Con diverse istanze – genitori di alunni, segretariato generale – l’insegnamento cattolico interpella da parecchie settimane i candidati alle presidenziali.
Occorre ricordare la situazione specifica dell’insegnamento cattolico in Francia. Esso rappresenta più di due milioni di alunni dei dieci milioni di giovani scolarizzati in Francia. Rappresenta più del 95% dell’insegnamento privato. Beneficia, dal 1959, di un contratto con lo stato che lo fa partecipare di fatto allo sforzo nazionale di educazione. L’educazione pubblica rappresenta l’80% di questo sforzo e l’insegnamento cattolico il 20%.
L’insegnamento cattolico si è trasformato negli ultimi cinquant’anni. È divenuto pluralista in termini di accoglienza degli alunni e dei professori «È aperto a tutti per obbligo legale (legge del 1959 di associazione con lo stato) ed è aperto a tutti per convinzione (concilio Vaticano II)». Trasformato da cinquant’anni, con la sua apertura a tutti, è ugualmente unico nella situazione della Francia laica.
I suoi insegnanti beneficiano dello statuto di funzionari pubblici e sono dunque pagati dallo stato. La tutela cattolica è esercitata dai vescovi o dalle congregazioni religiose che nominano i capi di istituto. È gestito sulla base di uno statuto associativo in modo particolare in termini di proprietà immobiliare.
Un insegnamento “popolare”
Si arriva a questa situazione paradossale: la Francia è il paese che ha messo in atto con più rigore il principio di laicità in Europa, e che dispone di uno dei più grandi sistemi di educazione cattolica del mondo. L’insegnamento cattolico non è un insegnamento di cattolici mediante cattolici; iscrive la tradizione cattolica in seno a una partecipazione al servizio pubblico di educazione.
Ora l’insegnamento cattolico è divenuto molto “popolare” in Francia. Certamente non ha potuto aprire tutte le scuole che si augurava nei quartieri nuovi e nelle periferie. È vero viene spesso tacciato di elitarismo, ma non si può ignorare il suo impegno nella diversità sociale, di cui sono stato testimone per tre anni, a Roubaix, a Marsiglia, a Saint-Denis o nell’ambiente rurale isolato. Si possono criticare le sue proposte non obbligatorie di catechesi, ma non bisogna ignorare il suo sforzo di insegnamento della pluralità dei fatti religiosi. Uno dei passati ministri dell’educazione nazionale ha potuto confidare, lasciando il suo posto, al segretario generale dell’insegnamento cattolico: «In fondo, voi siete l’educazione pubblica che si augurano i francesi».
Non parlava di religioni, ma rendeva conto dell’eccellenza che porta la tradizione cattolica in termini di autorità, dando fiducia ai giovani; di impegno nell’innovazione pedagogica; di controllo degli alunni; di autonomia degli istituti e di progetto educativo sorretto da una comunità allargata ai genitori degli alunni. Questa vivo interesse si traduce da parecchi anni in liste d’attesa importanti e difficilmente stimabili, ma sono parecchie decine di migliaia le famiglie che intendono iscrivere i loro figli a una scuola cattolica. Questa è la situazione a più di cinquant’anni dalla legge di associazione con lo stato.
Un equilibrio non scritto nella legge è prevalso come regola di applicazione d’accordo con il potere pubblico: non superare la percentuale 80-20: 80% di scuole pubbliche e 20% di insegnamento privato. E quindi, di fatto, si limitano le domande crescenti delle famiglie e dei responsabili dell’insegnamento cattolico. È questa libertà di insegnamento e di scelta delle famiglie a costituire un richiamo ai candidati alle presidenziali.
Vi si può vedere una lobby, ma vi si può anche e soprattutto vedere l’auspicio della tradizione cattolica di proporre il meglio della sua tradizione educativa nei confronti del rinnovamento di tutta la società. L’eccellenza educativa va molto più in là di una confessione religiosa. La Chiesa ha sempre proposto la sua eccellenza educativa più in là dei soli credenti della confessione cattolica. Così il Marocco dispone di un insegnamento cattolico in maggioranza aperto ai musulmani. Se le nostre società vogliono cogliere la sfida dell’educazione, è bene che l’insegnamento cattolico resti una forza viva di proposte.
Hugues Derycke, già segretario generale aggiunto dell’insegnamento cattolico, prete della Mission de France, direttore di ESSEC Business School (Parigi).