Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il 5 giugno 2020, ha pubblicato un documento dal titolo Il Vescovo e l’unità dei cristiani: vademecum ecumenico.
Il Vademecum ha come principali destinatari i Vescovi delle Chiese locali, ma senza trascurare i fedeli cristiani. Qual è la finalità? Supporto per aiutare i Vescovi a comprendere e ad attuare meglio la loro responsabilità ecumenica (Prefazione).
Nei 42 punti del Vademecum non sono introdotte novità ma si ricalca il magistero della Chiesa, traendo le mosse in particolare dalla “Unitatis redintegratio” del Concilio Vaticano II e dalla “Ut unum sint” di Giovanni Paolo II.
Il Santo Padre ha approvato il Vademecum, definendolo come un “incoraggiamento e guida” all’esercizio delle responsabilità ecumeniche dei Vescovi (cf. Prefazione). Il Vademecum si basa sul Direttorio ecumenico del 1993. Non si trattava, tuttavia, di ripetere questo documento, ma piuttosto di proporre una breve sintesi, aggiornata e arricchita dai temi portati avanti nel corso degli ultimi pontificati, e sempre adottando il punto di vista del Vescovo: una guida che possa ispirare lo sviluppo dell’azione ecumenica.
Il Vademecum comprende 42 numeri e si divide in due parti, precedute da una Prefazione e da un’Introduzione e seguite da una Conclusione e da un’Appendice in cui si elencano le Chiese cristiane che sono in dialogo con la Chiesa cattolica.
La seconda parte è articolata in 4 sezioni, ognuna seguita da “raccomandazioni pratiche”, ossia da consigli dedicati al discernimento del piano immediatamente pastorale. L’Introduzione (1-5) precisa il taglio del documento, che è già anticipato nel titolo: “Il Vescovo e l’unità dei cristiani”. Al centro vi è il richiamo all’ecumenismo “come compito episcopale” non accessorio e non secondario, come chiesto dal Concilio Vaticano II e poi perseguito dal cammino di attuazione delle intenzioni di “Unitatis Redintegratio”. Importante è quanto precisato nella Prefazione: «Nel servizio dell’unità, il ministero pastorale del vescovo include dunque non solo l’unità della sua Chiesa, ma anche l’unità di tutti i battezzati in Cristo». Per questo il documento è offerto come “supporto” ai Vescovi diocesani per comprendere e attuare meglio il loro compito ecumenico. Si aggiunge poi che ogni Vescovo deve considerare le condizioni specifiche della propria diocesi, la sua storia, per calibrare a dovere possibilità e limiti.
La prima parte (6-14) è dedicata alla Promozione dell’ecumenismo nella Chiesa cattolica ed espone ciò che viene richiesto ad essa nell’adempimento della sua missione ecumenica. Inoltre, struttura le competenze episcopali e diocesane da attivare per assumere il compito dell’unità della Chiesa e dei battezzati. La cura per la formazione e per la comunicazione arriva a definire, tra le raccomandazioni, non solo la doverosa istituzione di corsi di ecumenismo nella formazione dei laici e dei seminaristi, ma anche di sviluppare una dimensione ecumenica in ogni corso teologico.
La seconda parte (15-41) ha come titolo La relazione della Chiesa cattolica con gli altri cristiani e presenta il “munus” ecumenico suddiviso in 4 ambiti: ecumenismo spirituale, dialogo della carità, dialogo della verità e dialogo della vita. Quest’ultimo ambito sarà a sua volta diviso, come vedremo, in tre percorsi.
Il primo ambito, quello dell’ecumenismo spirituale, è “l’anima del movimento ecumenico”, come dice il Concilio Vaticano II. Il Vademecum sottolinea in particolare l’importanza delle Sacre Scritture, dell’ecumenismo dei santi e dell’ecumenismo del sangue, della purificazione della memoria. Viene poi il dialogo della carità, che si occupa della promozione di una “cultura dell’incontro” a livello di contatti e di collaborazione quotidiani. Segue il dialogo della verità, che si riferisce al dialogo teologico con gli altri cristiani. Infine, c’è il dialogo della vita. Con questa espressione si designano occasioni di scambio e di collaborazione con altri cristiani in tre campi principali: l’ecumenismo pastorale, l’ecumenismo pratico e l’ecumenismo culturale.
