Come educare i bambini e i ragazzi alla fede? Come rinnovare i sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, cresima, eucaristia)? Che prospettiva dare ai catechisti? Sono domande molto comuni nelle nostre comunità cristiane. Tenta una risposta mons. Mariano Crociata nella lettera pastorale, pubblicata il 14 settembre (Una Chiesa che cresce: generare, educare, accompagnare alla vita in Cristo).
Difficile negare lo sforzo dell’intera Chiesa italiana in merito: da Il rinnovamento della catechesi (1970) al Catechismo degli adulti (1995), dal Catechismo dei giovani (1993,1997), al Catechismo dei fanciulli e dei ragazzi (1991) e al Catechismo dei bambini (1992). Fino al testo che raccoglie le molte sperimentazioni degli ultimi anni, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia (2014). Altrettanto difficile ignorare la progressiva difficoltà dei catechisti, i risultati parziali delle sperimentazioni, le tentazioni di un ritorno ai vecchi schemi (cf. in merito le riflessioni di fr. Enzo Biemmi: http://www.settimananews.it/pastorale/neofiti-ricomincianti-conversione-comunita/; http://www.settimananews.it/ministeri-carismi/narrare-la-fede-ai-genitori/). Non è «possibile concludere che si sia individuata una formula suscettibile di dichiarare superate tutte le difficoltà».
Diventare cristiani
Un presupposto chiaro nella tradizione 1800-1900 e cioè il credito preponderante conferito alla dimensione della conoscenza e il carattere scolastico della formazione catechistica, è sopravvissuto anche nel più recente progetto catechistico italiano, nonostante la sua prevalente dimensione antropologica. E poiché l’esperienza di vita familiare, sociale e culturale-mediale si è allontanata dall’ethos cristiano il rischio, anche nelle sperimentazioni più generose «è di trovarsi con un’offerta di conoscenza biblica e dottrinale o con frammenti di esperienza ecclesiale, a fronte dei quali non c’è nessuna vita da interpretare, a cui dare senso e quindi da orientare». A complicare il quadro vi è la coincidenza fra gli anni conclusivi del percorso catechistico con l’adolescenza, la fase più complessa della trasformazione personale dei ragazzi.
Due sono i guadagni non rimuovibili: da un lato l’approccio antropologico (la fede dà senso alla vita e la vita dà senso alla fede) e, dall’altro la riscoperta del catecumenato, il percorso per dare maturità alla fede. «La ripresa del catecumenato, in ogni caso, ha ampiamente ragione di mantenersi conforme al modello antico là dove si tratta di ammettere degli adulti; nel caso dei ragazzi (o anche giovani-adulti), battezzati da bambini, non si può parlare di vero e proprio catecumenato, ma di ispirazione catecumenale». Sottolineare cioè il carattere di percorso e di cammino del dono della fede entro l’appartenenza ad una Chiesa. Il nostro contesto storico e civile è ancora impregnato di cattolicesimo e la fede non è del tutto assente. Il modello catecumenale salvaguarda un valore decisivo, «il carattere di esperienza di incontro con il mistero di Dio e della sua salvezza proprio nella celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e la consapevolezza che essa è opera dell’iniziativa di Dio e frutto della Pasqua di Cristo».
I protagonisti
Diventare cristiani è rendere nuova la propria vita. La convinzione implicita di molti di essere da sempre cristiani va superata; «c’è bisogno di una presa di coscienza, di una scelta, di una decisione, non solo all’atto iniziale, ma in ogni momento della vita che la fede rischiara con la sua luce». Ma può un ragazzo prendere questa decisione, produrre una presa di coscienza di questa profondità? «La risposta non è necessariamente negativa o rinunciataria, ma ha bisogno di trovare – anche entro l’orizzonte delle nostre proposte parrocchiali – condizione adeguate alle peculiari esigenze della sua generazione».
Rispetto alla preparazione va meglio sviluppata la celebrazione (la partecipazione liturgica è fortemente educativa) e la mistagogia (cioè la progressiva sperimentazione e spiegazione dei misteri cristiani). Il cambio di passo, interessa i ragazzi, le loro famiglie, la comunità cristiana e l’ambiente sociale.
I ragazzi, perché la coscienza di fede e il senso di appartenenza, devono essere proporzionati e adatti alle loro capacità di adolescenti. Evangelizzazione ed educazione si intrecciano. Delle famiglie, chiamate a un protagonismo maggiore, anche se non sempre ne hanno le capacità e le condizioni.
Il protagonismo si sposta soprattutto nella comunità cristiane e nel contesto ambientale e sociale. «L’iniziazione cristiana dei ragazzi diventa così occasione e motivo di riflessione e di verifica per le nostre comunità. C’è bisogno di comunità perché crescano nuovi cristiani». Come diventare persone è possibile solo confrontandosi con gli adulti che lo sono già, così la fede si forma a contatto con le persone che già credono. «Il percorso dell’iniziazione cristiana deve consistere dunque nell’incontro con una comunità reale e viva, nell’inserimento graduale e concreto in essa, nella percezione della sua vitalità e consistenza».
Se non c’è attrazione, non c’è evangelizzazione. «Nell’apertura al mondo circostante va vista l’ultima condizione per completare adeguatamente oggi l’iniziazione cristiana dei ragazzi già battezzati. L’istanza essenziale della fede e della vita cristiana oggi è abilitare a stare da credenti in questo nostro mondo e testimoniare la capacità della fede cristiana di dare senso e sapore alla vita, a renderci più umani e fraterni aprendoci all’orizzonte di Dio. Essere cristiani non ci separa dall’esistenza comune, ma se possibile ci immerge ancora più profondamente in essa per portarvi il germe divino della salvezza grazie alla Pasqua di Cristo».