«È un’eresia che il patriarca russo Cirillo legittimi la brutale guerra in Ucraina in base a ragioni pseudo-religiose» afferma il cardinale di curia Kurt Koch in un’intervista al Tagespost (29 giugno 2022).[1] Koch, presidente del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, vuole fare ora del rapporto tra Chiesa e Stato un tema del dialogo cattolico-ortodosso.
– Eminenza, la guerra in Ucraina è stata preceduta da anni di scontri nella Chiesa, in Ucraina come anche tra Mosca e Costantinopoli. Questa escalation intra-ortodossa ha contribuito alla guerra?
Le tensioni intra-ortodosse sono certamente anche alla base dell’attuale situazione in Ucraina e hanno messo a dura prova le relazioni tra Mosca e Costantinopoli. Ma sarebbe deplorevole se avessero portato alla tragica guerra in Ucraina o fossero state usate per legittimarla. I conflitti ecclesiali non devono mai essere “risolti” con la violenza.
Il patriarca ecumenico Bartolomeo voleva ripristinare l’unità tra le Chiese ortodosse in Ucraina, ma finora ciò è stato ottenuto solo in piccola parte. Egli sperava che la maggior parte dei vescovi della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca si unisse a questa Chiesa appena istituzionalizzata. Ma ciò non è avvenuto.
– Il Patriarcato di Mosca ha definito l’iniziativa di Bartolomeo come un’“invasione” dalla quale bisogna difendersi.
Non posso condividere questo punto di vista. È smentito anche dai tragici eventi del 24 febbraio, in quanto in questa guerra vengono uccisi anche gli ortodossi del Patriarcato di Mosca in Ucraina e le loro chiese sono distrutte.
– Il patriarca russo Cirillo giustifica la guerra con discorsi e prediche e racconta la storia a modo suo. Fino a che punto la guerra è colpa del Patriarcato di Mosca?
La giustificazione pseudo-religiosa della guerra del patriarca Cirillo deve scuotere ogni cuore ecumenico. Da un punto di vista cristiano non si può giustificare una guerra di aggressione, tutt’al più, a determinate condizioni, una difesa contro un aggressore ingiusto. Sminuire la brutale guerra di aggressione di Putin come un’“operazione speciale” è un abuso di parole. Devo condannarla come una posizione assolutamente insostenibile.
– Il 16 marzo c’è stata una video-conversazione tra papa Francesco e il patriarca Cirillo, alla quale anche lei ha partecipato. Francesco voleva fare appello alla coscienza del fratello di Mosca?
Una sessione zoom tra il metropolita Hilarion e il sottoscritto era prevista per la seconda metà di febbraio per preparare poi il secondo incontro tra papa Francesco e il patriarca Cirillo per il mese di giugno. Siccome la guerra in Ucraina era già scoppiata, ho colto l’occasione dell’incontro zoom per fare la richiesta che il papa e il patriarca prendessero congiuntamente una posizione contro la guerra.
Dal momento che il metropolita ha ripetutamente proposto una dichiarazione congiunta sulla persecuzione dei cristiani nel mondo d’oggi, ho affermato di condividere questa preoccupazione, ma che una siffatta dichiarazione sarebbe stata del tutto non credibile se non si fosse detto niente contro di essa ora che – come in Ucraina – cristiani combattono contro cristiani e gli ortodossi si uccidono a vicenda.
Poco dopo questo incontro, ho ricevuto la risposta che il patriarca non era disposto a dire una parola in comune con il papa. Solo poche settimane dopo, da Mosca, è stata chiesta una conferenza zoom con il papa.
– Non era forse un’ingenuità? Roma non doveva aspettarsi che il colloquio sarebbe stato strumentalizzato da Mosca?
La si può vedere così in seguito. Il santo padre ha acconsentito a un incontro zoom, sicuramente nella speranza di poter contribuire a una rapida fine della guerra. Ha sottolineato chiaramente che «noi» – il papa e il patriarca – non siamo «chierici di Stato» ma «pastori del popolo» e che deve essere una loro responsabilità porre fine alle uccisioni e alle distruzioni prima possibile.
Siccome subito dopo l’incontro via zoom, il Patriarcato ortodosso russo ha rilasciato la dichiarazione secondo cui il patriarca era grato che il papa e lui avessero una veduta comune del conflitto in Ucraina, Roma ha dovuto rendere pubblico ciò che il papa ha veramente detto. In varie dichiarazioni, il papa ha condannato duramente la guerra in Ucraina e ripetutamente ne ha invocato la fine.