Il Vademecum non solo ricorda i principi dell’impegno ecumenico del Vescovo ma riporta un elenco di “raccomandazioni pratiche” che riassumono, in termini semplici e diretti, i compiti e le iniziative che il Vescovo può promuovere a livello locale e regionale.
La promozione dell’ecumenismo nella Chiesa cattolica
Nella prima parte, la ricerca dell’unità viene indicata come «una sfida per i cattolici» (n. 6) e il Vescovo come «uomo di dialogo che promuove l’impegno ecumenico» (n. 7), responsabile delle iniziative in questo campo. Ma, prima di entrare in relazione con altri cristiani, i cattolici «esaminino la loro fedeltà alla volontà di Cristo circa la Chiesa e, com’è dovere, intraprendano con vigore l’opera di rinnovamento e di riforma» (UR 4). Questo rinnovamento interiore è duplice: riguarda sia le strutture ecclesiali (sezione A) sia la formazione ecumenica dell’intero Popolo di Dio (sezione B).
Il Vescovo – si legge infatti nella Prefazione – «non può considerare la promozione della causa ecumenica semplicemente come uno dei tanti compiti del suo ministero diversificato, un compito che potrebbe o dovrebbe essere rimandato davanti ad altre priorità, apparentemente più importanti. L’impegno ecumenico del Vescovo non è una dimensione opzionale del suo ministero, bensì un dovere e un obbligo».
Inoltre, prendendo come testo di riferimento il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo del 1993, ai pastori vengono offerte linee guida chiare e utili – chiamate “raccomandazioni” – per svolgere concretamente il lavoro dell’unità. Tra queste, a livello diocesano, abbiamo: nominare un delegato diocesano per le questioni ecumeniche che collabori con il Vescovo e lo consigli sulle questioni ecumeniche; istituire una commissione ecumenica diocesana per supervisionare la formazione; incoraggiare la nomina di incaricati ecumenici parrocchiali. Invece, a livello di conferenza episcopale, abbiamo: commissione episcopale per l’ecumenismo o nomina di un Vescovo responsabile per l’attività ecumenica. Infine, tra le raccomandazioni, abbiamo: la presenza della dimensione ecumenica in tutti gli aspetti e le discipline della formazione cristiana; assicurarsi che in tutti i seminari e le facoltà di teologia cattoliche ci sia un corso obbligatorio di ecumenismo.
Si raccomanda anche un dialogo sfruttando le potenzialità dei siti web diocesani che sono «il mezzo attraverso il quale il mondo percepisce il volto della Chiesa» (n. 14). Nel dettaglio, viene chiesto di diffondere documentazione e materiale ecumenico attraverso il sito delle diocesi e di condividere informazioni per approfondire la reciproca conoscenza ed evitare inutili dissapori. Occorre, quindi, prestare attenzione a questa nuova dimensione della vita ecclesiale. Il delegato diocesano per l’ecumenismo e la commissione ecumenica devono essere facilmente reperibili e contattabili attraverso il sito.
Le relazioni della Chiesa cattolica con gli altri cristiani
La seconda parte definisce il movimento ecumenico uno e indivisibile sia pure con forme differenti a seconda delle diverse dimensioni della vita ecclesiale (n. 15). Si parla dell’ecumenismo spirituale – e dunque, fra l’altro, la necessità di pregare con altri cristiani e di condividere momenti, feste e tempi liturgici, grazie a un calendario comune che consente ai cristiani di prepararsi insieme alla celebrazione delle feste più importanti. Si parla poi del dialogo della carità e dello sprone a una cultura dell’incontro per cui i cattolici, si afferma, «non devono aspettarsi che siano gli altri cristiani ad avvicinarsi a loro» ma siano invece «sempre pronti a fare il primo passo» (n. 26). Viene approfondito quindi l’ecumenismo pastorale, le missioni e le catechesi, la condivisione della vita sacramentale, per arrivare poi all’ecumenismo pratico – ovvero la collaborazione fra cristiani per esempio nella difesa della vita o nella lotta alle discriminazioni – e all’ecumenismo culturale.
