Dopo mesi di silenzio Filarete (Denisenko), “patriarca d’onore” della Chiesa ortodossa ucraina nata con il concilio d’unificazione il 15 dicembre 2018, ha ripreso parola per una lunga intervista al sito ucraino Glavcom.ua, già disponibile in diversi siti occidentali fra cui Orthodoxie.com. Con l’atteggiamento di comando racconta lo svolgimento del concilio d’unificazione, l’avvio del sinodo dei vescovi della nuova Chiesa, il compito del nuovo metropolita, Epifanio, e la modalità dei rapporti stato-Chiesa.
Personaggio assai discusso
Il personaggio è stato uno degli attori maggiori del processo di autocefalia della Chiesa ucraina, ma anche uno dei più discussi. Nato nel 1929, a 37 anni era già vescovo della Chiesa ortodossa allora unita a quella di Mosca. A chi l’accusa di aver sistematicamente collaborato con i servizi segreti russi lui risponde che allora nessuno diventava vescovo senza il consenso del potere comunista. Nessuna risposta, invece, a chi lo incolpa di avere figli.
All’indomani dell’indipendenza dell’Ucraina, nel 1991 crea il patriarcato di Kiev dividendo la sua Chiesa e trascinandosi dietro oltre 1.000 parrocchie (su 14.000), con relativi preti, oltre ai monasteri.
Un pacato arcivescovo come Anastasio di Tirana così lo presenta in una lettera recente al patriarca di Costantinopoli, sottolineando i dubbi sulla reintegrazione dei vescovi ucraini “scomunicati”: «La vita di colui che ha avviato questi gesti (ordinazioni), Filarete Denisenko, è rivelatrice. Consacrato vescovo dal patriarcato di Mosca nel 1962, fu anche presidente del dipartimento degli affari esterni del patriarcato e metropolita di Kiev. Nel 1991 ha chiesto l’autocefalia, ma non al patriarcato ecumenico, ma a quello di Mosca che per lui allora era la «Chiesa madre». È stato spretato nel 1992, scomunicato e anatematizzato nel 1997 dalla Chiesa russa, membro costitutivo della Chiesa ortodossa una, santa, cattolica e apostolica. Censure riconosciute da tutte le altre Chiese autocefale. Mentre era spretato e anatematizzato, Filarete celebrava gli uffici liturgici in forma anti-canonica dando sacramenti che non erano validi. Conseguentemente, le ordinazioni che lui ha fatto sono nulle, vuote, prive della grazia divina e dell’azione dello Spirito. Fra queste anche l’ordinazione diaconale, presbiterale ed episcopale del suo segretario, Sergio Dumenko, attuale metropolita Epifanio».
Concilio e sinodo
Nell’intervista racconta lo svolgimento del concilio d’unificazione senza fare cenno alla lettera che, a novembre 2017, aveva scritto al concilio dei vescovi russi per chiedere di essere reintegrato nella comunione ecclesiale.
Il concilio ucraino del 15 dicembre 2018 è stato celebrato come metropolia di Kiev del quadro del patriarcato di Costantinopoli. La sua mancata candidatura personale a presiedere la nuova Chiesa è avvenuta per l’esplicita richiesta di Bartolomeo, così come il mancato invito a Costantinopoli in occasione della cessione del tomo per l’autocefalia. La sua candidatura come la sua presenza al Fanar avrebbero significato che la Chiesa d’Ucraina veniva qualificata come patriarcato, essendo lui “patriarca”. Attualmente Kiev è metropolia autocefala, non ancora un patriarcato. Ma l’assenza della sua candidatura non gli ha impedito di indicare Dumenko (Epifanio) come unico candidato della “sua” Chiesa, obbligando un secondo vescovo (Michele) a ritirare la propria candidatura. La presenza di soli due vescovi filorussi al concilio non annulla la richiesta di 12 di loro per ottenere l’autocefalia. «Certo la partecipazione del patriarcato di Mosca al concilio è stata minima, ma formalmente, la riunificazione delle tre Chiese (quella di Filarete, di Macario e filo-russa, ndr.) è avvenuta».
Nella prima riunione del sinodo della Chiesa ortodossa ucraina (febbraio 2019), l’arcivescovo Macario ha lamentato la vistosa preponderanza dei gerarchi filo-Filarete, in contrasto con le indicazioni statutarie concordate con Bartolomeo. L’anziano “patriarca” risponde che l’attuale composizione del sinodo (si prevede come membri permanenti lo stesso Filarete, Macario e il metropolita Simeone e tutti gli altri a rotazione) è del tutto provvisoria.