– Lei sarebbe favorevole ad un nuovo incontro tra Francesco e Cirillo sullo stile dell’Avana 2016?
Occorre ricordare che un incontro con il capo dell’Ortodossia russa era già stato un grande desiderio di papa Giovanni Paolo II. Tale incontro fu concordato in occasione della 2ª Assemblea ecumenica europea a Graz nel 1997; tuttavia, venne cancellato poco prima da Mosca.
Il fatto che papa Francesco sia riuscito a incontrare per la prima volta nella storia il patriarca ortodosso russo fu accolto con una certa euforia dall’opinione pubblica e suscitò la speranza che le relazioni reciproche potessero essere migliorate. Ma anche l’incontro dell’Avana è stato strumentalizzato da Mosca nella sua controversia con il Patriarca Ecumenico intraortodosso. Ma ciò non ha cambiato i nostri rapporti con il Patriarcato Ecumenico; piuttosto, sono continuati e si sono intensificati. Per noi è chiaro che il Patriarca Ecumenico è il capo onorario dell’Ortodossia. E abbiamo sempre rispettato la sua decisione che il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse non debba essere bilaterale ma solo multilaterale. Non c’è dunque mai stato un dialogo teologico tra Roma e Mosca, anche se Mosca lo avrebbe voluto.
– Può esserci attualmente un dialogo ecumenico tra Roma e Mosca?
Da una parte, non si devono chiudere le porte. Ci dev’essere sempre uno spiraglio aperto, altrimenti non si può fare proprio niente. Dall’atra parte, purtroppo, non si può prevedere quanto durerà la drammatica guerra in Ucraina. Se un nuovo incontro tra il papa e il patriarca avesse luogo in un momento in cui sono ancora in atto azioni di guerra e il patriarca Cirillo rimanesse fermo alla sua insostenibile giustificazione della guerra, esso sarebbe esposto a gravi malintesi. Infatti, potrebbe essere frainteso come appoggio del papa alla posizione del patriarca, cosa che danneggerebbe gravemente l’autorità morale del papa. Sono grato a papa Francesco per aver annullato l’incontro di metà giugno con il patriarca Cirillo a Gerusalemme.
– Cirillo ipotizza un’unità nazionale tra russi e ucraini in base al battesimo della Rus’ di Kiev nel 988. Egli ritiene quindi che il sacramento del battesimo è costitutivo della nazione. Questa è un’eresia?
A mio avviso, il patriarca non deduce l’unità dal battesimo in sé, ma dal fatto che il granduca di Kiev, Vladimir, fu battezzato in rito bizantino nel 998 e dichiarò il cristianesimo religione di stato. Tuttavia, quell’unità è oggi decisamente smentita: se russi e ucraini sono emersi dallo stesso fonte battesimale, ma i russi oggi aggrediscono gli ucraini e fanno loro guerra, allora l’unità è smentita.
A mio avviso, è un’eresia che il patriarca osi legittimare la brutale e assurda guerra in Ucraina per ragioni pseudo-religiose. Dietro si vede un problema di fondo che sta nel rapporto tra Chiesa e Stato che, nell’Ortodossia, è visto e strutturato nel senso di una sinfonia tra le due realtà.
– Da parte cattolica, la lotta per le investiture e le sue conseguenze hanno dissipato le illusioni sullo Stato, ma ci sono delle storture anche in Oriente dopo cinque secoli di dominio ottomano o sette decenni di comunismo sovietico.
In Occidente, lo scisma e le sanguinose guerre di religione del XVI e XVII secolo portarono anche all’idea-guida basilare della separazione tra Chiesa e Stato con una simultanea collaborazione tra le due realtà. Nonostante tutti i cambiamenti e gli sviluppi, l’Oriente aderisce in gran parte all’ideale tradizionale della sinfonia tra Chiesa e Stato. Questa grande differenza è stata ampiamente ignorata nelle discussioni ecumeniche finora avute. La situazione attuale obbliga a discutere a fondo le diverse concezioni.
Gli ortodossi continuano a porre domande alla Chiesa cattolica sulla sua dimensione universale e sul papato. Al contrario, noi cattolici dobbiamo mettere in discussione l’Ortodossia sui suoi concetti di autocefalia e territorio canonico, tanto più che quest’ultimo concetto è difficile da conciliare con il rispetto della libertà religiosa. Inoltre, avviene che gli ortodossi non possono più sostenere i loro principi nella diaspora.
