Il termine “crocifisso” può essere inteso, nella nostra storia comune, in modo non univoco: lo si può riferire ad un simbolo religioso, ad un simbolo etico, ad un simbolo politico, ad un oggetto di arredo, ad un gioiello, e solo in modo secondo – anche se questa è la fonte di tutti gli altri significati – ad un soggetto rifiutato, che muore sulla croce e che vive per sempre. La sua passione dà vita. È assai facile che si usi la parola in modo così equivoco, da non riuscire nemmeno a condividere non dico il giudizio, ma l’oggetto/soggetto su cui il giudizio viene espresso, in modo più o meno corretto.
Questo però mi sembra un aspetto al momento secondario rispetto ad un altro punto serio della questione in discussione. Ossia al rapporto tra crocifisso e scuola. Certo è che, nella affermazione di una scuola “laica”, accanto alla pretesa di rimuoverlo dalle pareti – cosa che è comprensibile e lineare, anche quando non si è d’accordo – è difficile capire come il crocifisso possa essere sostituito da una “cartina del mondo” o da “principi di sviluppo sostenibile”. Perché la sostituzione di un grande simbolo, non univoco, analogico e forse anche equivoco, con dei “non-simboli” come una mappa o un decalogo sulla sostenibilità è una questione decisiva per il modo con cui si concepisce la scuola, anche la scuola che vogliamo giustamente “laica”.
Mi chiedo, infatti: quale passione potrebbe giustificare la scuola se accettiamo di guardarla come un deserto di simboli? Perché la scuola, anche quando si interpreta rigorosamente in senso “laico”, può formare chi la frequenta solo insegnando una “passione”. Il crocifisso, pur con i suoi limiti, assicura che una passione sia davvero al centro. Dovrà essere forse controllata, delimitata, illuminata, ma è certo che si può imparare solo se, in gioco, vi è una morte di sé e un morire per altri, se si può morire e vivere per quello che si impara.
Così, se consideriamo il crocifisso sulla parete della classe, oltre alla sua possibile sparizione, mi chiedo: che cosa potrebbe essere davvero “appassionante” nel sostituirlo? Alla “dissipatio crucifixi” che cosa potrebbe subentrare ? Il volto sereno del presidente della Repubblica? L’incipit solenne della Costituzione? Un accostamento armonico di diversi simboli religiosi? O la parete bianca?
Il rischio è che la scuola voglia intendersi come “laica” solo per sottrazione, e così possa illudersi di formare “senza passione”. In realtà una scuola senza passione non può essere laica, perché non è ancora scuola. Perché sia scuola, deve essere segnata da una passione e deve comunicare, anzitutto e ultimamente, un motivo per vivere e morire. Una passione esige simboli, sintesi di vita e di morte, non illustrazioni geografiche o precetti ecologici.
Forse questa ultima pretestuosa polemica sul crocifisso potrebbe rendere un servizio inatteso, aprendo ad una comprensione della scuola in cui la laicità sia principio di una foresta di simboli appassionati, non di un deserto di segni senza passione.
Pubblicato il 2 ottobre 2019 nel blog: Come se non.
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