«Il prossimo concilio locale dovrà adottare (nuovi) statuti per la Chiesa ortodossa ucraina». In quanto Chiesa autocefala, «dobbiamo darci statuti ucraini, confermati dall’assemblea conciliare. Per questo attendo la convocazione del concilio della Chiesa ortodossa ucraina dove bisognerà approvare gli statuti della nostra Chiesa». Non più quindi statuti “greci”. «Il principale elemento da cambiare è il numero dei membri permanenti del sinodo. Non più tre, come oggi, ma circa dodici. Per gli altri resta la possibilità della rotazione». I membri permanenti devono essere rappresentativi di tutti i territori dello stato e autorevoli quanto efficaci nel governo.
I doveri di Epifanio e dello stato
Il compito per il giovane Epifanio è di ottenere, ad ogni costo, il consenso delle parrocchie e dei monasteri per la nuova Chiesa. «A che cosa deve ispirarsi? A quanto sia utile alla Chiesa ucraina. Non a Mosca o Costantinopoli, ma alla Chiesa ucraina. E che cosa è utile alla Chiesa ucraina? La riunificazione di tutti in una sola Chiesa ortodossa ucraina. È il suo compito! Se cammina in questa direzione avrà il sostegno del popolo e della Chiesa. Se vuole risultare gradevole all’uno o all’altro centro ecclesiastico, non avrà il sostegno del popolo».
«Almeno due terzi (degli ortodossi filo-russi) devono passare dalla Chiesa del patriarcato di Mosca alla Chiesa ortodossa ucraina. Questo dovrà avvenire, in tre, cinque o vent’anni, ma dovrà assolutamente avvenire». «Ciò non significa che in Ucraina c’è la sola Chiesa ortodossa. Ci sono i greco-cattolici, i cattolici-latini, i protestanti, gli ebrei e i musulmani. Ma la religione più importante del paese è l’ortodossia. Per questo le compete una missione non facile. Naturalmente anche la Chiesa greco-cattolica ha un grande ruolo perché raccoglie il 9% della popolazione». Nessuno credeva all’autocefalia nel 1992 ed è arrivata. «Alla stessa maniera sono sicuro al 100% della riunificazione».
Alle domande relative all’eccessivo coinvolgimento dei poteri statali nel processo dell’autocefalia, Filarete risponde che niente ha inficiato la separazione Chiesa-stato. «La Chiesa non si mescola con la politica e lo stato non entra nella vita interna della Chiesa. Ho conosciuto il tempo quando questo avveniva e so bene come agiva il potere sovietico, così come agisce oggi il (nostro) potere attuale. È un’attitudine assolutamente opposta. All’epoca sovietica c’era una dipendenza totale della Chiesa dallo stato, mentre oggi godiamo di piena libertà. Ma non bisogna dimenticare che la Chiesa è il popolo e che il popolo è lo stato. Così la Chiesa influenza moralmente lo stato, senza mescolarsi con i suoi affari interni».
Conseguentemente, vanno onorate le leggi parlamentari circa il rifiuto del titolo di Chiesa ucraina a quanti hanno riferimenti in stati che sono in guerra con l’Ucraina (vedi Russia) e vanno eseguite le disposizioni amministrative che facilitano il passaggio dell’appartenenza giurisdizionale delle comunità parrocchiali (a detrimento della Chiesa filo-russa). Alla domanda se considera legittimo l’obbligo per i funzionari statali di influenzare le comunità parrocchiali risponde: «Non ci vedo niente di male. È un appello a osservare la legge».
È del tutto legittimo che a ricevere il tomo dell’autocefalia a Costantinopoli, oltre al metropolita Epifanio, ci fossero l’ex presidente Viktor Iuchtchenko, l’attuale, Petro Porochenko e il portavoce del parlamento, Andriy Parubiy. Oltre ad un oligarca molto discusso come Alexsandre Petrovsky. Per il “patriarca” è uno dei mecenati della Chiesa, utili fino a quando non vogliono dirigerla: «La sua reputazione è un affare suo». Una posizione, quella di Filarete, piuttosto disinvolta. Non casualmente l’Alto commissariato dell’ONU per i diritti umani ha già annotato alcuni comportamenti allarmanti: dall’obbligo del cambiamento del nome delle Chiese all’espulsione dei sacerdoti non appartenenti alla nuova Chiesa dalle Forze armate, dal trasferimento delle parrocchie sotto la nuova obbedienza agli atti di intimidazione verso alcuni gerarchi della Chiesa filo-russa.
Sembra del tutto assente la preoccupazione per le fratture all’interno della Chiesa ortodossa nel mondo, nella convinzione che, risolto il problema interno, tutto si placherà.