– Nel dibattito sul rapporto tra sinodalità e primato, si sostiene talvolta che il primato pontificio è l’ultimo ostacolo tra cattolici e ortodossi. Per i cattolici, invece, il ministero di Pietro non si basa solo su ragioni pratiche o storiche, ma su ragioni teologiche.
Il tema principale del dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa è il rapporto tra la sinodalità e il primato. In questo senso abbiamo potuto fare un passo importante con il Documento di Ravenna del 2007. In questo documento si sviluppa la convinzione che sinodalità e primato sono interdipendenti e che la Chiesa ha bisogno di un Protos, un primo, a tutti i livelli della sua vita: locale, regionale e universale. Il fatto che cattolici e ortodossi possano dire insieme che un Protos è necessario anche a livello universale della Chiesa è stato un passo importante.
È vero che questo punto di vista non è stato riconosciuto dal Patriarcato ortodosso russo; piuttosto, esso ha pubblicato un proprio documento sul primato universale, che differisce ampiamente dal documento della Commissione mista internazionale. Ma anche in questo dialogo non è stato finora possibile uno scambio di vedute sulla visione biblica di Pietro e sulla sua posizione all’interno dei Dodici. Si parla, piuttosto, del primato in senso astratto.
Ma una visione puramente funzionale del primato non basta. Noi cattolici siamo convinti che il ministero del successore di Pietro ci è stato dato dal Signore come un dono prezioso che non dobbiamo tenere per noi stessi, ma che dobbiamo trasmettere perché lo consideriamo come un ministero importante per l’unità. Nella sua enciclica ecumenica, papa Giovanni Paolo II ha espresso la convinzione che il ministero del successore di Pietro è un servizio di unità e che tale ministero è soprattutto evidente anche e soprattutto nel dibattito ecumenico.
– L’Ortodossia non manca forse del tutto del ministero che favorisce l’unità? Lo si vede dal fatto che il Patriarcato di Mosca nega al Patriarca Ecumenico il diritto di concedere l’autocefalia.
Il metropolita Hilarion ha più volte criticato il Patriarca Ecumenico per essersi comportato come un papa ortodosso. Non è certo un’affermazione amichevole per noi cattolici se la parola «papa» è usata come una fotografia in negativo. Il fatto che il Patriarcato russo-ortodosso riconosca o meno il primato d’onore del Patriarca ecumenico e la sua autorità di conferire l’autocefalia non spetta a me giudicarlo, ma deve essere discusso all’interno della Chiesa ortodossa.
– Prima della guerra, Cirillo sembrava aver avuto qualche successo nella sua lotta con il Patriarcato ecumenico. Ora il suo potere e il suo prestigio nell’Ortodossia mondiale stanno venendo meno.
L’osservatore attento deve rendersi conto che la posizione del patriarca Cirillo nell’Ortodossia mondiale è controversa. Anche la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca ha deciso di non voler più essere associata a Mosca. Non è ancora chiaro in quale direzione vorrà orientarsi in futuro. Infatti non può attribuirsi l’autocefalia, ma può riceverla solo dalla Chiesa Madre. Con la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca il Patriarcato ortodosso russo ha perso una notevole parte dei suoi fedeli.
– Il dialogo ecumenico con l’Ortodossia si sta ora dissolvendo in molti dialoghi?
L’Ortodossia ha deciso di coltivare il dialogo teologico con la Chiesa cattolica in modo multilaterale e non bilaterale. Questa decisione è vincolante a mio parere. In quale struttura voglia condurre il dialogo con noi in futuro è responsabilità dell’Ortodossia. Se il dialogo fosse portato avanti solo bilateralmente, temo che nell’Ortodossia si creerebbero ancora maggiori tensioni. Non possiamo e non dobbiamo trovare l’unità tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa dividendo l’Ortodossia stessa. Il rafforzamento dell’unità nell’Ortodossia dev’essere anche una nostra preoccupazione, specialmente nella situazione dell’Ortodossia mondiale che vive oggi momenti difficili.
[1] Die Tagespost è un settimanale nazionale cattolico pubblicato da Johann Wilhelm Naumann Verlag a Würzburg, in Germania.