Concretamente, nella seconda parte del Vademecum si esorta a pregare regolarmente per l’unità della Chiesa; organizzare un servizio liturgico di preghiera ecumenica per la Settimana per l’unità dei cristiani; organizzare con i responsabili delle altre Chiese giornate di studi biblici, pellegrinaggi e processioni, eventuali scambi di reliquie e immagini sacre; pubblicare con uno o più responsabili delle altre Chiese un messaggio comune in occasione di Natale o Pasqua. E ancora: fare il primo passo per incontrare i responsabili di altre Chiese o assistere, se opportuno, a liturgie di ordinazione/insediamento/accoglienza dei responsabili di altre Chiese nella diocesi/eparchia.
L’ecumenismo pastorale. Il n. 33 parla di ministero condiviso e condivisione delle risorse. In diversi luoghi i ministri cristiani di diverse tradizioni lavorano insieme per la cura pastorale negli ospedali, nelle prigioni, nelle forze armate, nelle università e in altre cappellanie. In queste situazioni è possibile condividere gli spazi: spetta al Vescovo concedere l’uso di essi agli acattolici.
Non manca, nel documento, un riferimento al tema dei matrimoni misti che, si legge, «non devono essere considerati come un problema» (n. 35). «Il vescovo diocesano è chiamato ad autorizzare i matrimoni misti e può, in alcuni casi, consentire una dispensa dal rito cattolico per la cerimonia nuziale» (n. 35), afferma il Vademecum. «Tuttavia i pastori non possono restare indifferenti alla sofferenza che la divisione dei cristiani provoca in queste famiglie, in modo indubbiamente più acuto che in qualsiasi altro contesto. La cura pastorale delle famiglie cristiane interconfessionali – si legge – deve essere presa in considerazione a livello sia diocesano che regionale, a cominciare dalla preparazione iniziale della coppia al matrimonio fino all’accompagnamento pastorale quando nascono i figli e quando si tratta di prepararli ai sacramenti» (n. 35). Viene chiesto pertanto uno «sforzo particolare» per coinvolgere queste famiglie in attività ecumeniche parrocchiali e diocesane: «I recenti movimenti migratori hanno amplificato questa realtà ecclesiale. Da una regione all’altra esiste una grande diversità di pratiche in materia di matrimoni misti, di battesimo dei bambini nati da queste coppie e della loro formazione spirituale. Perciò, devono essere incoraggiati accordi a livello locale su queste cogenti questioni pastorali» (n. 35).
Di particolare interesse è il punto 36 in cui si prende in esame la problematica dell’accesso ai sacramenti, in particolare dell’eucaristia, per cristiani non cattolici; quindi la dirimente questione dell’inter-comunione.
Conclusione
Il palpabile rallentamento dell’interesse ecumenico nella varie confessioni non deve oscurare i grandi passi compiuti nella seconda metà del ’900 e la coscienza del cammino ecumenico come dono dello Spirito di Cristo, con la conseguente consegna ricordata da papa Francesco: «camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme». Cristo stesso realizzerà l’unità: «L’unità non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino» (Basilica di San Paolo fuori le Mura, 25 gennaio 2014).
Al Vescovo diocesano è affidata la responsabilità dell’ecumenismo con una consapevolezza nuova. In un contesto dove non mancano tensioni, ritorni all’indietro, spinte secolarizzanti e urgenze interreligiose, la Chiesa cattolica riconosce ai pastori la grave responsabilità del cammino ecumenico. «I cattolici non devono aspettarsi che siano gli altri ad avvicinarsi a loro, ma devono essere sempre pronti a fare il primo passo verso gli altri». Non è sempre stato così.
Mi auguro che questo Vademecum, la cui etimologia significa vieni con me, possa essere un aiuto sul cammino dei Vescovi e di tutta la Chiesa cattolica verso la piena comunione per la quale il Signore ha pregato.