sicurezza accettabile, sperando presto di tornare alle loro città.
Per ora è difficile fare un calcolo del numero dei rifugiati qui giunti, basti dire che le agenzie immobiliari ci dicono che non ci sono più alloggi liberi, perché ormai tutti affittati e occupati dai nuovi arrivati. C’è tuttora un grande e continuo movimento di pullman e di treni.
L’aiuto riguarda anche chi ha portato con sé animali domestici: queste famiglie tendono a cercare alloggio fuori città, posto che non tutti i proprietari accettano cani o gatti in appartamento. Ci sono volontari provenienti dalla Polonia che si preoccupano dell’alimentazione degli animali affinché non vengano abbandonati dalle famiglie in fuga: persino queste povere bestiole sono state coinvolte nel dramma della guerra!
Chi ha raggiunto la Polonia o altre destinazioni in Europa diventa poi – a sua volta – un collaboratore della solidarietà attraverso l’informazione: scrivendo sui social e dando consigli a chi intende fuggire dalle città più colpite o per lasciare l’Ucraina, segnalando gli errori e i maggiori rischi da evitare. Anche questo è segno di comunione fraterna.