Senza la civiltà dell’incontro si va verso lo scontro; l’unico estremismo ammesso riguarda la carità; riconoscimento del battesimo impartito dalle Chiese copta e cattolica. Tra questi tre poli principali si è sviluppato il breve viaggio di papa Francesco in Egitto. In poco più di 24 ore – un viaggio lampo – il papa ha riempito di contenuti densi il suo impegno apostolico per la pace, il dialogo ecumenico e interreligioso, in un’area da cui ha cercato di rivolgersi al mondo musulmano moderato entrando ad Al-Azhar, il “vaticano” dell’ islam sunnita.
Il punto di vista del papa
Partiamo dal punto di vista del papa, come lo ha espresso sull’aereo, nel viaggio di ritorno, incontrando i giornalisti e rispondendo alle loro domande.
Sul piano politico-sociale, di fronte al fondamentalismo e al conflitto, ha ribadito di aver sempre parlato di “valori”. «Difendere la pace, difendere l’armonia dei popoli, difendere l’uguaglianza dei cittadini, qualsiasi sia la religione che professino: sono valori. Io ho parlato dei valori. Se un governante difende uno o difende l’altro, è un altro problema. Ho fatto 18 visite in parecchi paesi; di quelli ho sentito: Ma, il papa là, andando là, fa l’appoggio a quel governo, perché sempre un governo ha le sue debolezze o i suoi avversari politici, gli uni dicono una cosa o l’altra… io non mi immischio. Io parlo dei valori e ognuno veda e giudichi se questo governo o questo stato, o quello di là o quello di là, porta avanti quei valori».
Rispondendo, poi, ad una domanda sul pericolo del “populismo”, pure tornato in questo viaggio, papa Francesco ha ribadito che, quando si applica al tema dei migranti, si dimentica che l’Europa è stata terra di migranti e di migrazioni (e forse quasi tutti i paesi lo sono, pensando ognuno alla storia dell’altro, ndr).
Ed ha poi offerto uno spaccato interessante sul suo pensiero di fondo. Ha rivelato che, in una conversazione in Egitto, gli è stato detto che la grande politica si fa con un partito cattolico. «Ma, questo signore è buono ma vive nel secolo scorso. Per questo… i populismi hanno un rapporto con i migranti, ma questo non è del viaggio. Se c’è tempo, posso tornare su questo».
Rispondendo ad altre domande ha rivelato che la Santa Sede sta agendo per la pace su molti scenari: in Egitto, tra l’altro, è intervenuta per la verità sul caso Regeni; sta lavorando per il dialogo per scongiurare conflitti in Asia (leggi Corea del Nord) e in diverse aree. Dunque, ci sono molteplici scenari aperti, alcuni palesi, altri molto discreti. Motivo in più per seguire con attenzione papa Francesco e la Santa Sede.
La parte politico-religiosa: l’Islam
All’arrivo, venerdì 28 aprile, il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, in un discorso tenuto di fronte a papa Francesco al Cairo, ha affermato che «per eliminare il terrorismo c’è bisogno di una strategia globale che non faccia conto unicamente su una soluzione militare e di sicurezza» e possa basasi «anche su una strategia di sviluppo e una riforma intellettuale e politica per demolire l’infrastruttura del terrorismo stesso».
Subito dopo, dalla tribuna di Al-Azhar, papa Francesco ha espresso la sua linea. «In quanto responsabili religiosi, siamo chiamati a smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità», così come «a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione idolatrica di Dio».
Pensando più in generale ai conflitti in corso o alle minacce di conflitti, papa Francesco stigmatizza l’insorgere di «populismi demagogici che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità». Dunque, «nessun incitamento violento garantirà la pace, e ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza».
Il dialogo ecumenico, il mondo copto ortodosso
Il patriarca copto ortodosso, Tawadros II, ha salutato papa Francesco come «uno dei simboli della pace in un mondo tormentato dai conflitti e dalle guerre» e ha ricordato l’«ecumenismo del sangue», l’unione sancita tra cristiani dal «sangue innocente di fedeli inermi».
Da rilevare la Dichiarazione congiunta del papa e del patriarca copto ortodosso. Soprattutto verso la fine, in cui le due Chiese riconoscono reciprocamente valido il battesimo somministrato ai fedeli. Un gesto sulla via di un ecumenismo che ha bisogno di nutrirsi di gesti concreti, per dare ad un mondo diviso il segno che le Chiese, anch’esse divise dalla storia, cercano in tutti i modi la strada dell’unità.
Il messaggio al mondo cattolico
Nella giornata di sabato, con la messa davanti a 30 mila fedeli e con l’incontro con il clero e la vita consacrata, il papa si è rivolto al mondo cattolico, chiedendo una scelta coraggiosa a favore di un unico “estremismo”: quello della carità. E ribadendo ai sacerdoti che i seguaci di Gesù non sentono la stanchezza, la demotivazione, il richiamo della mondanità.
Nell’omelia il papa sottolinea che «Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a lui!». Quindi, conclude così l’omelia: «Ora, come i discepoli di Emmaus, tornate alla vostra Gerusalemme, cioè alla vostra vita quotidiana, alle vostre famiglie, al vostro lavoro e alla vostra cara patria pieni di gioia, di coraggio e di fede. Non abbiate paura di aprire il vostro cuore alla luce del Risorto e lasciate che lui trasformi la vostra incertezza in forza positiva per voi e per gli altri. Non abbiate paura di amare tutti, amici e nemici, perché nell’amore vissuto sta la forza e il tesoro del credente!».
In un paese dove è difficile predicare il Vangelo, dove è difficile dialogare, dove la minaccia del terrorismo è fortemente presente, il papa ha esortato i sacerdoti a superare scoraggiamento, negatività e disperazione. «Siate una forza positiva, siate luce e sale di questa società; siate il locomotore che traina il treno in avanti, diritto verso la meta; siate seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia».
Ha quindi elencato alcune tentazioni alle quali i consacrati devono resistere; prima di tutto, quella di lasciarsi trascinare e non guidare. Poi, bisogna superare la tentazione di lamentarsi continuamente, per le mancanze altrui, le condizioni difficili e le scarse possibilità. «Il consacrato è colui che, con l’unzione dello Spirito, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa! Chi si lamenta sempre è in realtà uno che non vuole lavorare».
Così come è da evitare la tentazione del pettegolezzo e dell’invidia o del paragonarsi con gli altri.
E, ancora, bisogna guardarsi da un’altra pericolosa tentazione. «La tentazione del “faraonismo”, cioè dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli. È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria; di avere la presunzione di farsi servire invece di servire».